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Don Malgesini. Serve rete istituzionale che curi il disagio psichico di chi è fragile

Il bene è più forte del male. Da qui si vuole ripartire dopo la tragica uccisione di don Roberto Malgesini,  a Como. "Lui è stato veramente prete", ricorda Enrica Lattanzi, portavoce diocesana. "Quando penso a don Roberto penso a una persona che veramente ha incarnato il Vangelo. Mite, mai una parola scortese. Ha sempre fatto tutto in silenzio con dedizione e sensibilità. Mi colpisce, vagando nei social, vedere persone che, anche completamente estranee ai vissuti ecclesiali, si stringono attorno all'opera di don Roberto. Esempio di uno stile di chiesa in uscita - racconta - e di un prete che aveva l'odore del gregge. E' impressionante vedere come la sua testimonianza sia già rimasta. La banalità del bene: basta poco per far stare bene le persone e lui, anche solo con un sorriso, faceva star bene le persone. Senza essere un ingenuo e senza essere un avventato, lui sapeva però che bisognava stare attenti", precisa. E sulle fragilità che vive il territorio comasco: ha diversi tipi di fragilità, da non sottovalutare, poi, la questione della frontiera". Cosa ci insegna questo tragico epilogo? "Ora bisogna far calare un po' il silenzio. L'eredità che ci lascia è che fare del bene non è qualcosa di puramente sociologico ma qualcosa che viene dall'uomo. La capacità di relazione con Dio è importante. E poi serve una riflessione su cosa significa essere vicini alle povertà. Si fa tanto, ma bisogna fare ancora di più. Il bene non basta". 

"La fragilità grave è spesso anche foriera di disagio psichico", commenta il sociologo Ambrosini. "Le persone sulla strada stanno male. Bisogna mettere in campo una azione istituzionale di cura del disagio psichico che è assai frequente. Necessario mettere in piedi servizi etno-psichiatrici da parte di professionisti, non solo dei volontari. Costoro vanno mobilitati, sostenuti, aiutati a entrare in modo capillare nei territori. Noi abbiamo spontaneamente l'idea che fare il bene sviluppi delle possibilità di protezione rispetto alla violenza, ma non è così scontato", aggiunge. "La povertà può essere aggressiva. Questo non vuol dire abbandonarla, anzi, bisogna moltiplicare l'impegno, altrimenti il rischio è che questi comportamenti diventino ancora più esasperati". 

Con noi:

Enrica Lattanzi, portavoce del vescovo di Como e collaboratrice della rete diocesana di sostegno alle povertà;

Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle Migrazioni all'Università di Milano.

Conduce:

Antonella Palermo

16 settembre 2020