Il saluto del Papa al Gruppo Villa Maria care and research Il saluto del Papa al Gruppo Villa Maria care and research 

Il Papa: il malato non è un numero, prevalga prossimità non aspetto economico

Ricevendo il Gruppo Villa Maria care and research, realtà che opera nel settore della sanità, Francesco ricorda che la prossimità è il “metodo” che ha usato Dio per salvarci: malati e sofferenti sono segni viventi della presenza di Cristo. Quindi auspica una nuova cultura al servizio della vita umana, puntando sulla preparazione tecnica e morale degli operatori sanitari

Giada Aquilino - Città del Vaticano

“Umanizzare” la medicina e la realtà “ospedaliera e sanitaria”: il “malato non è un numero”, è una persona che ha bisogno di “umanità”. Questa la riflessione del Papa ricevendo in Vaticano medici, infermieri, personale amministrativo e dirigenti del Gruppo Villa Maria care and research, da quarant’anni attivo nel settore della sanità e al servizio della salute delle persone. Si tratta di strutture, presenti in Italia ma anche in Polonia, Francia, Albania, Russia, Ucraina, che - nota Francesco - sono “al servizio della vita umana segnata dalla malattia” (Ascolta il servizio con la voce del Papa).

Accoglienza e conforto

È auspicabile, dice il Pontefice, che i luoghi di cura siano sempre più “case di accoglienza e di conforto”, dove il malato possa trovare “amicizia, comprensione, gentilezza e carità”.

È necessario stimolare la collaborazione di tutti, per venire incontro alle esigenze dei malati con spirito di servizio e atteggiamento di generosità e di sensibilità. Questo non è facile, perché il malato è ammalato, e perde la pazienza e tante volte è “fuori di sé”. Non è facile, ma si deve fare. Per raggiungere tali obiettivi, occorre non lasciarsi assorbire dai “sistemi” che mirano solo alla componente economico-finanziaria, ma attuare uno stile di prossimità alla persona, per poterla assistere con calore umano di fronte alle ansietà che la investono nei momenti più critici della malattia. 

Il Dio della prossimità

Il Papa incoraggia alla “prossimità” e si sofferma su tale parola.

Prossimità: non dobbiamo dimenticarla. Anche la prossimità - permettiamoci di dire - è il metodo che ha usato Dio per salvarci. Già al popolo ebreo diceva: “Dimmi tu, quale popolo ha i suoi dei così vicini, così prossimi come tu hai me?”. Il Dio della prossimità si è fatto prossimo in Gesù Cristo: uno di noi. La prossimità è la chiave dell’umanità e del cristianesimo.

Preparazione tecnica e morale

Francesco incoraggia il Gruppo Villa Maria a perseverare con “dedizione” nelle opere intraprese, sottolineando come le strutture che sono “luoghi di sofferenza ma anche di speranza e di esperienza umana e spirituale” possano essere sempre più improntate alla “solidarietà” e all’“attenzione” per la persona malata.

L’evoluzione tecnologica e gli stessi mutamenti di natura sociale, economica e politica hanno cambiato il tessuto su cui poggia la vita degli ospedali e delle strutture sanitarie. Da qui la necessità di una nuova cultura, specialmente nella preparazione tecnica e morale degli operatori sanitari a tutti i livelli.

La presenza di Cristo

In tale prospettiva, constata il Papa, è “importante” quanto ha compiuto finora il Gruppo Villa Maria per “andare incontro” alle esigenze dei pazienti e delle loro famiglie, costretti a volte a migrare verso centri specializzati lontani dal proprio territorio. Proprio l’impegno ad “allargare il raggio di azione” con nuove strutture, ampliando le infrastrutture, “denota - osserva Francesco - la volontà di assicurare le attrezzature e il conforto necessari per la degenza dei malati e per la loro guarigione”. I cristiani, ricorda il Papa, sono d’altra parte chiamati a svolgere il loro servizio nello spirito delle parole di Gesù: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Qui, prosegue, si trova il “fondamento evangelico” del servizio al prossimo.

Così i malati e i sofferenti diventano per chi ha fede segni viventi della presenza di Cristo, il Figlio di Dio, venuto per sanare e guarire, assumendo su di sé la nostra fragilità, la nostra debolezza. Prendersi cura del fratello che soffre, significherà, in questo caso, fare posto al Signore. Dai luoghi di cura e di dolore viene anche un messaggio per la vita di tutti; una grande lezione che nessun’altra cattedra può impartire. L’uomo che soffre, infatti, comprende di più il bisogno e il valore del dono divino della redenzione e della fede, e aiuta anche quanti gli sono accanto ad apprezzare e ricercare tale dono.

La volontà di Dio

La vicinanza e la prossimità del Pontefice va ai malati e alle persone degenti nelle strutture del Gruppo.

Mi unisco alla loro attesa di guarigione, condividendo spiritualmente la loro prova ed augurando che essa possa presto concludersi, così che ciascuno possa quanto prima far ritorno alla propria casa e alla propria famiglia. Per essi invoco dal Signore i doni della pazienza e della fiducia, insieme a tanta forza di sopportazione, per essere sempre docili alla volontà di Dio, confidando nella sua bontà paterna e provvidente.

L’affidamento a Maria

L’apprezzamento finale di Francesco è per il servizio alle persone inferme, servizio - ribadisce – “di umanità”, affidando il lavoro di tutti gli operatori alla “materna intercessione” della Vergine Maria Salus infirmorum.

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01 febbraio 2020, 12:41