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Messa presieduta dal Papa nella Sala Regia Messa presieduta dal Papa nella Sala Regia  Editoriale

Il coraggio di dare un nome al male degli abusi

Con il discorso di Francesco si concludono i quattro giorni di incontro per la protezione dei minori. Ma non si conclude il lavoro per combattere il fenomeno in modo sempre più efficace

Andrea Tornielli

«Dietro a questo c’è satana». Francesco aggiunge questa frase a braccio al discorso conclusivo dell’incontro per la protezione dei minori. Al termine della Messa in Sala Regia, ancora con i paramenti liturgici addosso, il Papa ha parlato in modo coraggioso e realistico del turpe fenomeno. «In questi casi dolorosi - ha detto - vedo la mano del male che non risparmia neanche l’innocenza dei piccoli. E ciò mi porta a pensare all’esempio di Erode che, spinto dalla paura di perdere il suo potere, ordinò di massacrare tutti i bambini di Betlemme». Già in passato, durante un colloquio con i giornalisti in aereo, Francesco aveva paragonato l’abuso a «una messa nera». Dunque «dietro a questo c’è satana», la mano del male. Riconoscerlo non significa dimenticare tutte le spiegazioni, o diminuire le responsabilità personali dei singoli e collettive dell’istituzione. Significa situarle in un contesto più profondo.

Nel suo discorso il Papa ha parlato degli abusi nel mondo, non soltanto nella Chiesa. Ma questo per manifestare una preoccupazione di padre e di pastore che non intende minimamente diminuire la gravità degli abusi perpetrati in ambito ecclesiale, perché l’abominevole disumanità del fenomeno «diventa ancora più grave e più scandalosa nella Chiesa». I genitori che avevano affidato i loro bambini e i loro ragazzi ai sacerdoti perché li educassero introducendoli alla vita di fede, se li sono visti restituire con il corpo e l’anima irrimediabilmente e permanentemente ferite. Nella rabbia, giustificata, della gente, ha spiegato il Papa, la Chiesa «vede il riflesso dell’ira di Dio, tradito e schiaffeggiato da questi disonesti consacrati».

Il grido silenzioso degli abusati, il dramma insanabile delle loro vite distrutte dai consacrati trasformatisi in orchi corrotti e insensibili, è risuonato fragorosamente nell’aula del Sinodo. Ha trafitto il cuore dei vescovi e dei superiori religiosi. Ha spazzato via giustificazioni, alambicchi giuridici, la freddezza di discussione tecniche, il cercar riparo nelle statistiche. L’assoluta gravità del fenomeno è divenuta coscienza della Chiesa universale come mai prima era accaduto.

Francesco nel suo discorso conclusivo ha voluto ringraziare i tanti sacerdoti e religiosi che si spendono per annunciare il Vangelo, educano e proteggono i piccoli e gli indifesi donando la propria vita nella sequela di Gesù. Guardare in faccia l’abisso del male non può far dimenticare il bene non per inutili scatti d’orgoglio ma perché bisogna sapere dove guardare e chi seguire come esempio.

Ma l’incontro in Vaticano non è stato soltanto un pugno nello stomaco che ha reso i partecipanti più coscienti della devastante azione del male e del peccato e dunque della necessità di chiedere perdono invocando l’aiuto della grazia divina. Il summit attesta anche la ferma volontà di dare concretezza a quanto emerso fin dai prossimi giorni, con scelte operative efficaci. Perché la coscienza della gravità del peccato, e il costante appello al Cielo per implorare aiuto che hanno caratterizzato l’incontro in Vaticano, vanno di pari passo con un impegno rinnovato e operativo, per far sì che gli ambienti ecclesiali siano sempre più sicuri per i minori e per gli adulti vulnerabili. Nella speranza che questo impegno possa contagiare anche tutti gli altri settori delle nostre società.



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24 febbraio 2019, 12:34