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Un fotogramma del film "In viaggio" di Gianfranco Rosi Un fotogramma del film "In viaggio" di Gianfranco Rosi

Nei cinema italiani il film di Rosi sui viaggi del Papa

Oggi arriva in Italia in 190 cinema e oltre 100 sale parrocchiali “In viaggio” il film del regista Gianfranco Rosi dedicato ai viaggi internazionali compiuti dal Papa in più di nove anni di pontificato. Intervista al pluripremiato documentarista che spiega: “È un’opera sperimentale: un film in cui mi sono sentito spettatore. Vuole essere un tributo a chi cerca di cambiare le cose affrontando i drammi del mondo. Quando guarda la folla il Papa sembra che guardi ciascuno negli occhi "

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

Dopo la partecipazione, fuori concorso, alla 79ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, arriva nei cinema italiani il 4 ottobre, festa di S. Francesco, “In viaggio”, il film di Gianfranco Rosi dedicato ai viaggi apostolici del Papa. Il documentarista, vincitore del Leone d’oro a Venezia nel 2013 con “Sacro GRA” e dell’Orso d’oro a Berlino nel 2016 con “Fuocoammare”, ha intrapreso una sfida inedita realizzando un film basato, per la maggior parte, sulle immagini dell’Archivio Vaticano relative alle visite apostoliche compiute dal Papa in quasi dieci anni di pontificato. Un documentario che lo stesso regista, in quest’intervista a Radio Vaticana/Vatican News, definisce “sperimentale”, spiegando di aver voluto realizzare un’opera che seguisse il Papa in movimento, accompagnando lo spettatore in un pellegrinaggio nei luoghi dei drammi dei nostri tempi. Un film che vuole essere “un tributo a coloro che cercano di cambiare qualcosa” e che, si augura Rosi, sia “visto in sala, al buio e sul grande schermo”. “Spero proprio che le persone tornino al cinema, perché solo lì ci sono le condizioni necessarie per creare un’intimità con le immagini e un dialogo a distanza con il Papa”.

L'intervista a Gianfranco Rosi, regista del film "In viaggio"

In molti hanno notato una coincidenza: due dei suoi lavori più celebri – “Fuocoammare” (2016) e “Notturno” (2020) - sono girati, rispettivamente, a Lampedusa e in Iraq, due luoghi visitati da Francesco, nel 2013, all’inizio del Pontificato, e nel marzo dello scorso anno. È stata questa circostanza a stimolarla per questo progetto? Come nasce “In viaggio”?

Ero appena tornato dall’Iraq, dov’ero stato per il mio film “Notturno”, e ho rilasciato un'intervista a L'Osservatore Romano proprio alla vigilia del viaggio del Papa nel Paese mediorientale. Non avendo seguito da vicino i pellegrinaggi del Pontefice pensavo che Francesco ne avesse fatti al massimo una decina. Durante quella conversazione, mi sono reso conto però che ne aveva effettuati più di trenta. Allora mi ha affascinato l’idea di questo Papa in movimento, tra Lampedusa e l’Iraq, quasi in un “pellegrinaggio al contrario”. Un Pontefice che non sta fermo a Roma, ma diventa lui stesso pellegrino e ci porta negli angoli del mondo afflitti dai drammi dei nostri tempi. Mi interessava soprattutto mostrare il suo percorso fuori dal Vaticano, quasi che attraverso lo sguardo del Papa e i temi che affronta nei suoi discorsi, fosse possibile tracciare una mappa della condizione umana. D’altronde ogni film per me è una sfida e qui si trattava di trasformare del materiale di reportage in un linguaggio più vicino al cinema. Trarre da centinaia e centinaia di ore di materiale di repertorio il ritratto di un uomo. Volevo dimostrare che era possibile fare un film sul Papa evitando un approccio ideologico e teologico, ma restituendo un racconto universale.

Quanto è stato difficile realizzare un film documentario utilizzando, per la maggior parte, immagini non girate da lei?

