Il pensiero forte del Papa per il popolo in Libano che soffre molto

Appello e preghiera di Francesco per quanto accade a Beirut: alla tragedia di martedì scorso nella capitale libanese si uniscono altissima tensione sociale e disordini, con altri feriti. Francesco ricorda che il Libano si è fatto “modello del vivere insieme” affermando che "questa convivenza ora è molto fragile". Sollecita aiuti dalla comunità internazionale, chiede alla Chiesa di essere vicina al suo popolo “nel calvario”, nella povertà evangelica

Fausta Speranza – Città del Vaticano

"In questi giorni il mio pensiero ritorna spesso al Libano". Così Papa Francesco ha ricordato "la catastrofe di martedì scorso", affermando che "chiama tutti, a partire dai Libanesi, a collaborare per il bene comune di questo amato Paese". Il Libano - ha ricordato il Papa -  ha un’identità peculiare, frutto dell’incontro di varie culture, emersa nel corso del tempo come un modello del vivere insieme".  Nelle parole del Papa emerge la preoccupazione: "Certo, questa convivenza ora è molto fragile, ma prego perché, con l’aiuto di Dio e la leale partecipazione di tutti, essa possa rinascere libera e forte".  Dunque, l'invito alla "Chiesa in Libano ad essere vicina al popolo nel suo Calvario, come sta facendo in questi giorni, con solidarietà e compassione, con il cuore e le mani aperte alla condivisione". E a braccio il Papa aggiunge una raccomandazione:  Per favore - dice - rivolgendosi a vescovi,  sacerdoti, religiosi del Libano, vivete nella povertà evangelica, senza lusso, perché "il popolo soffre e soffre molto". Dunque, l’appello "per un generoso aiuto da parte della comunità internazionale".  

Altissima tensione a Beirut


Un poliziotto è morto in violenze in strada, oltre 200 persone sono rimaste ferite, venti manifestanti sono stati arrestati nei disordini scoppiati ieri nella capitale libanese. Almeno 5000 persone si sono riversate in piazza protestando contro il governo e in tanti sono riusciti ad entrare dentro il ministero degli Esteri e in quello dell'Economia prima di essere evacuati con l'intervento dell'esercito. In serata, altri manifestanti hanno preso d'assalto la super-fortificata sede dell'Associazione delle Banche, vicino a piazza dei Martiri. E altri attivisti si sono diretti alla sede del ministero dell'Energia.

Riunita la Conferenza internazionale dei donatori  

Il presidente francese, Emmanuel Macron, e le Nazioni Unite co-presiedono oggi la conferenza dei donatori del Libano prevista tramite una videoconferenza. L'ufficio di Macron, così come quello della Commissione europea, ha confermato che la conferenza è finalizzata a raccogliere gli impegni dei donatori per aiutare Beirut a contrastare le conseguenze dell'esplosione di martedì scorso. Anche il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, haconfermato la sua partecipazione. Macron ha annunciato la conferenza internazionale per la raccolta di fondi durante la sua visita nella capitale libanese giovedì scorso. Beirut è stata dichiarata zona disastrata a seguito dell'esplosione avvenuta nel porto, con lo stato di emergenza imposto per due settimane. Molti Paesi e organizzazioni internazionali hanno offerto assistenza al Libano sulla scia della tragedia.

Il primo ministro Diab parla di elezioni anticipate

Il primo ministro Hassan Diab è intervenuto con un discorso tv, lanciando ai suoi stessi alleati governativi un "ultimatum" di due mesi, evocando elezioni anticipate. "Sono pronto ad assumere la responsabilità per i prossimi due mesi – ha dichiarato - fino a che i partiti non troveranno un accordo sulla prossima fase”. E ha parlato di resa dei conti alle urne: “Lunedì proporrò al governo elezioni anticipate", ha detto parlando dal Serraglio, la sede governativa che sovrasta la zona del parlamento e Piazza dei Martiri, teatro di una vera e propria guerriglia urbana. Diab ha invocato "il momento della responsabilità collettiva. Vogliamo una soluzione per tutti i libanesi", ha detto, promettendo, come già fatto nei giorni scorsi, che "presto emergerà la verità" sull'esplosione di martedì scorso. In questi giorni i leader politici libanesi hanno tutti parlato soltanto attraverso i mezzi di comunicazione, dal presidente della Repubblica Michel Aoun, al leader di Hezbollah Nasrallah, che ha smentito qualsiasi coinvolgimento del suo partito nelle esplosioni, rifiutando l'ipotesi che ci sia stata una detonazione di un deposito di missili di Hezbollah. In strada sono scesi, ieri il presidente del Consiglio europeo, Michel, e, tre giorni fa, il presidente francese Macron.

La tragedia di martedì 4 agosto


Le proteste sono scoppiate in seguito alle esplosioni di martedì: la prima di minore gravità, la seconda ha devastato interi quartieri della capitale. Sono state uccise più di 160 persone, cinquemila sono rimaste ferite, anche gravemente, 300.000 sono rimasti senza casa. E' emerso un cratere di 43 metri. Ma la disperata protesta della popolazione nasce anche dalla drammatica crisi economica che si trascina da mesi. Alcuni momenti sono stati di particolare tensione: un manichino di Nasrallah appeso a un finto patibolo in piazza dei Martiri e nel cuore di Ashrafiye,  decine di attivisti che hanno calpestato  e  bruciato foto del presidente della Repubblica Michel Aoun e di suo genero, l'ex ministro Gibran Bassil.

 

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09 agosto 2020, 12:18