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San Giuseppe Cafasso, sacerdote torinese

San Giuseppe Cafasso, Enrico Reffo San Giuseppe Cafasso, Enrico Reffo 

Formatore “di parroci e preti diocesani, anzi di preti santi, tra i quali San Giovanni Bosco”. È San Giuseppe Cafasso nelle parole di Benedetto XVI che, del religioso piemontese, ha messo in luce la “scuola di vita e di santità sacerdotale”. È dalla Torino del 1800 che si tramanda l’appellativo più comune per colui che viene indicato come modello di luminosa vita sacerdotale: “il Santo della forca”. Una definizione direttamente legata al suo impegno al fianco dei condannati a morte nelle carceri “Le Nuove” di Torino, oggi in disuso e trasformate in toccante museo che ripercorre le avvilenti condizioni in cui vivevano i detenuti. Con i carcerati, di cui oggi è patrono, usa immensa misericordia, potente veicolo dell’amore paterno e consolatore di Dio. E’ proprio per l’assidua missione al fianco degli ultimi che viene ricordato pure come uno dei cosiddetti Santi sociali di Torino, una decina di religiosi e laici illuminati che tra il XIX e il XX secolo ha voluto indirizzare la propria opera per le emergenze della città e di tutti i bisognosi.

La figura del vero pastore

Giuseppe Cafasso nasce in una famiglia contadina a Castelnuovo d’Asti nel 1811 e l’ordinazione sacerdotale avviene a Torino nel 1834. Trascorre la vita nel convitto ecclesiastico del capoluogo piemontese, di cui diventa direttore. Compaesano e padre spirituale di don Bosco (1815-1888), don Cafasso si contraddistingue non solo per l’insegnamento al seminario maggiore di Torino ma anche per la dolcezza e la serenità che sa trasmettere alla gente. Diviene così familiare tra i suoi concittadini che gli viene offerto di presentarsi alla Camera del Regno, ma Cafasso rifiuta. “Nel giorno del giudizio – commenta – il Signore mi chiederà se sono stato un buon prete e non un buon deputato”.

Il vero pastore

Ciò che lo interessa è la figura del vero pastore con una ricca vita interiore e un profondo zelo nella cura pastorale: fedele alla preghiera, impegnato nella predicazione, dedito alla celebrazione dell’Eucarestia e al ministero della Confessione. San Giuseppe Cafasso cerca quindi di realizzare questo modello nella formazione dei giovani sacerdoti, affinché, a loro volta, siano formatori di altri preti, religiosi e laici. Un lascito che a Torino, e non solo, si tramanda nel tempo, come testimonia la profonda devozione al Santo, morto in città il 23 giugno 1860, all’età di 49 anni. Le sue spoglie riposano al Santuario della Consolata.