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Francesco all’Ospedale St. Louis: accogliere e abbracciare ogni vita

Il Papa visita il St. Louis di Bangkok. Prima dell'incontro con i malati dell’ospedale cattolico thailandese, il Pontefice raccomanda al personale sanitario una "pietà speciale" e uno sguardo “che sostiene” l’altro, aprendosi “all’imprevisto” per dare testimonianza viva della cura e dell’attenzione verso i più vulnerabili

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Un Papa che accompagna “almeno un poco”, dice, malati e disabili “nel loro dolore” e vive “in prima persona” il “prezioso” servizio che la Chiesa offre al popolo thailandese, “specialmente ai più bisognosi”. Questa l’immagine di Francesco che a Bangkok fa visita all’Ospedale St. Louis, incontrando prima il personale medico, sanitario e ausiliario di tale centro assieme a quello di altri tre ospedali cattolici locali, e subito dopo in forma privata quanti lì assistiti. Ad accompagnare il Pontefice nel percorso, una folla assiepata in tutta l'area e soprattutto i canti dei bambini: la struttura è infatti conosciuta come il St. Louis Children's Hospital.

Il volto materno del Signore

“Accogliere e abbracciare” la vita in qualsiasi condizione, evidenzia nel suo discorso in spagnolo. Quanti sono impegnati nel servizio ospedaliero, osserva, permettono di contemplare il “volto materno” del Signore che si china “a ungere e sollevare i suoi figli”. Per questo ringrazia sia le Suore di San Paolo di Chartres - a cui per prime nel 1898 fu affidato il complesso - e le altre religiose presenti, per la “silenziosa e gioiosa dedizione” a tale apostolato, sia il direttore dell’ospedale, Tanin Intragumtornchai, che nel saluto introduttivo aveva ricordato il 120°anniversario di fondazione e specificato come la missione degli ospedali cattolici non sia quella di “fare affari” ma quella dell’amore, della compassione, del rispetto della dignità e dell’uguaglianza tra gli uomini.

Discepoli missionari

Francesco quindi ricorda il Vangelo di Matteo, nel passo in cui il Signore dice: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

È proprio nell’esercizio della carità che noi cristiani siamo chiamati non solo a manifestare che siamo discepoli missionari, ma anche a verificare la fedeltà della nostra sequela e quella delle nostre Istituzioni.

La dignità umana

Il Pontefice nota come nell’ospedale si compia una delle più grandi “opere di misericordia”, poiché l’impegno sanitario “va ben oltre una semplice e lodevole pratica della medicina”.

Tale impegno non può ridursi solo a realizzare alcune azioni o determinati programmi, ma dovete andare al di là, aperti all’imprevisto. Accogliere e abbracciare la vita come arriva al Pronto Soccorso dell’ospedale per essere trattata con una pietà speciale, che nasce dal rispetto e dall’amore per la dignità di tutti gli esseri umani. Anche i processi di guarigione richiedono e rivendicano la forza di un’unzione capace di restituire, in tutte le situazioni che si devono attraversare, uno sguardo che dà dignità e che sostiene.

Anziani, giovani, vulnerabili

Si è discepoli missionari, insiste, quando “guardando un paziente” si impara “a chiamarlo per nome”, nonostante si presti un servizio “pesante e stancante”, in “situazioni estreme”, che richiede peraltro un percorso di accompagnamento e assistenza anche per gli operatori.

Da qui l’importanza di sviluppare una pastorale della salute in cui, non solo i pazienti, ma tutti i membri di questa comunità possano sentirsi accompagnati e sostenuti nella loro missione. Sappiate anche che i vostri sforzi e il lavoro delle tante istituzioni che rappresentate sono la testimonianza viva della cura e dell’attenzione che siamo chiamati a dimostrare per tutte le persone, in particolare per gli anziani, i giovani e i più vulnerabili.

L’amore risanante di Cristo

Francesco parla delle tante persone che nelle realtà cattoliche Channo ricevuto sollievo nel loro dolore”, sono state consolate nelle loro oppressioni e accompagnate nella loro solitudine.

Questo apostolato, e altri simili, siano sempre più segno ed emblema di una Chiesa in uscita che, volendo vivere la propria missione, trova il coraggio di portare l’amore risanante di Cristo a tutti coloro che soffrono.

Il grido di dolore di Gesù

La malattia, evidenzia, porta con sé “grandi interrogativi”: la prima reazione può essere quella di ribellione, ma anche di “sconcerto e desolazione”.

È il grido di dolore, ed è bene che sia così: Gesù stesso lo ha patito e lo ha fatto suo. Con la preghiera anche noi vogliamo unirci al suo grido. Unendoci a Gesù nella sua passione scopriamo la forza della sua vicinanza alla nostra fragilità e alle nostre ferite. È un invito ad aggrapparci alla sua vita e al suo sacrificio.

La protezione di Maria

L’esortazione finale è affinché si possa trovare, in una “mano tesa”, l’aiuto necessario per scoprire il conforto del Signore che “ci sta vicino e ci accompagna”, confidando nella protezione di Maria, specialmente “nel momento del dolore, della malattia e di ogni forma di vulnerabilità”, perché aiuti ad “incontrare il suo Figlio nella carne ferita delle persone” sofferenti. E all’ospedale lascia in dono un frammento di un antico affresco della Madonna che, con un abbraccio tenero e avvolgente, stringe a sé Gesù Bambino.

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21 novembre 2019, 05:42