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Francesco: nell'avventura della vita non siamo soli, Gesù ci tende la mano

Gratitudine, coraggio, fatica, lode: sono le parole che Papa Francesco sottolinea nel suo messaggio per la 57ª Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni. Al centro, la pagina del Vangelo in cui Gesù cammina sulle acque in tempesta e a un suo ordine "il vento cessa e le onde si placano”

Adriana Masotti - Città del Vaticano

L’immagine della traversata sul lago di Tiberiade in tempesta, dopo che Gesù aveva ordinato ai suoi di salire sulla barca e di precederlo sull’altra riva, “evoca in qualche modo il viaggio della nostra esistenza”, scrive Francesco nel Messaggio in occasione della 57.esima Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni del 3 maggio prossimo. E spiega:

La barca della nostra vita, infatti, avanza lentamente, sempre inquieta perché alla ricerca di un approdo felice, pronta ad affrontare i rischi e le opportunità del mare, ma anche desiderosa di ricevere dal timoniere una virata che conduca finalmente verso la giusta rotta. Talvolta, però, le può capitare di smarrirsi, di lasciarsi abbagliare dalle illusioni invece che seguire il faro luminoso che la conduce al porto sicuro, o di essere sfidata dai venti contrari delle difficoltà, dei dubbi e delle paure.

La paura di non farcela

E’ l’esperienza degli stessi discepoli quando per seguire Gesù devono decidersi ad abbandonare le proprie sicurezze e intraprendere la traversata. Non è una decisione facile perché “arriva la notte, soffia il vento contrario” e si fa sentire “la paura di non farcela e di non essere all’altezza della chiamata”. Ma come dice il Vangelo, in questo viaggio non siamo soli. Il Signore raggiunge i discepoli, “sale sulla barca e fa cessare il vento”. Per questo la prima parola scelta da Papa Francesco è gratitudine e scrive:

La realizzazione di noi stessi e dei nostri progetti di vita non è il risultato matematico di ciò che decidiamo dentro un “io” isolato; al contrario, è prima di tutto la risposta a una chiamata che ci viene dall’Alto. È il Signore che ci indica la riva verso cui andare e che, prima ancora, ci dona il coraggio di salire sulla barca; è Lui che, mentre ci chiama, si fa anche nostro timoniere per accompagnarci.

I fantasmi dentro il nostro cuore

La prima reazione dei discepoli sulla barca, quando Gesù va loro incontro, è la paura, prosegue il Papa, pensano si tratti di un fantasma, ma Gesù li esorta ad avere "coraggio". E’ la seconda parola delle vocazioni e il Papa spiega che quello che ci paralizza spesso sono proprio i fantasmi dentro di noi. E fa un esempio:

Quando siamo chiamati a lasciare la nostra riva sicura e abbracciare uno stato di vita – come il matrimonio, il sacerdozio ordinato, la vita consacrata – la prima reazione è spesso rappresentata dal “fantasma dell’incredulità”: non è possibile che questa vocazione sia per me; si tratta davvero della strada giusta? Il Signore chiede questo proprio a me?

Così ci facciamo prendere da “giustificazioni” e “calcoli che ci fanno perdere lo slancio”, pensiamo di esserci sbagliati. “Sposarsi o consacrarsi in modo speciale al suo servizio richiede coraggio”, scrive Francesco e il Signore lo sa. Per questo ci dice: “Non avere paura, io sono con te!”.

Tenere lo sguardo su Gesù

“Ogni vocazione comporta un impegno”, scrive ancora Francesco, ecco quindi la terza parola, "fatica". Ma, avverte: “Se ci lasciamo travolgere dal pensiero delle responsabilità” o delle possibili future difficoltà, allora “rischieremo di affondare”. Tenendo, invece, lo sguardo su Gesù, possiamo andare avanti:

Lui infatti ci tende la mano quando per stanchezza o per paura rischiamo di affondare, e ci dona lo slancio necessario per vivere la nostra vocazione con gioia ed entusiasmo.

Conosco la vostra fatica

Il Papa ritorna all’immagine di Gesù in mezzo alla tempesta per ribadire che anche “nella nostra vita e nei tumulti della storia”, il Signore opera e ci salva e prosegue:

Penso a coloro che assumono importanti compiti nella società civile, agli sposi che non a caso mi piace definire “i coraggiosi”, e specialmente a coloro che abbracciano la vita consacrata e il sacerdozio. Conosco la vostra fatica, le solitudini che a volte appesantiscono il cuore, il rischio dell’abitudine che pian piano spegne il fuoco ardente della chiamata, il fardello dell’incertezza e della precarietà dei nostri tempi, la paura del futuro. Coraggio, non abbiate paura! 

La lode a Dio perchè Lui ci salva

Gesù tende la sua mano e ci salva. La quarta e ultima parola 'lode' ne è allora una conseguenza. Un atteggiamento di cui ci è maestra Maria, che “grata per lo sguardo di Dio” su di lei, vivendo di sola fede “ha fatto della sua vita un eterno canto di lode al Signore”. Francesco conclude invitando tutta la Chiesa a compiere questo stesso cammino  perché ognuno di noi possa scoprire e accettare la chiamata di Dio, e “offrire la propria vita come cantico di lode per Dio, per i fratelli e per il mondo intero”.

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24 marzo 2020, 12:01