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San Giovanni d'Avila, sacerdote

San Giovanni D'Avila, attr. a El Greco, 1580 San Giovanni D'Avila, attr. a El Greco, 1580 

Giovanni

Nasce ad Almodòvar del Campo (Spagna meridionale) il 6 gennaio 1499 (o 1500) da pii genitori. La madre Catalina e il padre Alonso discendevano da famiglie di “cristiani nuovi”, ossia convertiti dall’ebraismo al cristianesimo. Da alcuni dati si sa che Giovanni aderì a un ordine religioso, ma non si sa oltre.

Dal 1520 al 1526 studiò Filosofia e Teologia ad Alcalà. Subito si segnalò come ottimo studente, tanto che Domingo de Scoto lo prese sotto la sua direzione. Nel 1526 cercò di partire per le missioni in America, ma nel mentre incontrò Hernando de Contreras il quale, cogliendo subito in lui le qualità umane e culturali, lo segnalò al vescovo di Siviglia affinché non gli permettesse di partire. Non fu facile convincerlo, ma alla fine riuscirono in quanto la sua condizione di “cristiano nuovo” gli impedì di emigrare.

Il ministero a Siviglia

Restò così a Siviglia e in altre città della diocesi, insegnando catechismo ai bambini e agli adulti.  Ben presto anche sacerdoti cominciarono a unirsi tra gli uditori e molti si affiancavano a lui per la direzione spirituale. Di fronte alle folle che si riunivano attorno a lui e al numero di persone che chiedevano solo lui per la direzione spirituale, non mancarono le gelosie e le denunce di plagio, ancor più in un tempo in cui andava moltiplicandosi il sospetto tra cattolici e luterani, erasmiani… Dalle denunce si passò ai processi e al primo arresto, nel 1532, da parte dell’Inquisizione.

Audi filia

Sarà proprio durante il periodo in carcere che Giovanni si concentrerà maggiormente gettando le basi della sua opera più nota “Audi Filia”, ascolta figlia. Sempre durante il carcere, inoltre, tradusse l’Imitazione di Cristo e scrisse lettere. Il 16 giugno 1533 fu assolto e durante tutto il periodo non proferì parola alcuna contro nessuno. Approfondisce il tema della carità di Dio e, parlandone in terza persona scrive: “Allarghi la vostra misericordia il suo piccolo cuore in quell’immensità di amore con cui il Padre ci ha dato suo Figlio, e con Lui ci ha dato se stesso, e lo Spirito Santo e tutte le cose”.

Cordova e san Giovanni di Dio

Da Siviglia si trasferisce a Cordova dove incontra il domenicano Luigi de Granada, che diventerà suo biografo. Quando predicava nelle piazze o nelle chiese, era sempre molta la gente che vi accorreva e che spesso si convertiva. Tra questi  merita menzione la conversione di san Giovanni di Dio, fissata il 20 gennaio 1537, e così sarà per il futuro san Francesco Borgia. Scrive a san Giovanni di Dio: ”Mi avete dato molto conforto con l’aver ben osservato quanto avevamo concordato voi ed io circa l’obbedire a Padre Portillo nell’amministrazione dei poveri… perché ho gran paura che v’inganni il diavolo, procedendo di vostra testa; ché quando non può sopraffare uno facendogli compiere opere cattive, ci riesce facendogli compiere disordinatamente le buone… Pertanto, fratello, abbiate gran cura di sottomettervi al parere altrui, e non v’ingannerà il diavolo”. E in un’altra lettera: “Per restare fedele, bisogna mostrarsi prudente, come ha detto Nostro Signore perché, per mancanza di prudenza, l’uomo commette mille infrazioni che dispiacciono a Nostro Signore e Lo obbligano a castigarlo. Cosi, un solo errore deve servire da lezione per la vita. Un cane bastonato non ci ritorna due volte, né un uccello nella gabbia da cui è scappato. I saggi traggono vantaggio dagli errori degli altri e gli stolti dai propri”.

Granada

Dalla fine del 1536 si recò spesso a Granada dove ottenne, verso il 1537, i gradi in Sacra Teologia e il titolo di “Maestro d’Avila”. Nel suo peregrinare da una città all’altra, fondava Collegi minori e maggiori, per dare istruzione ai bambini e ai giovani, compresi i sacerdoti giovani che però non potevano accostarsi alle Facoltà se non dopo aver fatto esperienza pastorale.

Tra il 1535 e il 1551 vari sacerdoti si legarono a lui nel vincolo della direzione spirituale, creando una sorta di fraternità spirituale e teologica. “Ai sacerdoti ricordava che «nella messa ci poniamo sull’altare nella persona di Cristo a fare l’ufficio dello stesso Rendentore» (Lettera 157), … agire in persona Christi comporta l’incarnare, con umiltà, l’amore paterno e materno di Dio. Tutto ciò richiede alcune condizioni di vita, come il frequentare la Parola e l’Eucaristia, l’avere spirito di povertà, l’andare sul pulpito «con misurazione», cioè, essendosi preparati con lo studio e con la preghiera, e l’amare la Chiesa, perché è la sposa di Gesù Cristo” (dalla Lettera Apostolica di Benedetto XVI, per la proclamazione a Dottore della Chiesa). Questa fraternità attirò subito l’attenzione di sant’Ignazio di Loyola, il quale confidava di veder fondersi questa realtà con la sua Compagnia: cosa che non avvenne, ma che non intaccò mai l’amicizia tra i due, tanto che Giovanni d’Avila spesso mandava i migliori proprio nella Compagnia di Gesù.

Non mancò di incoraggiare a voce e per iscritto santa Teresa d’Avila, la quale si sottomise a lui per il giudizio sul manoscritto dell’Autobiografia.

Morte

Muore il 10 maggio 1569 a Montilla (Cordova) e viene sepolto nella chiesa dei Gesuiti, oggi san Francesco. Seppur la causa di beatificazione fu avviata nel 1623, solo il 6 aprile 1864 viene beatificato. Nel 1946 Pio XII lo dichiarò Apostolo dell’Andalusia e principale patrono del clero secolare di Spagna. Il 31 maggio 1970 Paolo VI lo ha proclamato Santo e il 7 ottobre 2012 Benedetto XVI lo ha proclamato Dottore della Chiesa: “L’insegnamento di Giovanni d’Ávila si evidenzia per la sua eccellenza e precisione e per la sua estensione e profondità, frutto di uno studio metodico, di contemplazione e per mezzo di una profonda esperienza delle realtà soprannaturali…” (dalla Lettera Apostolica).