2020.07.27  GIOIA -  cielo - infinito - sole - spiritualità- montagna - alba- rinascità 2020.07.27 GIOIA - cielo - infinito - sole - spiritualità- montagna - alba- rinascità 

La gioia, respiro del cristiano

Nell’Angelus di domenica scorsa, il Papa ha parlato nuovamente di gioia: vivere di cose materiali, vivere per possederle lascia un vuoto, un’insoddisfazione che è la consapevolezza che non bastano alla vita del cristiano. “Gesù, lui che è il tesoro nascosto e la perla di grande valore – afferma Francesco – non può che suscitare la gioia, tutta la gioia del mondo, di scoprire un senso per la propria vita, la gioia di sentirla impegnata nell’avventura della santità”

Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano

L’uomo aspira a essere felice. È un concetto talmente sentito da essere uno dei punti della Costituzione degli Stati Uniti d'America, come “diritto alla felicità”. Sentimenti di libertà, pace e solidarietà sono racchiusi e sintetizzati nel moto di gioia espresso dalla musica trascinante dell’Inno Europeo, l’Inno alla gioia, tratto dalla Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven e adottato per rappresentare l’Unione Europea dal 1972.

La gioia secondo Paolo VI

San Paolo VI, nell’esortazione apostolica Gaudete in Domino riconosce “il bisogno di gioia nel cuore di tutti gli uomini” e vi si concentra totalmente: "Vi sono diversi gradi in questa felicità. La sua espressione più nobile è la gioia, o la ‘felicità’ in senso stretto, quando l'uomo, a livello delle facoltà superiori, trova la sua soddisfazione nel possesso di un bene conosciuto e amato. Così l'uomo prova la gioia quando si trova in armonia con la natura, e soprattutto nell'incontro, nella partecipazione, nella comunione con gli altri. A maggior ragione egli conosce la gioia o la felicità spirituale quando la sua anima entra nel possesso di Dio, conosciuto e amato come il bene supremo e immutabile” (Paolo VI, Esortazione apostolica Gaudete in Domino).

La gioia secondo Benedetto XVI

Ancor prima di diventare Papa, Benedetto XVI parlava del coraggio di gioire: “La gioia semplice, genuina, è divenuta più rara. La gioia è oggi in certo qual modo sempre più carica di ipoteche morali e ideologiche. (…) Il mondo non diventa migliore se privato della gioia, il mondo ha bisogno di persone che scoprano il bene, che siano capaci di provare gioia per esso e che in questo modo ricevono anche lo stimolo e il coraggio di fare il bene. (…) Abbiamo bisogno di quella fiducia originaria che, ultimamente, solo la fede può dare. Che, alla fine, il mondo è buono, che Dio c’è ed è buono. Da qui deriva anche il coraggio della gioia, che diventa a sua volta impegno perché anche gli altri possano gioire e ricevere il lieto annuncio” (Joseph Ratzinger, Il sale della terra. Cristianesimo e Chiesa cattolica nella svolta del millennio, ed. San Paolo, Milano 1997).

La gioia per Papa Francesco

La gioia è uno dei tratti più presenti e fondanti del magistero di Papa Francesco, che l’ha richiamata fin dal titolo delle sue tre prime esortazioni apostoliche, impiegando ciascuna volta ogni sfumatura del significato originario del termine in latino: L' Evangelii gaudium , l'Amoris laetitia e la Gaudete et Exsultate. Ne parla incessantemente, non come stato umano ideale cui tendere, ma proprio come condizione essenziale nella vita del cristiano. 

Alla gioia non basta l'allegria

In questi ultimi mesi l’uomo “globalizzato” ha fatto un’esperienza drammatica. La pandemia del coronavirus ci ha posto di fronte a responsabilità dirette verso il prossimo e noi stessi, ci ha lasciato comprendere quanto sia facile spezzare quel fragilissimo equilibrio che vede nella sola ricerca della felicità, intesa come ricerca del piacere, il fine cui tendere a tutti i costi. Felicità che però troppo spesso pensiamo di poter acquisire attraverso il possesso di cose materiali. Un piacere edonistico che finisce in fretta, lasciando spazio all’insoddisfazione se non all’angoscia. Così vengono alla mente le parole che il Papa ha pronunciato in una delle sue prime meditazioni quotidiane a Santa Marta, quando ha affermato che “il cristiano è un uomo e una donna di gioia. Questo ci insegna Gesù, ci insegna la Chiesa, in questo tempo in maniera speciale. Che cosa è, questa gioia? È l’allegria? No: non è lo stesso. (…) la gioia è di più, è un’altra cosa. È una cosa che non viene dai motivi congiunturali, dai motivi del momento: è una cosa più profonda. È un dono. L’allegria, se noi vogliamo viverla tutti i momenti, alla fine si trasforma in leggerezza, superficialità, e anche ci porta a quello stato di mancanza di saggezza cristiana, ci fa un po’ scemi, ingenui, no?, tutto è allegria … no. La gioia è un’altra cosa. La gioia è un dono del Signore. Ci riempie da dentro. È come una unzione dello Spirito. E questa gioia è nella sicurezza che Gesù è con noi e con il Padre”. (Omelia in Santa Marta, venerdì 10 maggio 2013)

