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Preghiera in Piazza San Pietro con Benedizione Urbi et Orbi Preghiera in Piazza San Pietro con Benedizione Urbi et Orbi 

La paura, il dolore e la preghiera universale

La preghiera del Papa in Piazza San Pietro per la fine della pandemia di coronavirus ha riunito tante persone di fedi e ideali diversi. E in molti si sono ritrovati più vicini

Sergio Centofanti - Città del Vaticano

Una preghiera silenziosa, in una piazza deserta riempita di credenti e non credenti di tutto il mondo. È una preghiera universale quella che fa uscire dal cuore non le nostre parole ma i gemiti inesprimibili dello Spirito. Non servono etichette: Dio è Padre di tutti. La paura e il dolore possono dividere ancora di più, ma possono unire in modo inaspettato le persone più diverse.

In quella piazza vuota si sono sentite le lacrime dell’umanità. Si è visto il pianto di atei e agnostici davanti ad un Crocifisso sanguinante e il grido d’aiuto dei figli accanto all’icona di una madre. Siamo così diversi, ma quando si scatena la tempesta e gridiamo “Siamo perduti!” ci scopriamo così uguali, così simili nella nostra fragilità, così uniti da un destino comune, perché ci ritroviamo insieme nella stessa barca, fratelli e sorelle “di poca fede”.

 

La paura ha così tanti anni. Adamo, il primo uomo, aveva paura. Quasi quattromila anni fa, per la prima volta è risuonata quell’esortazione di Dio che ci accompagna ancora oggi: “Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo”. Il grande Mosè ha avuto tante volte paura. E nella sua debolezza incoraggiava il popolo a non temere. Maria e Giuseppe erano angosciati per lo smarrimento del figlio. Anche loro hanno sentito quell’invito: “Non temere”. Anche Gesù ha provato paura e angoscia, fino a sudare sangue: “La mia anima - ha detto nel Getsemani - è triste fino alla morte”. Un angelo è sceso dal cielo per confortarlo. Sulla Croce ha provato l’abbandono di Dio. È il grido che ritroviamo nei Salmi: “Perché, Signore, stai lontano, nel tempo dell'angoscia ti nascondi?” (Sal 9). È un sentimento così umano di fronte al mistero del male.

In questo tempo, nelle nostre piazze vuote si sente forte un pianto che sale al cielo. Anche Gesù ha pianto. Ha pianto per la morte di un amico. Ha pianto su una città che non ha riconosciuto colui che la amava fino a dare la vita. Eppure, nelle nostre tempeste, ancora oggi ci dice: «Coraggio, sono io, non abbiate paura». Ci incoraggia a dire: “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore?” (Sal 27); “Nell'ora della paura, io in te confido” (Sal 56).

 

Il primo Vicario di Cristo ci invita a gettare in Dio ogni nostra preoccupazione, perché il Signore ascolta il nostro grido e ha cura di noi. Proprio oggi, nella Messa a Santa Marta, il Papa ha pronunciato quest’Antifona d'ingresso: “Flutti di morte mi hanno circondato, mi hanno stretto dolori d'inferno; nella mia angoscia ho invocato il Signore, dal suo tempio ha ascoltato la mia voce” (Cfr. Sal 18).

L’Apocalisse ci rivela il Dio che è con il suo popolo e ci mostra cosa il Signore ha in serbo per noi, sue fragili creature: “Tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate" (Ap 21, 3-4).

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28 marzo 2020, 12:15