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Sinodo. Frérè Alois di Taizé: serve un vero "ministero di ascolto" dei giovani

Il priore della Comunità ecumenica di Taizé, invitato speciale al Sinodo dei vescovi: c’è la volontà di cambiare alcune cose nella Chiesa per renderla più vicina ai giovani. “Se hanno fiducia di trovare un orecchio e un cuore che li accoglie come sono, poi ascoltano il messaggio del Vangelo”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La sua veste bianca spicca sempre tra quelle nere e viola dei vescovi o nere e rosse dei cardinali. Frérè Alois Löser, 64 anni, di origini tedesche, unico “invitato speciale” al Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani, è priore della Comunità ecumenica di Taizé dal 16 agosto 2005, giorno della morte del fondatore, frérè Roger. Da quando, ventenne, è entrato nella comunità sulla collina della Borgogna, ha sempre incontrato i giovani che salgono con le loro tende, cantano i canoni composti dai frérès e chiedono di parlare con loro alla fine delle preghiere nella Tenda della Riconciliazione.

A lui chiediamo prima di tutto di dirci come stanno procedendo i lavori di questo Sinodo. “Per me è un esperienza bellissima - ci dice - ascoltare vescovi del mondo intero, e le situazioni sono molto diverse anche per i giovani. Però io sento che dappertutto c’è una volontà forte di ascoltare i giovani, di cambiare anche delle cose nella Chiesa per essere più vicini ai giovani. Il lavoro nei piccoli gruppi è una bellissima esperienza perché c’è veramente un dialogo, una ricerca comune per lavorare il documento dell’Instrumentum Laboris e per cambiare le cose”. (Ascolta l'intervista completa a frérè Alois di Taizé)

Lei è intervenuto in assemblea venerdì. Ci può sintetizzare cosa ha detto ai padri sinodali?

R - L’importanza di ascoltare i giovani. I giovani cercano una casa nella Chiesa, vogliono essere a casa, vogliono essere accolti come sono. E quando c’è una fiducia, i giovani ascoltano anche loro il messaggio del Vangelo. Però la prima cosa è di cercare questa fiducia con i giovani, e anche di accoglierli nella preghiera comune. Di ascoltare insieme la Parola di Dio, di fare silenzio insieme e di ascoltare i giovani che vogliono parlare personalmente con qualcuno. Cercano nella Chiesa un orecchio, un cuore, che accoglie con umanità. Io penso che possiamo avere forse nella Chiesa con più forza ancora un ministero di ascolto, che non è soltanto esercitato dai sacerdoti, religiosi o religiose, ma anche dai laici, donne, uomini che sono nella Chiesa per accogliere, ascoltare, e poi accompagnare i giovani.

Questa dell’ascolto dei giovani è l’esperienza che voi fate, nella Tenda della Riconciliazione, alla fine della preghiera…

R - Sì, ogni sera rimaniamo nella Chiesa, noi frérès, e i giovani vengono per parlare personalmente. Vogliono condividere una domanda, una sofferenza, una gioia. E con questo forse noi non possiamo dare soluzioni, però questo ascolto libera energie per i giovani, per farli andare avanti nella vita.

Rispetto ai giovani del passato, come si può parlare con questi giovani del 2018? La Chiesa come deve cambiare il suo linguaggio e il suo modo anche di pensare per comunicare con loro?

R - Non è facile, perché le situazioni sono molto diverse adesso per i giovani, e molti giovani non conoscono niente della fede. Non conoscono il nostro vocabolario, non conoscono le parole che noi utilizziamo nella Chiesa. Dobbiamo cercare di parlare in modo semplice e per annunciare il Vangelo ripetere il Kerigma, il messaggio centrale del Vangelo, la risurrezione di Cristo e la possibilità di una vita nuova in Cristo. Mi piace molto come Papa Francesco parla del Kerigma nella sua enciclica Evangelii Gaudium. Questo è il punto centrale della nostra fede, e penso che oggi dobbiamo ripeterlo”.

Quindi vale per tutte le Chiese cristiane, voi siete una comunità ecumenica, la necessità di tornare al messaggio della resurrezione?

R -  Sì, e i giovani lo fanno insieme. Sono in piccoli gruppi, a Taizé, e parlano della risurrezione, della vita. Di come la risurrezione di Cristo può dare una speranza per la nostra vita, e questo lo fanno da tutte le Chiese. Sono insieme e vogliono pregare insieme. Io ho detto anche questo nel mio intervento in aula, che i giovani vogliono pregare insieme con i giovani di altre confessioni cristiane.

Anche la bellezza della preghiera e della celebrazione sono  importanti per i giovani, ha detto più volte. I vostri canoni sono conosciuti in tutto il mondo e vengono cantati non solo a Taizé ma nelle celebrazioni e nelle veglie di tutto il mondo…

R - Sì la bellezza, ma una bellezza semplice, non un’estetica per alcuni, ma una bellezza per tutti, e la partecipazione nella preghiera comune. A Taizé non abbiano trovato le soluzioni per questo, ma abbiamo trovato un piccolo cammino, sono i canti, che permettano una partecipazione interiore alla preghiera. E questo è molto bello, perché i giovani portano anche noi frérès nella preghiera, con la partecipazione nel canto, col silenzio.

Lei è partito dalla collina di Taizé. Quali speranze, quali richieste le hanno trasmesso i giovani e cosa aspettano da questo Sinodo?

R - Che la Chiesa non abbia paura delle domande dei giovani. Ci sono tanti problemi per i giovani oggi. Problemi etici, e anche morali. Non dobbiamo essere troppo severi nel primo incontro con i giovani. Loro domandano che accogliamo i giovani come sono, prima, forse anche con le domande che non sono vicine al Vangelo, che sono diverse da quelle di una vita secondo il Vangelo. Però vogliono essere accolti e accompagnati, e dobbiamo fare questo.

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08 ottobre 2018, 17:06