La gioia dei beati

Se la gioia è un dono, il cristiano possiede però gli strumenti per raggiungerla. Ce li ha rivelati lo stesso Gesù. Introducendo il ciclo di udienze generali dedicato alle Beatitudini, Papa Francesco chiede: “Ma cosa vuol dire la parola ‘beato’? Perché ognuna delle otto Beatitudini incomincia con la parola ‘beato’”? E spiega: “Il termine originale non indica uno che ha la pancia piena o se la passa bene, ma è una persona che è in una condizione di grazia, che progredisce nella grazia di Dio e che progredisce sulla strada di Dio: la pazienza, la povertà, il servizio agli altri, la consolazione… Coloro che progrediscono in queste cose sono felici e saranno beati. Dio, per donarsi a noi, sceglie spesso delle strade impensabili, magari quelle dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte… Le Beatitudini ti portano alla gioia, sempre; sono la strada per raggiungere la gioia. Ci farà bene prendere il Vangelo di Matteo oggi… per capire questa strada tanto bella, tanto sicura della felicità che il Signore ci propone”.

La gioia è lo stato di salute del cristiano

Papa Francesco ricorda le parole del Gesù, “vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11), e ribadisce che “la gioia è il segno del cristiano: un cristiano senza gioia o non è cristiano o è ammalato, la sua salute cristiana 'non va bene' ... perché un cristiano senza gioia non è cristiano. Per il cristiano, infatti, la gioia è presente anche nel dolore, nelle tribolazioni, pure nelle persecuzioni”. (Omelia di Santa Marta del 22 maggio 2014)

Le tante parole della gioia

Quante parole esistono per esprimere la felicità? Gioia, letizia, esultanza… Nelle lingue moderne come in quelle antiche questo stato è espresso con una molteplicità di termini che si declinano in diverse sfumature di significato. Nel greco antico il termine gioia e quello di felicità hanno significati diversi. Felicità è tradotta con εὐδαιμονισμός, “eudaimonía”, parola composta  (eu bene e daímon spirito). Il significato etimologico è cioè quello di spirito buono. Gioia è invece εὐφροσύνη, euphrosýne, dove all’eu (buono) si unisce il verbo phraino con il significato di “rallegrarsi”. Anche nel latino si nota la stessa differenza, dal momento che felice (felix) significa fertile, ricco, appagato ma anche fortunato, mentre  gioia (gaudium) deriva da gaudeo, godo, e nell’etimologia  indica gioiello, ovvero una cosa preziosa, da custodire.

In termini estremamente generali, la felicità in greco o in latino, come nel significato moderno, deriva dagli agenti esterni, è la risposta a uno stimolo ed è quindi destinata ad esaurirsi, mentre la gioia è il risultato di uno stato interiore che persiste nonostante gli accadimenti. La felicità è circoscritta all’essere, mentre la gioia si esprime necessariamente nel rapporto con il mondo e con gli altri. 

La felicità nella filosofia antica

La felicità è un concetto pervasivo di tutto il pensiero filosofico di ogni cultura, in ogni latitudine e in ogni tempo. Soprattutto nel mondo antico si accompagnava alla virtù: per raggiungere la felicità occorre un comportamento virtuoso. 

Dai presocratici a Socrate, Platone e Aristotele il concetto di ricerca della felicità ricorre per trovare una chiave che lenisca l’angoscia dell’uomo. Ad esempio nella Lettera a Meneceo di Epicuro, la cosiddetta Lettera sulla felicità, il quadrifarmaco è in effetti una strategia che cerca di eludere il dolore, che cerca di estirparlo, di escluderlo dall’esistenza. Nel mondo antico, in fin dei conti, l’uomo è lasciato solo di fronte a se stesso e gli dei sono entità indifferenti che non intervengono direttamente nella sua vita attraverso un dialogo fatto di fiducia e di amore. Quel dialogo che nel Dio biblico risuona fin dalle prime battute della Genesi perché “nessuno è esclu­so dalla gioia portata dal Signore”. (Gaudete in Domino 3)

La gioia nella Bibbia

Nella Bibbia, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, la gioia ricorre di continuo, come una sinfonia che attraversa tutte le corde musicali dell'essere. Non esprime forse gioia intensissima l'esclamazione di lode a Dio Alleluia, traslitterazione della Parola Ebraica הַלְּלוּיָהּ?

