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Francesco: missionari credibili non per l'abito che si indossa, ma se si è sinceri

Parlando alla comunità del Pontificio Collegio Urbano "de Propaganda Fide" che forma il clero destinato ai territori di missione, il Papa invita a spogliarsi delle proprie maschere e ad essere come Gesù, credibile per l’armonia che traspariva in Lui tra ciò che annunciava e ciò che faceva, ad uscire da sé stessi per andare incontro agli altri ed aprirsi al dialogo. "Il mondo e la Chiesa hanno bisogno di testimoni di fraternità e di pace"

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Per essere dei discepoli-missionari vicini a Dio e agli altri sono necessari il coraggio dell’autenticità, la capacità di uscire da sé stessi e l’apertura al dialogo. Francesco lo evidenzia alla comunità del Pontificio Collegio Urbano "de Propaganda Fide" che incontra nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico. Sono superiori e studenti del seminario voluto nel 1627 da Urbano VIII per la formazione del clero destinato ai territori di missione che quest’anno, quattrocentesimo anniversario della fondazione della Congregazione De Propaganda Fide, stanno riflettendo sulla “relazione viva e personale con Gesù come sorgente spirituale di ogni missione, ispirati dal motto: ‘Perché stessero con lui … e per mandarli a predicare’”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Il coraggio dell’autenticità

A proposito del coraggio dell’autenticità, il Papa invita a spogliarsi delle maschere che si indossano “magari per apparire perfetti, impeccabili e ossequiosi o migliori”.

Le maschere non servono, cari fratelli: non servono! Presentiamoci agli altri senza schermi, per quello che siamo, con i nostri limiti e le nostre contraddizioni, vincendo la paura di essere giudicati perché non corrispondiamo a un modello ideale, che spesso esiste solo nella nostra mente. Coltiviamo “la sincerità e l’umiltà del cuore, che ci donano uno sguardo onesto sulle nostre fragilità e povertà interiori”. Ricordiamoci che si è missionari credibili non per un abito che si indossa o per atteggiamenti esteriori, quanto piuttosto per uno stile di semplicità e di sincerità. Trasparenza, è questo.

L’esempio ce lo ha dato Gesù: la credibilità riconosciutagli “dalla gente che lo incontrava veniva dall’armonia che si vedeva in Lui tra ciò che annunciava e ciò che faceva”, "armonia e coerenza", ricorda Francesco esortando gli studenti a non aver paura di mostrarsi nella loro autenticità soprattutto ai loro formatori e citando San John Henry Newman, ex-alunno del Collegio Urbano, che “metteva in guardia dall’atteggiamento di coloro che ‘vorrebbero agire con dignità e invece smettono di essere sé stessi’”.

La capacità di uscire da sé stessi

Il discepolo-missionario deve essere, poi, capace di uscire da sé stesso, perché, spiega il Papa, “la vita di fede è un continuo 'esodo', un’uscita dai nostri schemi mentali, dal recinto delle nostre paure, dalle piccole certezze che ci rassicurano”, perché altrimenti si rischia di adorare un Dio che è solo una proiezione dei propri bisogni, un idolo, quindi, “e di non vivere incontri autentici nemmeno con gli altri”. E invece fa bene accettare il rischio di uscire da sé stessi, fa notare Francesco. È quello che hanno fatto Abramo, Mosè e i pescatori di Galilea chiamati a seguire il Maestro. Far parte di una comunità variegata, “con tante culture, lingue e sensibilità” come quella del Pontificio Collegio Urbano, è un grande dono da cui si può essere arricchiti aprendosi agli altri, al loro mondo, osserva il Papa, che incoraggia “a vivere senza paura la sfida della fraternità, anche quando richiede fatiche e rinunce”.

Il nostro mondo e anche la Chiesa hanno bisogno di testimoni di fraternità: che voi possiate essere così, già adesso e poi quando tornerete nelle vostre diocesi e nei vostri Paesi, spesso segnati da divisioni e conflitti. E anche testimoni di gioia: “La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli”; la “gioia missionaria» che “ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono”.

L’apertura al dialogo

Infine occorre aprirsi al dialogo "con Dio, nella preghiera, che è pure un esodo dal nostro io per accogliere Lui”. Poi, chiarisce Francesco, aprirsi “al dialogo fraterno, in una radicale apertura all’altro”. E se Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris missio insegna che “lo stile proprio del missionario” deve essere il dialogo, aggiunge il Papa, “Gesù ce lo ha mostrato facendosi uomo, abbracciando i drammi, le domande e le attese dell’umanità sofferente e in cerca di pace”.

Il mondo ha bisogno di dialogo, ha bisogno di pace. E ha bisogno di uomini e donne che ne siano testimoni. Vi esorto a mettervi alla scuola di quei “martiri del dialogo” che, anche in alcuni dei vostri Paesi, hanno percorso con coraggio questa strada per essere costruttori di pace. Non abbiate paura di percorrerla anche voi fino in fondo, andando controcorrente e condividendo Gesù, comunicando la fede che Lui vi ha donato.

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21 gennaio 2023, 12:00