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Sudan: le mutilazioni genitali femminili sono reato. La legge, un vero passo avanti? - prima parte

Hanno dai 4 ai 14 anni le bambine che il circa 30 paesi del mondo, subiscono mutilazioni genitali di vario tipo e grado, pratiche fortemente invasive e dolorose che inibiscono gli organi genitali femminili per ragioni non mediche, ma strettamente culturali: quelle che mirano a controllare il corpo e le scelte delle donne, a reprimerne la sessualità, ad oggettivizzarle in contesti sociali in cui il femminile viene considerato socialmente inferiore o comunque da sottomettere ad una visione patriarcale. Le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità parlano di una cifra che va dai 100 ai 140 milioni di donne coinvolte fra Africa, America Latina, Australia, Nuova Zelanda, ma anche Medioriente e Asia, dunque India, Indonesia, Iraq, Malesia, Emirati Arabi Uniti e Israele. Non manca anche l'Europa quando si considerino i paesi di approdo dei flussi migratori. Le ricadute sul fronte sanitario sono pesantissime a breve a lungo termine: sulla maternità, sull'incolumità isica e sulla sessualità. Una buona notizia nelle ultime settimane è arrivata dal Sudan, dove dopo decenni in cui la legge è rimasta impantanata in parlamento, ora la mutilazione genitale femminile è diventata un crimine che potrà essere punito con la reclusione fino a 3 anni. Ma la legge è un reale grimaldello per scardinare la pratica? 

 

Con noi: 

Serena  Fiorletta - Responsabile Comunicazione associazione Aidos 

Prof.ssa Patrizia Farina - Docente ordinaria ordinario di demografia all'Università Bicocca di Milano 

 

Conduce: Paola Simonetti 

17 giugno 2020