San Pietro Celestino V, papa (Pietro del Murrone)

San Pietro Celestino V, Basilica di san Paolo fuori le mura San Pietro Celestino V, Basilica di san Paolo fuori le mura 

Un cercatore di Dio. Pietro Angelerio da Morrone lo è fin da giovane quando scorge nel silenzio e nella bellezza della natura la dimensione favorevole a contemplare il Creatore per servire i fratelli. Nato in una famiglia contadina ad Isernia nel 1215, penultimo di dodici figli, presto orfano di padre, è avviato dalla madre agli studi ecclesiastici. Attratto dalla vita monastica, entra nell’Ordine benedettino. A 24 anni diviene sacerdote, ma presto sceglie la vita eremitica sul Monte Morrone in Abruzzo. Preghiera, penitenza e digiuno scandiscono le sue giornate. Non mancano le tentazioni: Pietro le vince aggrappandosi alla croce. Attratti da lui, in tanti lo seguono: presto nasce con l’approvazione di Urbano IV il primo nucleo degli Eremiti della Maiella. Godendo della benevolenza del cardinale Latino Malabranca e del re di Napoli Carlo II d’Angiò, detto lo Zoppo, i “Celestini” - si chiameranno così - si espandono fondando monasteri e restaurando abbazie cadenti. Il tempo per Pietro è scandito dalla preghiera ininterrotta. In Europa si diffonde la sua fama di uomo di Dio e a lui accorrono da ogni dove per ottenere consiglio e guarigioni. A tutti indica la conversione del cuore come via per la pace, in un momento storico dilaniato da tensioni, conflitti - anche interni alla Chiesa - e pestilenze.

Un uomo di preghiera, estraneo ai conflitti

È il 1292: alla morte di Papa Niccolò IV seguono 27 mesi di Sede vacante. Gli undici cardinali elettori non riescono a trovare un accordo, polarizzati dal conflitto tra le famiglie Orsini e Colonna e pressati dal desiderio di re Carlo II di trovare un candidato di suo gradimento. Dall’isolamento in cella, Pietro da Morrone fa pervenire ai porporati la profezia dell’imminente castigo divino, evitabile solo con l’elezione del Sommo Pontefice entro pochi mesi. La fama dell’eremita, noto per i miracoli e l’integra condotta spirituale, portano gli elettori a individuare proprio in lui il candidato ideale per il superamento dello stallo. Raggiunto nella spelonca in Maiella da una delegazione di prelati, Pietro in un primo momento rifiuta, poi comprende che è Dio a chiamarlo a una responsabilità tanto alta. Tuttavia respinge l’invito dei cardinali a raggiungere Perugia e, il 29 agosto 1294, memoria di San Giovanni Battista, scortato da re Carlo si reca a L’Aquila seduto su un asino, per ricevere la tiara nella grande chiesa di Santa Maria a Collemaggio, da lui eretta qualche anno prima. Sceglie il nome di Celestino V e indice il primo Giubileo della storia, noto come “Perdonanza”.

Un pontificato breve e sofferto

Presto capisce di non essere libero nell’esercizio del ministero, strattonato da chi in Curia spera di trarre vantaggi dalla sua inesperienza di governo. Indice un Concistoro e nomina 12 cardinali. In molti criticano aspramente la decisone del Papa di affidarsi alla protezione di Carlo d’Angiò e di trasferire la sede della Curia a Napoli. Ben presto si rende conto di essere ostaggio della corona. Nella piccola cella di Castel Nuovo, divenuta sua dimora, matura la decisione di rinunciare al Pontificato, sostenuto anche dal parere del cardinale Benedetto Caetani, esperto di diritto canonico, che gli succederà con il nome di Bonifacio VIII. «Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della Plebe, al fine di recuperare la tranquillità perduta abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta». Con queste parole il 13 dicembre 1294 Celestino lascia i paramenti sacri e si riveste del vecchio saio. Solo undici giorni dopo viene eletto il nuovo Papa, che fa condurre Pietro, inizialmente fuggito in luoghi deserti, nel castello di Fumone. Qui, in una cella angusta, l’eremita muore in preghiera il 19 maggio 1296. Riduttivamente passato alla storia per “il gran rifiuto” deplorato da Dante nella Divina Commedia, egli è esempio di libertà evangelica e santità. Viene infatti canonizzato da Clemente V nel 1313. I resti mortali conservati nella Basilica di Collemaggio sono meta di costanti pellegrinaggi. Tra i più illustri quello, nel 2009, di Benedetto XVI che qui ha voluto lasciare il pallio ricevuto ad inizio pontificato.