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Santa Coletta Boylet, vergine francescana, fondatrice delle Clarisse povere

“I miei occhi li ho riempiti di Gesù che ho fissato all’elevazione dell’Ostia nella Santa Messa e non voglio sovrapporgli nessun’altra immagine”.
L’opera di Santa Colette Boylet rappresenta uno dei più celebri esempi nel contesto della profonda crisi religiosa occidentale ai tempi del Grande Scisma, quando gli uomini, non trovando più indicazioni né conforto nelle istituzioni ecclesiastiche, cercavano risposte in un contatto più diretto con Dio.

Un vero dono del cielo

Prima di essere un dono per la grande famiglia francescana, Colette lo è per la sua famiglia di origine: quando nasce nel 1381, sua madre ha 60 anni e non sperava più di avere figli. Suo padre è carpentiere presso un convento benedettino, così Colette – diminutivo di Nicoletta in onore di San Nicola di Bari cui era attribuita la grazia della sua nascita – cresce respirando Dio. Prestissimo si sente chiamata e inizia ad avere visioni di comunione con Lui; a 9 anni il Signore le affida quella che sarà la missione della sua vita: la riforma delle Clarisse. Ma ci vorrà tempo. Intanto Colette si prepara esercitandosi nella carità e praticando la penitenza, facendo l’esperienza dell’estasi e della rivelazione divina, compiendo gesti miracolosi tra cui alcune resurrezioni.

Una vita religiosa “singolare”

Rimasta orfana a 18 anni, Colette viene affidata all’abate di Corbie. Dopo una prima esperienza tra le volontarie dell’ospedale locale, poi tra le Clarisse urbaniste e infine tra le Benedettine, Colette è confusa: non trova quello che cerca, la sua sete di Dio non viene saziata. Incontra il francescano padre Pinet e si convince a entrare nel Terz’Ordine. Si fa murare in una stanzetta attigua alla chiesa e qui vive reclusa tra il 1402 e il 1406 passando le giornate tra la preghiera, la penitenza e il cucito dei paramenti e dei vestiti per i poveri. Può ricevere visite, ma soltanto attraverso una grata. Come lei stessa scrive, il tempo trascorso è in parte ricco di grazia, in parte di sofferenza: Colette, infatti, si fa domande sempre più insistenti sul suo futuro e inizialmente crede che questi dubbi vengano dal demonio. Solo quando capisce che è il disegno che Dio ha su di lei che si sta facendo strada nel suo animo, si sente finalmente libera di prendere una decisione.

La riforma: un ritorno alle origini

Nel 1406 Colette riceve il velo delle Clarisse da Benedetto XIII, ritenuto ai tempi in Francia il Papa legittimo, e pronuncia i voti secondo la regola di Santa Chiara. Da qui inizia la sua profonda opera riformatrice dell’Ordine, che altro non sarà se non un ritorno ai costumi più austeri delle origini, alla preghiera personale e comunitaria, alla vita penitenziale offerta per l’unità della Chiesa. Il primo ad accettare il nuovo corso è il monastero di Besançon; poi nascono in breve tempo molte nuove fondazioni. Anche 12 conventi maschili accolgono la riforma pur mantenendo i loro superiori; alla fine, la sua opera viene approvata dal Ministro generale francescano e, nel 1458, da Pio II. I monasteri “collettini”, così chiamati in suo onore, giunti fino a noi, sono circa 140 sparsi in tutto il mondo.