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San Simeone Stilita il Vecchio

La storia di Simeone, che ha tra gli altri anche il pregio di aver portato l’eremitaggio stilita nel cristianesimo orientale, è giunta fino a noi grazie alla testimonianza oculare del suo amico Teodoreto, vescovo di Ciro. Nato e poi vissuto tra Cilicia e Siria, è figlio di pastori, perciò trascorre la sua infanzia tra le greggi.

La chiamata in sogno

Un giorno il giovanissimo Simeone non può portare le pecore al pascolo perché la neve è troppo alta; così entra in una chiesa e si emoziona ascoltando le parole del Vangelo delle Beatitudini. Chiede allora a un vecchio come si fa per vivere in quel modo, e questi gli risponde che si deve abbandonare tutto ed essere solo di Dio. Non sa quanto Simeone lo prenderà alla lettera. Mentre prega il Signore affinché gli mostri la Sua volontà, si addormenta e sogna di scavare le fondamenta di una casa. “Scava, scava più a fondo!”, gli raccomanda una voce, e quando finalmente raggiunge la profondità giusta si sente dire: “Ecco, ora potrai costruire l’edificio dell’altezza che vorrai”.

La vita in monastero? Troppo poco!

Dio ha chiamato Simeone e questi risponde entrando in monastero, ma ben presto qui la vita per lui si rivela in un certo modo troppo semplice: quello che cerca è una perfezione più alta, raggiungibile solo attraverso la pratica dell’austerità. Così si trasferisce nell’eremo di Teleda, in cui i monaci mangiano ogni due giorni. Ma non è ancora abbastanza. Simeone digiuna per l’intera settimana donando il suo pasto ai poveri. Ma fa di più: con un ramo di mirto si costruisce un cilicio. A questo punto per l’abate è troppo e per paura che gli altri monaci prendano esempio, lo caccia. Questo non fa che rendere le azioni di Simeone ancora più estreme: nel terrore di essere un pessimo esempio di irriducibile peccatore, scende nel fondo di un pozzo e ci rimane per giorni a piangere. L’abate, temendo di averlo punito troppo duramente, lo richiama in monastero.

37 anni in cima a una colonna

Passa un altro anno però, e Simeone lascia di nuovo il monastero – stavolta volontariamente – per relegarsi in una capanna a Teli Nesim, vicino Antiochia, sotto la direzione del sacerdote Basso. Anche il suo nuovo maestro però è preoccupato dalla severità della sua condotta. A Simeone, ormai, vivere in una cella e digiunare per l’intera Quaresima non basta più: sale su una montagna e si impone di vivere lassù, solo, concedendosi uno spazio di massimo 20 metri. Per misurarli correttamente arriva a incatenarsi a una roccia, ma quando il vescovo di Antiochia, Melezio, sale fin lì e gli fa notare che in quel modo vivono solo le bestie feroci, ha un’illuminazione: relegarsi sopra una colonna, via via sempre più alta, per distaccarsi dal mondo “di sotto” e assurgere prima a quello “di sopra”, dove c’è Dio. Su questa colonna, Simeone non può sedersi, figuriamoci sdraiarsi: sta in piedi, in contemplazione perenne… o quasi.

Simeone, la folla e le donne

Le scelte di vita inusuali di questo monaco, infatti, non passano inosservate, anzi, attirano folle di curiosi: così Simeone inizia a rispondere a domande, dirimere controversie e predicare, almeno due volte al giorno, alle persone che accorrono presso di lui. Non fa avvicinare, però, le donne, e questo strano fatto lo spiega così: “Se saremo degni, ci vedremo nella vita a venire”. Non fa eccezioni neanche per sua madre, Marta, che tanto importante è nella sua vita - per questo lei accetterà la decisione senza protestare e sull’esempio del figlio si ritirerà in convento - e tanta influenza aveva avuto sulla sua conversione da piccolo. Iniziano a girare anche voci sulla sua capacità di effettuare eccezionali guarigioni: così una delegazione della Chiesa si reca sul posto per verificare. Ma all’ordine dei vescovi di scendere dalla colonna, Simeone accetta subito, perciò l’ordine viene revocato e la sua sincerità e grandezza così dimostrate. Da allora Simeone non scenderà mai più dalla sua colonna, dedicando tutto il tempo al suo Signore, che lo chiamerà a sé – il corpo ormai insensibile alle atroci sofferenze cui lo aveva sempre esposto – nel 459. Dopo qualche disputa, il corpo del Santo viene sepolto ad Antiochia sotto a un altare dal quale Simeone non lesinerà miracoli e grazie.