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Card. Parolin sulle migrazioni: serve un approccio multilaterale

Il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha partecipato ieri alla Conferenza intergovernativa sul Global Compact on Migration. La Santa Sede - ha detto - è convinta che le enormi sfide poste dalla migrazione siano affrontate al meglio attraverso processi multilaterali, piuttosto che politiche isolazioniste

Lisa  Zengarini – Città del Vaticano

“Un primo importante passo verso una responsabilità condivisa” nella gestione del fenomeno migratorio a livello globale. Pur con qualche riserva, legata ad alcuni termini e interpretazioni ideologiche incompatibili con la dottrina cattolica, la Santa Sede saluta positivamente l’adozione del Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare (Gcm). Lo ha affermato il cardinale Pietro Parolin intervenuto ieri alla Conferenza intergovernativa di Marrakesh. Il Gcm – ha detto il Segretario di Stato – vuole aiutare la comunità internazionale a prevenire le crisi e le tragedie delle migrazioni e migliorare la governance del fenomeno migratorio con un approccio multilaterale, anziché isolazionista.

Lo spirito del Global Compact condiviso dalla Santa Sede

Nel suo intervento il card. Parolin ha evidenziato come gli impegni e le migliori pratiche elencate nel Patto – che non è giuridicamente vincolante – riflettano in molti punti la visione della Santa Sede sulle migrazioni sintetizzata efficacemente dai quattro verbi indicati da Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Un’accoglienza che non si vuole indiscriminata ma che, come ha sottolineato il Papa, deve essere guidata dalla prudenza dei singoli Stati, ossia dalla valutazione della loro capacità di integrare i migranti.

Contrastare le cause dell’emigrazione forzata e irregolare

Un altro punto chiave per la Santa Sede è la tutela del diritto a non emigrare. Questo può essere garantito riducendo “i fattori negativi e strutturali che costringono le persone a lasciare il loro paese di origine”: conflitti, guerre, cambiamenti climatici, povertà estrema e miseria.  “Soluzioni sostenibili ai conflitti e al sottosviluppo - ha rimarcato il card. Parolin - ridurrebbero notevolmente la migrazione forzata, pericolosa, disordinata e irregolare”.

Pace e sviluppo per garantire il diritto a non emigrare

Concetti ripresi in un altro intervento al primo Primo Dialogo della Conferenza sul tema “Promoting Action on the Commitments of the Global Compact for Safe,Orderly and Regular Migration”  in cui il Segretario di Stato si è soffermato in particolare su due impegni contenuti nel Global Compact.  Uno è quello per la promozione della pace e dello sviluppo. A questo proposito il porporato ha ricordato come tra i fattori di pace e stabilità che consentono alle persone e alle comunità di rimanere nei propri Paesi via sia il rispetto del “diritto fondamentale di praticare liberamente la propria religione, senza timore di persecuzioni o discriminazioni”.

L’integrazione dei migranti antidoto al razzismo e alla xenofobia

Il secondo impegno richiamato dal card. Parolin è stato quello all’integrazione degli immigrati, da intendersi - ha detto - non come assimilazione o assorbimento, ma come un processo bi-direzionale basato sul rispetto reciproco tra le società ospitanti e i migranti. Auspicabili in questo senso anche politiche che favoriscano i ricongiungimenti familiari. Solo un’efficace integrazione – ha ribadito in conclusione il Segretario di Stato - può prevenire fenomeni come la xenofobia e il razzismo.

Patto approvato da 164 Paesi

Il Global Compact è stato adottato finora da 164 Paesi. Al patto Onu sui migranti non hanno aderito diversi Paesi, tra cui gli Stati Uniti, la Polonia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, l’Australia, l’Austria e la Lettonia. L’Italia e la Svizzera hanno invece annunciato di volere sottoporre il testo all’esame del Parlamento prima di aderire.

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11 dicembre 2018, 16:11