Vescovo e popolo camminano insieme, l'eredità spirituale di Francesco in Argentina
Antonella Palermo - Città del Vaticano
La città natale di Jorge Mario Bergoglio piange il suo pastore. Una celebrazione con leader di diverse religioni ha riempito ieri, 22 aprile, la cattedrale metropolitana di Buenos Aires per rendere omaggio a Papa Francesco, evento carico di simbolismo che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di ebrei e musulmani fianco a fianco. Nella chiesa madre dedicata alla Santissima Trinità, che sorge nel barrio San Nicolas, si è levato il cordoglio per colui che verrà sempre amato come "il Papa dei poveri e degli emarginati". Il rabbino Daniel Goldman ha osservato che Francesco "non ha mai dimenticato gli immigrati" nelle sue preghiere, e ha sottolineato l'importanza di esercitare comprensione e amore in un mondo così diviso. Gli islamici Sheij Salim Delgado Dassum e Omar Abboud hanno evidenziato come Francesco sia stato "portavoce della pace in un mondo di guerre". Poi spazio a Kissag Mouradin, della chiesa armena, al pastore metodista Maria Pons e all'omologo pentecostale Norberto Saracco. "Che possiamo portare avanti l'eredità di pace, unità e dialogo di Francesco", ha rimarcato l'arcivescovo della capitale, Jorge Cuerva.
Giobando: un pontificato finito come era iniziato, tra la gente
È monsignor Ernesto Giobando SJ, vescovo della Diocesi di Mar del Plata, ausiliare di Buenos Aires dal 2014 al 2024 a ricordare con i media vaticani l'eredità spirituale di Francesco, con il quale ha condiviso una fraterna amicizia: "Credo che ci abbia lasciato una testimonianza di segni e anche di parole. Ma la cosa più importante restano i suoi gesti. Questo è ciò che ho sempre visto in Francesco, una persona di fatti e gesti concreti, come abbiamo avuto la Domenica di Pasqua. Il suo gesto, pur con così poca forza e con fragilità, mi è sembrato allargare i limiti di questo mondo, e dare a Dio la grazia di benedire la città di Roma, la sua diocesi e il mondo con un messaggio di pace per tante guerre che ci sono nel mondo. È un segno eloquente di quello che Dio vuole dirci in questo tempo di crisi". L'inizio e la fine del pontificato hanno trovato in quel saluto corale alla Chiesa universale a piazza San Pietro un'analogia evidentissima e sorprendente: "È morto vicino a quella piazza dove c'erano migliaia e migliaia di pellegrini e fedeli che hanno potuto ricevere la sua benedizione. Credo che questo rimarrà impresso nella nostra vita. Come quando, dodici anni fa, uscì sullo stesso balcone e fece il suo primo gesto, che fu bello".
Orfani di un padre che aiutava i poveri
Il presule gesuita accenna alla testimonianza di vita che Bergoglio ha lasciato in Argentina: "Molti si chiedono perché non sia mai più tornato. Beh, è una domanda a cui il tempo dovrà rispondere, ma il fatto che non sia venuto significa che ha potuto visitare le periferie del mondo. In Argentina la stragrande maggioranza di noi è in grande sofferenza. Ho ricevuto messaggi da persone di altre fedi, da fratelli e sorelle, da altre religioni che sono molto, molto, molto rattristate. Ci si sente un po' orfani, sì, per quei suoi gesti di paternità e per la sua grande preoccupazione di come aiutare i poveri. Ci diceva sempre come fare e, ovunque si trovasse, c'erano sempre dei poveri nelle vicinanze che ricevevano il suo sostegno. E questa è una benedizione".
Colombo: Francesco ha insegnato una misericordia concreta
Anche monsignor Marcelo Colombo, arcivescovo di Mendoza e presidente della Conferenza episcopale argentina, facendosi portavoce del misto di shock e speranza che attraversa il Paese, rimarca ai media vaticani la determinazione di Francesco a stare vicino al popolo di Dio fino alla fine. “Ci ha insegnato a vivere con i piedi ben saldi a terra, con un cuore generoso e una fede profondamente impegnata nella realtà”. Ricorda che la misericordia predicata dal Papa non è stata e non è un'idea astratta, ma una pratica quotidiana, incarnata in azioni concrete di tenerezza, vicinanza e servizio. “Ci ha fatto tornare alle nostre radici di Chiesa missionaria. Una delle grandi tracce del pontificato, secondo l'arcivescovo, è stato il cammino della sinodalità. “Francesco ha confermato il nostro desiderio di costruire una Chiesa fraterna, partecipativa, dove tutti hanno voce. Che questo sia anche il nostro nord, la nostra bussola”.
Carrara: il Pastore sempre vicino al popolo
Monsignor Gustavo Oscar Carrara, arcivescovo di La Plata, ordinato diacono e poi vescovo proprio dal Papa argentino che considera un autentico "uomo di Dio, un padre misericordioso, un profeta della dignità umana e che ha cercato di predicare la gioia del Vangelo per tutti", racconta ai media vaticani di averlo conosciuto nel 1992, quando era seminarista e Bergoglio ausiliare di Buenos Aires. Carrara, sempre molto stimato da Bergoglio, è stato vicario delle cosiddette villas di emergenza, le baraccopoli urbane della capitale che continuano ad espandersi nel tessuto della città. "Ha guidato l’arcidiocesi come un grande pastore - testimonia - così come poi ha mostrato di essere da Papa. È stato sempre molto vicino ai sacerdoti, e riteneva che il vescovo dovesse essere così. L’eredità che ha lasciato in Argentina - afferma - è difficile da misurare. Credo che con il tempo saremo più capaci di valutarla. Ci ha insegnato a essere pastori vicini alla gente, per accompagnare le periferie geografiche ed esistenziali della città di Buenos Aires. Bergoglio è stato un vero regalo di Dio. Ha ascoltato il grido della terra e dei poveri, cose che ha evidenziato nelle sue encicliche. Papa Francesco ci invita a camminare uniti".
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