San Martino I, papa e martire

San Martino I, Basilica di san Paolo fuori le mura San Martino I, Basilica di san Paolo fuori le mura 

San Martino e l’eresia monotelita

Nato a Todi (Umbria) agli inizi del VII secolo, Martino era stato sacerdote a Costantinopoli. Alla morte di papa Teodoro, nel 649, viene eletto suo successore dopo cinquantadue giorni e senza chiedere il consenso all’Imperatore. È la sua esperienza a Costantinopoli che gli permette di salire al soglio di Pietro e altresì lo aiuta a intuire cosa in realtà si nasconde nell’eresia Monotelite che gli Imperatori vogliono imporre. Alcune Chiese, infatti, appellandosi al Concilio di Calcedonia che aveva definito due nature nell’unica persona di Gesù (natura divina e umana), sostenevano di conseguenza che in Gesù ci fossero anche “due volontà”, quella umana e quella divina. D’altro canto, c’era chi sosteneva l’unica volontà divina, evitando in questo modo ogni contrasto.

Le trame dell’Imperatore

L’imperatore Eraclio aveva appoggiato la linea dell’unica volontà divina, per garantirsi in questo modo lo spazio per “imporre” l’unica volontà umana: la sua. La tensione era talmente alta, che l’Imperatore Costante II, temendo che la discussione teologica diventasse motivo di separazione anche politica tra Oriente e Occidente, decretò il divieto di tale discussione: “Disponiamo per tutti i nostri sudditi che da oggi è vietato anche solo discutere se in Cristo ci siano una o due volontà…”. L’imperatore sottovalutò il fatto che tra i suoi sudditi c’era un gruppo numeroso di monaci – tra i quali Massimo il Confessore – che, pur di non sottomettersi al decreto, andarono in esilio a Roma.
In risposta alle tensioni dottrinali in atto il Papa convocò il Concilio, scrisse lettere fino a interrompere rapporti con quanti insistevano su questa linea, condannando sia il decreto di Eraclio, a favore dell’unica volontà, sia quello di Costante II sull’imposizione del silenzio. Questo affronto non fu però gradito all’imperatore: i decreti, secondo lui, non dovevano essere discussi da un Concilio, ma applicati, anche dal Papa. Una volta preso atto che i Vescovi erano dalla parte del Papa, Costante II ordinò al nuovo esarca di Ravenna, Teodoro Calliope, di portare il Papa prigioniero a Costantinopoli.

Il complotto contro Papa Martino

Giunto a Roma, l’esarca di Ravenna chiese udienza al Papa, indicando di essere latore di un messaggio di pace da parte dell’Imperatore. Il Papa, preoccupato, accordò l’incontro nella basilica costantiniana del Laterano, che godeva di diritto d’asilo. Ciò nonostante venne arrestato e, condotto via fiume a Ostia, imbarcato su una nave diretta a Costantinopoli. Il viaggio durò 15 mesi: in quel lasso di tempo l’Imperatore riuscì a far eleggere papa Eugenio I, più remissivo e dialogante.

Il carcere

Il 17 settembre 654, giunto nella città imperiale, Papa Martino fu portato in carcere. Dopo tre mesi, il 20 dicembre, fu trascinato dinanzi al tribunale. Qui Martino dichiarò in sua difesa: “In Olimpio ho abbracciato il mio nemico personale perché pentito del suo delitto; ai saraceni ho dato denaro per riscattare i cristiani da voi lasciati senza difesa; come pontefice ho sostenuto la fede contro i Decreti imperiali…”- e di fronte all’accusa di essere un eretico aggiunse: “Ora desidererei che la mia lingua fosse di fuoco per scomunicare i bestemmiatori di Maria, madre del vero uomo e del vero Dio, Gesù Cristo; maledetto chi non la venera sopra ogni altra creatura, dopo Dio uno e trino”.

Il martirio

Martino fu condannato a morte: davanti alla folla gli fu tolto il pallio – segno dell’autorità pontificia – e un soldato gli tagliò le vesti. Il suo avversario, Paolo, patriarca di Costantinopoli, ormai morente e temendo il giudizio di Dio, intervenne chiedendo la sospensione della pena, che però causò un prolungarsi della prigionia. Il 26 marzo 655, di nascosto fu trasferito a Cherson, in Crimea, dove arrivò il 15 maggio. Tra le diverse lettere che scrisse in questo periodo, in una assicura la sua preghiera a chi gli è succeduto: “Per intercessione di San Pietro. Dio stabilisca i loro cuori nella fede ortodossa, li renda fermi contro ogni eretico o nemico della nostra Chiesa. Dia forza specialmente al pastore che ora li governa. Sicché senza cedere in alcun punto anche minimo e senza piegare in alcuna parte anche secondaria, conservino integra la fede professata per iscritto dinanzi a Dio e agli angeli santi e, per questo, possano ricevere insieme a me, poveretto, la corona della giustizia e della fedeltà dalle mani del Signore e salvatore nostro Gesù Cristo”. In un’altra lettera inviata ad alcuni amici, scrisse: “Il Signore è vicino, di che cosa devo preoccuparmi? Spero che nella sua misericordia non tarderà a porre fine a questa mia condizione nel modo che Egli crederà. Salutate tutti i vostri cari nel Signore…”. Morì il 16 settembre 655 e il suo corpo fu sepolto alle porte di Cherson. Poco distante da lui, in carcere, c’era Massimo il Confessore, con la mano mozzata e la lingua tagliata, ma i due non s’incontrarono mai. Martino è venerato martire nella chiesa romana, ma anche in quella slava e greca.