San José Vaz

Coraggio e paura. Due sentimenti che possono dividere il cuore nello stesso momento, quando la missione che si è scelta a tutti i costi è anche una sfida rischiosa. Il mendicante vestito da schiavo che si aggira sull’isola di Ceylon è determinato e timoroso. Deve cercare di entrare in contatto con i cattolici ma senza dare nell’occhio, quello acuto dei calvinisti olandesi che non vedono l’ora di mettere le mani sui fedeli del Papa. Serve un’idea e il mendicante col vestito da schiavo la trova. Un’idea semplice quanto una corona del Rosario.

L’energia dell’apostolo

Ha 35 anni José Vaz quando nel 1686 sbarca a Ceylon vestito di stracci: quindi un perfetto “invisibile”. L’Isola è la meta desiderata da una vita per quel prete indiano di Goa, che in pochi anni di sacerdozio si è già fatto stimare per zelo missionario e intelligenza nel gestire, anche se giovane, controversie ecclesiali piuttosto delicate. In precedenza, dovunque sia stato, di padre José è stata sempre apprezzata l’umiltà e la tenacia dell’apostolo che ama spendersi per Cristo. È in questo periodo che conosce la situazione dei cristiani a Ceylon, dispersi e perseguitati. José vorrebbe raggiungerli ma gli viene chiesto altro e obbedisce. Dopo un’esperienza come vicario apostolico, conclusa nel 1684, matura l’esigenza di consacrarsi come religioso. Il problema è che i vari Istituti cercano europei, non indiani, e tuttavia la soluzione è a un passo.

Gli Oratoriani

A Goa, l’arcivescovo ha da poco autorizzato la nascita di una comunità maschile. Tre preti indiani hanno cominciato a far vita comune sul Monte Boa Vista, dov’è la chiesa di Santa Croce dei Miracoli. José chiede di unirsi a loro e dopo un po’ diventa il superiore della casa. Per la gente, i quattro sono tutti preti santi. Col tempo la comunità si struttura giuridicamente e si associa alla Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri. Ma intanto José freme dentro. Il richiamo di Ceylon non si attenua, vuole andarci nonostante i pericoli. Capisce che deve andarci come un clandestino, elabora un piano e a fine 1686 lo schiavo vestito di stracci è a destinazione.

Lo stratagemma del Rosario

Il primo problema è che si ammala subito. Per giorni sembra la vittima nel Vangelo del Buon Samaritano, languisce a bordo strada mezzo morto. Lo aiutano alcune donne, si riprende, e si mette in cerca dei cattolici, molti dei quali si comportano in apparenza come calvinisti per sviare i persecutori. È qui che padre José ha l’intuizione del Rosario. Si mette una corona al collo e va in giro a bussare a elemosina. Dopo un po’ di tempo nota l’interesse di una famiglia per quel segno e, quando è sicuro di loro, si rivela. Comincia così, dal villaggio di Jaffna, la rievangelizzazione di Ceylon. Messe notturne, Sacramenti amministrati di nascosto, colloqui: padre José è instancabile. Il fermento suscitato dalla sua attività però viene a galla. Le autorità promettono soldi a chi rivelerà l’identità del prete sconosciuto. Nessuno lo tradisce, anzi non pochi pagano con la vita o sopportano il carcere pur di difendere la rinascita del Vangelo e l’apostolo che ha riacceso la fede e che nel frattempo è stato aiutato a mettersi in salvo nel piccolo reame di Kandy.

Più forte di tutto

Anche la “polizia” calvinista ha un’idea e fa circolare una fake news. In giro c’è una spia portoghese, fanno sapere, e un giorno padre José finisce nella rete. La sorpresa sta nel re del piccolo staterello di Kandy, Vilamadharma, un buddista che non approva che quell’uomo così mite languisca in una cella. Sono gli stessi carcerieri a raccontargli di come si comporti, così il re vuole conoscerlo e in breve ne diventa amico. E quando nel 1697 una terribile epidemia di vaiolo viene contenuta nei suoi effetti grazie all’azione di padre José – che cura i malati e suggerisce norme igieniche per limitare il contagio – la grandezza di quel finto schiavo diventa più forte di tutto. Il regno di Kandy diventa cattolico, la predicazione nell’Isola riprende con nuovo slancio grazie all’arrivo di dieci oratoriani e alla traduzione in tamil e cingalese del Vangelo che padre José trova il tempo di elaborare. Quando il 16 gennaio 1711, stremato, il religioso chiude gli occhi, sull’Isola si contano 70 mila battezzati, 15 chiese e 400 cappelle. Lo schiavo di Dio può finalmente riposare.