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La Pasqua nei canti della "Sistina": arte, studio, evangelizzazione

Un metodo di lavoro "serrato e vincente" che unisce disciplina e grandi orizzonti. Lo imparano i giovani cantori della Cappella musicale Pontificia. Il repertorio, le prove e il significato di questo impegno nelle parole del Maestro e Direttore, mons Massimo Palombella

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano

E' lavoro duro, da "professionisti", anche per i più giovani che frequentano solo le scuole elementari, quello dei cantori della Cappella Musicale Pontificia "Sistina", la più antica formazione corale del mondo con i suoi 1500 anni di storia.

Il meglio della produzione musicale liturgica 

Il Natale e la Pasqua sono i "momenti più impegnativi dell'anno liturgico per il nostro coro" racconta il M° Massimo Palombella, al termine della prova generale nella Basilica Vaticana gremita di fedeli. La "particolarità della Pasqua però" - aggiunge - "è che tutto è molto concentrato", dunque lo sforzo è maggiore vista la mole del repertorio e la rilevanza delle celebrazioni. I bambini e gli adulti affrontano tutto questo con grande professionalità: " Far parte del nostro Coro li abitua alla partecipazione ad eventi storici, alla vita di veri e propri musicisti, con più di due ore di studio al giorno, insegna loro cosa significa incidere per una prestigiosa etichetta come la Deutsche Grammophon e soprattutto li educa ad un metodo di lavoro serrato e vincente".

I suoni delle celebrazioni pasquali 

Nelle parole di mons Palombella il racconto in musica delle celebrazioni della Settimana Santa. "C'è un suono" - spiega - "che caratterizza la musica rinascimentale da cui è tratta buona parte del repertorio che eseguiamo in questi giorni conservato nel fondo 'Cappella Sistina' presente nella Biblioteca apostolica vaticana". Non avendo fonti sonore tutto il lavoro di studio e ricerca mira ad una "ricostruzione per analogia" con l'ausilio delle fonti, della semiologia e della semiografia che permette di trasformare la grafia in suono. " E' un processo in divenire e difficile" - rimarca il M° Palombella - "per il quale oggi possiamo parlare di suoni credibili o non credibili, a garanzia dei quali ci sono solo studio e ricerca".

Ogni anno nuove proposte

Da questo lungo lavoro emerge - secondo le parole di mons Palombella - una "proposta musicale per il Triduo santo che cerca di integrare il patrimonio storico-culturale della Chiesa con la necessaria novità che rappresenta l’imprescindibile dialogo con la cultura contemporanea". Ci sono ogni anno brani e scelte nuove: quest'anno in particolare il Maestro cita l’inedito Miserere di Costanzo Festa composto nel 1517 e il Popule meus di Giovanni Pierluigi da Palestrina ricompreso nella sua concreta interpretazione dallo studio attento del manoscritto dello stesso autore conservato nell’Archivio musicale Lateranense.

Non c'è Resurrezione senza Passione

C'è un "filo rosso" che unisce musicalmente parlando Passione e Resurrezione, tanto che il modo gregoriano con cui è scritto l'Introitus della Pasqua è lo stesso dell'antifona d'inizio del Triduo, col suo tono mesto e introverso." "Come a dire" - spiega mons Palombella - "che lo stesso Cristo che risorge è quello che ha sofferto è morto ed è stato sepolto".

   

 

 

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28 marzo 2018, 11:36