Papa Francesco ad Erbil (7 marzo 2021) Papa Francesco ad Erbil (7 marzo 2021)

Il Papa al Patriarca della Chiesa Assira d’Oriente: i martiri ci guidano verso l'unità

Ad Erbil, Francesco ha salutato il Catholicos Mar Gewargis III, ricordando che tanti cristiani qui hanno versato il sangue e ora risplendono insieme, stelle nello stesso cielo, indicandoci la via verso la pienezza dell’unità. Un cammino iniziato nel 1994 con la Dichiarazione cristologica comune tra la Chiesa cattolica e la Chiesa Assira dell'Oriente

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Al termine della Santa Messa nello stadio “Franso Hariri” di Erbil, nel nord dell’Iraq, Papa Francesco ha salutato con affetto il Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente, Mar Gewargis III,  che risiede in questa città. “Grazie, caro Fratello!" ha esordito il Santo Padre, che ha voluto abbracciare in lui i cristiani delle varie confessioni: "In tanti qui hanno versato il sangue sullo stesso suolo! Ma i nostri martiri risplendono insieme, stelle nello stesso cielo! Da lassù ci chiedono di camminare insieme, senza esitare, verso la pienezza dell’unità”.

La Chiesa Assira dell’Oriente

Quella Assira dell’Oriente è una antica Chiesa presente in questa terra sin dalle origini del cristianesimo. Gli Atti degli Apostoli riportano che “Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia” erano presenti nei pressi del Cenacolo il giorno di Pentecoste. Furono i primi cristiani della Persia, dove poi predicarono, secondo la tradizione, l’apostolo san Tommaso e i suoi discepoli Addai e Mari. Nella sua storia plurisecolare, la Chiesa Assira dell’Oriente ha maturato, in un contesto culturale prevalentemente semitico e siriaco molto vicino alle prime comunità apostoliche, una originale tradizione teologica e spirituale. Nell’alto Medioevo, la Chiesa assira dell’Oriente ha sviluppato uno straordinario dinamismo missionario seguendo le varie vie della seta attraverso l’Asia centrale, l’India e anche la Cina. Ha lo stesso patrimonio teologico e liturgico della Chiesa caldea e di quella siro-malabarese in India, ambedue entrate in comunione con la Chiesa di Roma nel XVI secolo. Sin dalle origini, la storia della Chiesa Assira dell’Oriente è tragicamente segnata dalla persecuzione. Pagine drammatiche che si intrecciano con i periodi dell’impero persiano, poi dell’impero mongolo, e infine di quello ottomano. In particolare dopo la strage avvenuta tra gli anni 1914 e 1924 conosciuta anche con il termine “Seyfo” (in siriaco significa letteralmente “spada”), la maggior parte dei suoi fedeli sono emigrati in Occidente, portando con sé una tradizione secolare. Anche se rimangono grandi comunità in Medio Oriente, soprattutto nel nord dell’Iraq, in Siria, in Iran e nel Libano, quasi la metà dei 450 mila fedeli di questa antica Chiesa si trova negli Stati Uniti, con una significativa diaspora in Canada, in Europa e in Australia.

Dichiarazione cristologica comune

Il dialogo tra la Chiesa cattolica e quella Assira d'Oriente ha portato nel 1994 alla firma di una Dichiarazione cristologica comune.  In questo documento, Papa Giovanni Paolo II e il Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira dell'Oriente Mar Dinkha IV riconoscono di condividere la stessa fede in Gesù Cristo. “Quali eredi e custodi della fede ricevuta dagli Apostoli - si legge nel testo - noi confessiamo un solo Signore Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli, il quale, giunta la pienezza dei tempi, è disceso dal cielo e si è fatto uomo per la nostra salvezza”. “Prescindendo dalle divergenze cristologiche che ci sono state - si sottolinea - oggi noi confessiamo uniti la stessa fede nel Figlio di Dio che è diventato uomo perché noi, per mezzo della sua grazia, diventassimo figli di Dio”. “Il mistero dell’Incarnazione che noi professiamo insieme non è una verità astratta ed isolata. Esso riguarda il Figlio di Dio inviato per salvarci”. Nel 2014, Papa Francesco ricevendo in Vaticano Mar Dinkha IV, ha definito la Dichiarazione cristologica comune sottoscritta nel 1994 “una pietra miliare” del cammino “verso la piena comunione”. “Con essa - ha detto Francesco - abbiamo riconosciuto di confessare l’unica fede degli apostoli, la fede nella divinità ed umanità di Nostro Signore Gesù Cristo, unite in un’unica persona, senza confusione né cambiamento, senza divisione né separazione”.

La Dichiarazione congiunta del 2018

Nel 2015 è stato eletto Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente Mar Gewargis III. Nel messaggio subito dopo questa elezione,  Papa Francesco ricorda i cristiani e le altre minoranze religiose in Iraq e in Siria. “Insieme a lei - si legge in quel documento - chiedo al Signore di concedere loro la forza perché possano perseverare nella loro testimonianza cristiana”. Nel novembre del 2018, Papa Francesco e Mar Gewargis III hanno firmato una Dichiarazione congiunta sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente. Nel testo, redatto in 8 punti, si sottolinea la gratitudine verso il Signore "per la crescente vicinanza nella fede e nell'amore tra la Chiesa Assira dell'Oriente e la Chiesa cattolica”. E si ricorda che “negli ultimi decenni, le nostre Chiese si sono avvicinate più di quanto non lo siano mai state nel corso dei secoli".

Papa Francesco e il Patriarca Gewargis III (foto d'archivio)
Papa Francesco e il Patriarca Gewargis III (foto d'archivio)

In attesa del giorno in cui sarà possibile celebrare insieme sullo stesso altare, si ribadisce l’intenzione di “andare avanti nel riconoscimento reciproco e nella testimonianza condivisa del Vangelo”. In questo cammino, si legge ancora nella Dichiarazione, “sperimentiamo una sofferenza comune, derivante dalla drammatica situazione dei nostri fratelli e sorelle cristiani in Medio Oriente, specialmente in Iraq e Siria”. “Centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti soffrono immensamente di conflitti violenti che nulla può giustificare”. Conflitti che hanno "aumentato l'esodo dei cristiani dalle terre dove hanno vissuto fianco a fianco con altre comunità religiose fin dai tempi degli Apostoli”. Il testo conclude con un forte invito al dialogo: "Più la situazione è difficile, più è necessario il dialogo interreligioso fondato su un atteggiamento di apertura, verità e amore. Un tale dialogo è anche il miglior antidoto all’estremismo, che è una minaccia per i seguaci di tutte le religioni".

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07 marzo 2021, 16:10