Questa è stata la parte più difficile, perché i miei film nascono dai viaggi, dagli incontri, dai luoghi, da una grande frequentazione con le persone che incontro. I miei film si strutturano piano piano, non vado mai in un luogo con un'idea determinata, con una tesi da applicare. È un processo lungo, fatto di attesa, d’interazione, di fiducia che devi conquistarti. Quindi dietro c’è un processo fisico-mentale e narrativo molto lungo. Per realizzare “Notturno”, ad esempio, ho trascorso tre anni in Medio Oriente. Invece qui, per la prima volta, sono stato solo “spettatore”. Perciò, come ho già detto a Venezia, è anche difficile per me raccontare questo film, perché non ho aneddoti. Di solito nei miei film ogni scena è legata a una serie di avvenimenti, a volte avventurosi, a volte terribili, a volte tragici, che mi portano a girare certe cose. Qui invece ho passato giorni e giorni davanti ad un video esaminando ore e ore di materiale da cui ho dovuto trarre questa sintesi. È stato essenzialmente un film di montaggio e in questo tipo di film l’istinto è sempre quello di aggiungere. Invece ho capito fin dall’inizio che dovevo lavorare per sottrazione, per trasformare questo materiale e arrivare ad una sintesi, a una struttura impressionistica, senza commenti e senza spiegazioni. La forza di questo lavoro è l’aver sintetizzato in soli ottanta minuti nove anni di viaggi e più di seicento ore di materiale. Un lavoro enorme che per questo definisco sperimentale.


Lei ha usato molto spesso un’inquadratura molto suggestiva: quella della camera che riprende il Papa di spalle, sulla papamobile, mentre attraversa le strade di città e luoghi diversi. Cosa l'ha colpita di queste immagini?

Sono immagini che mi hanno affascinato. Mi sarebbe quasi piaciuto realizzare un film solo con queste immagini: il silenzio e la papamobile che scorre portandoci in diversi luoghi del mondo. Noi che vediamo quello che vede il Papa e poi i rumori di questa folla: a volte molto presente, altre rarefatta. Forse però sarebbe stato un film eccessivamente sperimentale. Queste scene mi colpiscono perché c’è quasi un movimento “robotico” del Papa, inteso in senso buono: guarda a destra, poi guarda a sinistra, per salutare la folla. Poi, soprattutto viaggiando anch’io al seguito del Papa, a Malta e in Canada, ho scoperto che quando Francesco guarda la folla sembra che guardi ognuno negli occhi. Mi piacevano queste immagini in cui, pur essendo il Papa di spalle, si sente che ha un contatto molto profondo con la folla. Per contrasto, ho voluto mettere anche delle immagini in cui lungo le strade c’è pochissima gente, come alcune girate in Africa. Sicuramente queste immagini silenziose danno comunque il ritmo a tutta l’opera. Il silenzio è un elemento di sospensione molto importante nel film: il Papa spesso tace, quasi per riprendere fiato e riordinare i suoi pensieri.

Un fotogramma del film "In viaggio"
Un fotogramma del film "In viaggio"

Come artista e come persona quali tratti la colpiscono di più di questo pontificato?

Credo che il film voglia essere una riflessione su questo mondo zoppicante e sulla condizione umana. Mi hanno affascinato certe dichiarazioni di Francesco su temi come l’ambiente, la povertà, la guerra, la vendita delle armi. Ma il mio film non suggerisce risposte, vuole essere piuttosto un tributo a coloro che cercano di cambiare qualcosa. Non è un caso che si apra con una domanda. Ho inserito, proprio all’inizio, le immagini del radar, tratte dal mio film “Fuocoammare”, e le urla terribili dei migranti che chiedono soccorso perché stanno affogando, e dall’altra parte del telefono una voce della Guardia Costiera che ripete la domanda “What’s your position? What’s your position?”. Per me quella domanda diventa una metafora di quello che ognuno di noi dovrebbe chiedersi: qual è la nostra posizione nei confronti del mondo, nei confronti di quello che accade. Perché per me, alla fine, è il singolo che deve prendere posizione nei confronti del possibile cambiamento. Il film non ha un messaggio, ma vuole sollecitare lo spettatore in questo senso. Poi, un’altra cosa che mi ha colpito è la capacità che ha questo Papa di saper chiedere scusa, anche personalmente. Nel film lo si vede in Canada, quando porge le scuse agli indigeni da parte della Chiesa, ma lo vediamo anche tornando dal Cile, chiedere scusa personalmente. Quello per me è un momento di grande impatto, perché riconoscere i propri errori è qualcosa di profondamente “divino”. Forse questo è un altro messaggio del film: dobbiamo capire tutti i nostri errori, individualmente e collettivamente.

Un'immagine del pellegrinaggio penitenziale del Papa in Canada dal film "In viaggio"
Un'immagine del pellegrinaggio penitenziale del Papa in Canada dal film "In viaggio"

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04 ottobre 2022, 08:00