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Sinodo. Card. Bassetti: grande documento, serve alleanza famiglia, parrocchia e scuola

Il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia - Città della Pieve e presidente Cei, parla dei temi del documento finale del Sinodo dedicato ai giovani: “serve conversione pastorale”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Ultima giornata di Sinodo, pausa dei lavori della mattinata. I padri sinodali, gli esperti e i giovani uditori hanno appena ascoltato dalla voce dei due segretari speciali, padre Giacomo Costa e don Rossano Sala, la prima parte del documento finale, che nel pomeriggio dovranno votare, paragrafo per paragrafo, prima di consegnarlo a Papa Francesco. Incontriamo il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana (ascolta qui l'intervista), che così commenta a caldo:

Il documento è molto bello, è scritto in un italiano che, se io fossi un professore di Lettere, darei 9 come voto, perché scorre bene anche il testo. E questo è importante. Un’osservazione che colgo immediatamente è il profondo legame con l’altro Sinodo: perché questo Sinodo è importantissimo, ma è un corollario di quello sulla famiglia. D’altra parte, i figli e i giovani sono, come dice la Gaudium et Spes, il “preziosissimo frutto del matrimonio”.

Quindi, se è un corollario, anche i temi del Sinodo della Famiglia - accompagnamento, vicinanza, ascolto – ritornano…

R. – Sì, ricorrono continuamente: vicinanza, accompagnamento, e soprattutto integrazione; e anche quest’alleanza che si rende più necessaria, almeno per i giovani cattolici, fra famiglia, parrocchia e scuola. Quando c’è discresìa tra queste tre realtà, irrimediabilmente il giovane ne soffre. Quindi il documento sottolinea – non usa questa parola – che serve un patto di alleanza molto forte in questo senso.

Un documento da far conoscere

Quali priorità vede per la sua applicazione concreta in Italia, e per i giovani italiani?

R. – Intanto che sia letto attentamente, perché purtroppo ormai anche i documenti più importanti stanno diventando qualche cosa di usuale. Quindi molta responsabilità sta proprio in noi vescovi: nel trovare le forme di farlo conoscere e studiare. In Italia abbiamo anche molti movimenti, associazioni, che sono frutto del Concilio, e che sono una ricchezza. Però bisogna che il documento penetri in quelli che sono anche i punti fondamentali della loro formazione e della loro catechesi: cioè noi vescovi dobbiamo veramente impegnarci, altrimenti poi c’è il rischio che il documento entri ma non porti quella conversione pastorale che è continuamente raccomandata dal Papa. Il Papa dice sempre: “Qui, nella Chiesa, non si tratta di cambiare qualcosa, di rinnovare qualcosa. Non serve a niente. Ci vuole un cambiamento di mentalità e di cuore, cioè una conversione”. Quello che in fondo è, diciamo così, il “grande faro” che Papa Francesco ha dato alla Chiesa, rimane la Evangelii Gaudium: la conversione pastorale. Quindi o il documento, che è molto bello e ha tutte le caratteristiche per farsi accettare, rientra in quest’ottica, oppure c’è il pericolo che qualcosa si faccia, ma questo non è più il momento di fare qualche cosa di fronte a un mondo che sta bruciando.

Bisogna quindi fare di più di “qualche cosa”…

R. – Bisogna fare di più: cambiare mentalità.

Tra le proposte concrete che sono uscite e che possono essere applicate in Italia, c’è quella di un discernimento comunitario tra i vari movimenti e associazioni che già si impegnano per i giovani in Italia. Pensate quindi anche a qualche strumento concreto per farli lavorare meglio insieme e integrarsi?

R. – Ora su questo rifletteremo. Certamente nello spirito c’è questo orientamento unitario, quindi il fare molto riferimento oltre che ai movimenti e alle associazioni – è chiaro che è la parrocchia che rimane ancora la base della evangelizzazione da noi, in Italia – ma fare riferimento alle scuole cattoliche. Queste sono gravemente in crisi per motivi che ora non sto a sottolineare, ma sono in crisi, e vanno rivitalizzate, perché, contrariamente a una mentalità diffusa, non sono scuole private, ma sono scuole pubbliche che accolgono tutti e hanno la stessa dignità di tutte le scuole dello Stato.

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27 ottobre 2018, 14:17