Poetiche o accurate, piene di fervore o di passione, che esprimono la gioia sommessa della preghiera o quella incontenibile della gratitudine, spingendo perfino a ballare e cantare, sono parole che ricorrono moltissimo, quasi 250 volte.

Lo stesso Vangelo, contiene in sé la gioia: è la buona notizia, la lieta novella. Deriva dal greco εὐαγγέλιον “evangelion” ed è composto, come gli altri termini greci relativi alla felicità, dall'avverbio εὐ “bene, buono”, unito a ἄγγελος, “anghelos”, “messaggero, annuncio”.

Nei Vangeli, quindi, la gioia esplode e ricorre in modo serrato, con intensità vertiginosa. Troviamo il rallégrati dell'Angelo a Maria ( Lc 1,28), l'esultanza di Giovanni nel grembo di Elisabetta ( Lc 1,44) e Maria che pronuncia lo splendide parole del Magnificat, “il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore" ( Lc 1,47) .Vi è poi la gioia del padre che ritrova il figlio e quella del pastore la sua pecora: il capitolo 15 di Luca è tutto un inno alla gioia. Anche nel resto dei Vangeli gli esempi sono davvero tanti ma di certo  nelle parole di Gesù vi ​​è il compimento più grande, si raggiungono le note più alte come quando dice “la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa” (Gv 15,10-11), impiegando il termine greco χάρις (chàris ), che è la parola più frequente e sta a significare dono, grazia (più di 150 nelle Scritture greche e nel solo Paolo oltre 90 volte). Aristotele nella Retorica (2,7) definisce chàris un dono che si fa in modo gratuito e disinteressato e che dipende unicamente dalla generosità e dalla liberalità del donatore.

La gioia di santa Teresa di Calcutta

La vita, le opere e gli scritti di Madre Teresa di Calcutta traboccano di gioia. In particolare questa poesia è l'inno toccante di una santa che ha fatto del più piccolo gesto quotidiano gesto eroico, della povertà e del dono di sé fonte inesauribile di amore. Con questi versi ci insegna la gioia.

Preghiera alla gioia

Un cuore gioioso è il normale risultato
di un cuore che arde d'amore.
La gioia non è semplicemente una questione di temperamento,
è sempre difficile mantenersi gioiosi:
una ragione di più per dover cercare di attingere
alla gioia e farla crescere nei nostri cuori.
La gioia è preghiera; la gioia è forza; la gioia è amore.
E più dona chi dona con gioia.

Ai bimbi e ai poveri, a tutti coloro che soffrono e sono soli,
donate loro sempre un gaio sorriso;
donate loro non solo le vostre premure, ma anche il vostro cuore.
Può darsi che non si sia in grado di donare molto,
però possiamo sempre donare la gioia
che scaturisce da un cuore colmo d'amore.
Se nel vostro lavoro incontrate difficoltà e le accettate con gioia,
con un largo sorriso, in ciò, al pari di molte altre cose,
vedrete le vostre opere buone.

E il modo migliore per dimostrare la vostra gratitudine
consiste nell'accettare ogni cosa con gioia.
Se sarete colmi di gioia, la gioia risplenderà nei vostri occhi
e nel vostro aspetto, nella vostra conversazione e nel vostro appagamento.
Non sarete in grado di nasconderla poiché la gioia trabocca.
La gioia è assai contagiosa.
Cercate, perciò, di essere sempre
traboccanti di gioia dovunque andiate.
...
La gioia dev'essere uno dei cardini della nostra vita.
È il pegno di una personalità generosa.
A volte è altresì un manto che avvolge
una vita di sacrificio e di donazione di sé.
Una persona che possiede questa dote spesso raggiunge alti vertici.
Splende come un sole in seno a una comunità.
...
Che Dio vi renda in amore tutto l'amore che avete donato
o tutta la gioia e la pace che avete seminato attorno a voi,
da un capo all'altro del mondo.

 

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

28 luglio 2020, 09:00