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Giappone, padre Sugawara: la fede come antidoto alla solitudine

“Proteggere ogni vita” è il motto della seconda tappa, in Giappone, del 32° Viaggio apostolico di Papa Francesco. Un Paese in cui diffusi sono i suicidi e la rincorsa spasmodica verso il denaro offusca la dimensione spirituale. Intervista al gesuita giapponese padre Sugawara docente alla Gregoriana

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Padre Yuji Sugawara SJ è ordinario di Diritto Canonico alla Pontificia Università Gregoriana. E’ originario di una città a trecento chilometri a nord di Fukushima, andata completamente distrutta dalla triplice tragedia, terremoto, tsunami e incidente nucleare, che nel 2011 devastò quella regione. “La zona rurale dove sono nato – racconta a Radio Vaticana Vatican News – è stata cancellata, totalmente”. Proprio quel disastro sarà rievocato dal Papa nell’incontro con le vittime previsto a “Bellesalle Hanzomon” prima della Messa che il 25 novembre il Santo Padre presiederà nel Tokyo Dome.

L’importanza di fare memoria del ‘triplice disastro’

“Ci sarà anche mio fratello in quel gruppo che il Papa incontrerà”, spiega il gesuita. “Lui sta coordinando i volontari che vanno ad aiutare per ricostruire la zona. E’ abitata da pochissimi, le chiese parrocchiali sono piccole. Mio fratello mi racconta che tuttavia è aumentato il numero di partecipanti alle messe dopo lo tsunami e la gente è più unita e ha incominciato ad aiutarsi reciprocamente. Ovviamente ci sono difficoltà, tristezza per ciò che è accaduto, la regione è povera, però sta avvenendo che appartenenti a diverse religioni, cattolici, protestanti, buddisti, shintoisti, collaborano insieme per sostenere le persone più emarginate, le comunità sono più vivaci e non si insiste tanto sul domandarsi ‘quale Dio è più grande’. L’arrivo di Papa Francesco sarà una occasione per riscoprire la necessità di tutelare la nostra casa comune, il creato.

Il cammino della Chiesa nel Sol Levante

Padre Sugawara ricorda che, dopo l’arrivo di Francesco Saverio, in Giappone c’è stata una fioritura del cristianesimo ma è stata anche un’epoca di grande persecuzione. “Come Chiesa cattolica aspettiamo il riconoscimento di questa sofferenza. Per due secoli e mezzo il cristianesimo fu proibito con la pena di morte. Nonostante il divieto di professare il proprio culto, un gruppo a Nagasaki ha mantenuto viva la fiaccola delle fede, pur senza sacerdoti, nell’attesa di nuovi missionari. Un’altra fioritura del cristianesimo si sarebbe avuta a fine ‘800”. L’omaggio ai Martiri a Nagasaki sarà uno dei momenti più importanti della visita del Papa in questa terra”.

La priorità di costruire relazioni in una società atomizzata

“La gente ha paura di un nuovo disastro nucleare – dice Sugawara - anche se è vero che il popolo giapponese ha l’inclinazione a dimenticare il dolore. Il Giappone, si sa, è un Paese economicamente stabile, ricco, il sistema educativo è buono, poche persone muoiono di fame, non è una terra dove arrivano profughi. I giapponesi sono protesi a dare importanza quasi esclusiva alla prosperità e al denaro, non alla vita spirituale. In questo senso, dimenticano, rimuovono il dolore, il dolore degli altri. Invece una sana operazione di memoria storica è necessaria. Gli anziani, i disabili, gli ammalati vengono frequentemente abbandonati, gli stessi giovani. Categorie di persone non utili immediatamente al profitto. Molti si suicidano. La solitudine è una malattia vera e propria, molto diffusa. Non c’è, insomma, gente che muore di fame ma ciò non vuol dire che non esistano persone che soffrono”.

 

Ascolta l'intervista a padre Sugawara

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19 novembre 2019, 14:18