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Briefing Sinodo. Mons. Barron (Usa): abusi, per essere credibili serve trasparenza

Solo una Chiesa credibile, sottolinea il vescovo ausiliare di Los Angeles, può parlare ai giovani. Che vogliono da noi “paternità e maternità spirituale”. Gli fa eco la coreana suor Kwon, che chiede che la direzione spirituale non sia affidata “solo ai sacerdoti, ma anche alle religiose”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“Se la Chiesa ha poca credibilità, come può parlare ai giovani? E la questione degli abusi rientra in quella più generale della credibilità della Chiesa. Serve trasparenza e responsabilità a tutti i livelli”. Monsignor Robert Emmet Barron, vescovo ausiliare di Los Angeles, al briefing odierno del Sinodo dedicato ai giovani, ricorda che “il tema degli scandali e degli abusi è stato affrontato fin dall’inizio del Sinodo”. E ai giornalisti che gli chiedono di commentare la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Washington presentata dal cardinale Donald W. Wuerl e accettata oggi da Papa Francesco, risponde: “Sono sicuro che il card. Wuerl ha fatto quello che pensava fosse giusto per il bene della Chiesa, e penso che il Papa abbia rispettato tutto questo”.

I giovani chiedono genitorialità spirituale

Monsignor Barron aggiunge che i giovani “vogliono dalla Chiesa paternità e maternità spirituale, specialmente oggi che la famiglia è in crisi. Chiedono genitorialità spirituale. Non vogliono sacerdoti burocrati ma padri”. Sottolinea che i giovani sono davvero i protagonisti del Sinodo, e si dice impressionato dagli uditori per la loro brillantezza negli interventi e capacità di ascolto attento. “Sono affamati di missione e coinvolgimento nella vita della Chiesa”. Di sicuro, al mio ritorno in diocesi, dice “aumenterò i mezzi e i modi per ascoltare i giovani”.

Quel 40 per cento che non ha nessuna fede

I social media, spiega il vescovo ausiliare di Los Angeles, sono una grande opportunità di evangelizzazione. Per raggiungere anche quel 40% di giovani, ricorda, che negli Usa  “dicono di non avere alcun tipo di religiosità”. Interrogato sulla capacità di “inclusione”, da parte della Chiesa, anche di giovani omosessuali, monsignor Barron risponde: “Siamo tutti figli di Dio: la Chiesa raggiunge tutti nell’amore, la sua capacità di accoglienza è verso tutti. Nello stesso tempo, però – precisa il vescovo statunitense – la Chiesa chiama alla conversione, muove le persone alla pienezza della vita”.

Mons. de Jong: i giovani sanno fare discernimento

Direzione spirituale: non solo ai sacerdoti

“I giovani hanno bisogno di uomini e donne che vivano in armonia nella Chiesa, quindi anche il ruolo di direttore spirituale non può essere limitato solo ai sacerdoti”. E’ quello che sottolinea nel suo intervento suor Mina Kwon, uditrice, direttrice e counselor presso la Catholic University di Daegu, in Corea del Sud. La religiosa chiede quindi di “riconoscere e rafforzare il ruolo della donna nella Chiesa”, e denuncia alcuni “atteggiamenti autoritari che vanno contro i valori evangelici” e che sono frutto “del clericalismo” che introduce nella Chiesa “una gerarchia medievale che è causa di disuguaglianza e di esclusione”.

La voce delle donne è molto ascoltata

Ai giornalisti che chiedono perché le donne presenti al Sinodo, e in particolare le otto superiore religiose, non possano votare, mons. Everardus Johannes de Jong, vescovo di Cariana (Paesi Bassi), risponde: “La presenza delle donne è chiara e la loro voce molto ascoltata. Questo è un Sinodo consultivo, dice anche cosa pensano le donne. La loro opinione è molto ben espressa nell’Instrumentum laboris”. Resta il fatto, però – sottolinea il vescovo olandese - che Gesù abbia scelto degli apostoli che erano maschi. Quello in corso è un Sinodo dei vescovi, non ci sono donne-vescovo e donne-cardinale, dobbiamo convivere con questa situazione”.

Il dramma dei giovani cristiani iracheni

Nel riferire degli interventi in aula nella decima congregazione generale, ieri pomeriggio, il prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini, ricorda che quello “finora più applaudito al Sinodo è stato di un giovane dentista iracheno”, Sala Al-Abbia, di 26 anni, membro della Chiesa caldea e uditore. I padri sinodali, nell’ascoltare la sua testimonianza, si sono commossi. La sfida principale per i giovani in Iraq, ha detto il giovane, è la pace e la stabilità e il loro diritto a vivere con dignità. E ha sottolineato che in questi anni di guerra più di 1200 cristiani sono stati uccisi, e metà erano giovani. In questo contesto, i giovani vedono come unica soluzione l’emigrazione, e il numero dei cristiani iracheni è passato da un milione e mezzo nel 2003 a 400mila negli anni più recenti.

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12 ottobre 2018, 17:18