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2 novembre: il mistero di unità a Cristo nella vita e nella morte

Il 2 novembre celebra il mistero della morte. In queste ore molte persone visitano le tombe dei propri defunti nei cimiteri. E nel pomeriggio Papa Francesco celebra la commemorazione di tutti i fedeli defunti al Cimitero Laurentino a Roma. Sul significato della giornata dedicata ai defunti, l'intervento di mons. Alessandro Biancalani, biblista, docente alla Pontificia Università dell’Italia centrale di Firenze

Luca Collodi - Città del Vaticano

La morte è un percorso terreno che ha un inizio e una fine. Il concetto di salvezza cristiano non è quello di un’estensione della vita biologica, di un vivere più a lungo, ma un concetto di pienezza di vita. Attraverso la morte crediamo che il Signore Gesù ha compiuto per noi la salvezza: E nella resurrezione dei morti c’è anche la salvezza della nostra identità personale e corporea.

La visita ai cimiteri

La pratica di andare al cimitero – afferma mons. Alessandro Biancalani, biblista, professore di ‘Nuovo Testamento’ presso la Pontificia Università dell’Italia centrale di Firenze - è molto antica e risale alle soglie del Mille. E’ collocata proprio il giorno dopo la festa dei Santi. Indica quel grande mistero di unità a Cristo nella vita e nella morte. Ma soprattutto oltre la morte. Sono le parole di Paolo ai Tessalonicesi, che rassicura come Gesù , sia che vegliamo, sia che dormiamo, cioè moriamo, siamo insieme a lui. Cimitero significa luogo di riposo.

I giovani e la morte

A un giovane che sente la pienezza della sua vita, a un giovane che sente soprattutto il progetto della vita che gli appartiene, parlare di morte o della limitazione della vita può essere una contraddizione in termini. L’importante è che noi insegniamo ai giovani di approfittare e vivere bene il grande dono della vita. E soprattutto, riflettere sul fatto che è un dono non voluto. Per questo il tempo che ci è concesso dal buon Dio deve essere un tempo pieno di bene. E allora anche la riflessione sulla morte non è tanto sulle possibilità o meno che abbiamo, ma è una riflessione su un percorso di vita fatto o da fare.

Siamo nati per non morire mai più

Lo ha detto il Papa ieri all’Angelus di Ognissanti. E’ tipico della cultura mordi e fuggi di non riflettere. Di non valutare. La Bibbia ha una tradizione molto interessante quando parla delle opere dell’uomo. Parla di come le opere sono come i tuoi figli, cioè qualcosa che storicamente ti segue. E allora – osserva mons. Biancalani - pensare che possiamo seminare un solco nella vita, e il buon Dio ce ne ha dato la possibilità partecipando alla vita, allora le nostre opere rappresentano un percorso che riflettono il dono della vita e il nostro ringraziamento a lui.

Ascolta l'intervista a mons. Biancalani

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02 novembre 2018, 11:46