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Il Papa: la Chiesa non è roccaforte ma tenda che accoglie tutti

All’udienza generale in Piazza San Pietro, davanti a migliaia di pellegrini, Francesco rimarca la natura della Chiesa, che o è “in uscita” o non è Chiesa, e l’essenza della sinodalità. Ai vescovi e ai presbiteri il richiamo alla responsabilità della comunione

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

La Chiesa non è una roccaforte ma una tenda capace di allargare il suo spazio e di dare accesso a tutti. Lo ripete più volte il Papa nella catechesi di questa assolata e gremita udienza generale, ancora incentrata sul Libro degli Atti degli Apostoli e sul viaggio della Parola di Dio nel mondo, iniziato in seguito ad una forte persecuzione che però invece di fermare l’evangelizzazione stessa, diventa opportunità per allargare il campo, per cercare e percorrere nuove strade. I cristiani infatti, devono fuggire, dice Francesco a braccio, ma fuggono con la Parola, e la spargono un po' dappertutto. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Emerge dal Libro degli Atti la natura della Chiesa, che non è una roccaforte, ma una tenda capace di allargare il suo spazio perché entrino tutti, e di dare accesso a tutti. La Chiesa è “in uscita” o non è Chiesa, o è in cammino o è allargando sempre perché entrino, o non è Chiesa. E’ «una Chiesa con le porte aperte», sempre con le porte aperte.

Mai chiudere le porte

Le porte chiuse nel linguaggio cristiano e non solo, insiste il Pontefice, non sono mai un buon segno, perciò è bene evitare la freddezza e il rifiuto che esse generano. 

Io, quando vedo qualche chiesetta qui, in questa città, o nell’altra diocesi da dove vengo, con le porte chiuse, questo è un segnale brutto. Le chiese devono avere sempre le porte aperte perché questo è il simbolo di cosa è una chiesa: sempre aperta. La Chiesa è «chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. [...] Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa.

L'annuncio ai pagani

Partendo da Antiochia, centro di propulsione missionaria, Paolo e Barnaba, “inviati dallo Spirito”, prosegue il Papa, attraversano vari luoghi. E l’annuncio della Parola con loro raggiunge per la prima volta anche gli ambienti popolari pagani. Una grande novità questa che scatena però una controversia molto animata tanto che alcuni giudei affermano la necessità della circoncisione per la salvezza. Per dirimere la questione, Paolo e Barnaba convocano allora il consiglio degli apostoli e degli anziani a Gerusalemme, che è ritenuto il primo concilio della storia della Chiesa chiamato a far luce su una questione teologica, spirituale e disciplinare molto delicata, cioè il rapporto tra la fede in Cristo e l’osservanza della Legge di Mosè.

Decisivi nel corso dell’assemblea sono i discorsi di Pietro e Giacomo, «colonne» della Chiesa-madre. E questi due invitano a non imporre la circoncisione ai pagani, ma a chiedere loro soltanto di rigettare l’idolatria e tutte le sue espressioni. Dalla discussione viene la strada comune, e tale decisione, ratificata con la cosiddetta lettera apostolica inviata ad Antiochia

Sinodalità e dialogo

Riprendendo il racconto dell’assemblea di Gerusalemme, Francesco rimarca l’essenza della sinodalità, la stessa che i padri sinodali riuniti ancora in Vaticano per il Sinodo sull'Amazzonia, stanno ancora sperimentando in questi ultimi giorni prima della chiusura dell'Assise. 

L'assemblea di Gerusalemme ci offre una luce importante sulle modalità con cui affrontare le divergenze e ricercare la «verità nella carità. Ci ricorda che il metodo ecclesiale per la risoluzione dei conflitti si basa sul dialogo fatto di ascolto attento e paziente e sul discernimento compiuto alla luce dello Spirito. È lo Spirito, infatti, che aiuta a superare le chiusure e le tensioni e lavora nei cuori perché giungano, nella verità e nel bene, perché giungano all’unità. Questo testo ci aiuta a comprendere la sinodalità. E’ interessante come scrivono la Lettera: incominciano, gli Apostoli, dicendo: “Lo Spirito Santo e noi pensiamo che …”: è proprio della sinodalità, la presenza dello Spirito Santo. Al contrario non è sinodalità, è parlatorio, parlamento, altra cosa …

Rafforzare la comunione

L’invocazione che il Pontefice leva a Dio prima dei saluti nelle diverse lingue e dell'appello per il Cile, è che in tutti i cristiani, soprattutto nei vescovi e nei presbiteri, sia rafforzato il desiderio ma anche la responsabilità della comunione.

Ci aiuti a vivere il dialogo, l’ascolto e l’incontro con i fratelli nella fede e con i lontani, per gustare e manifestare la fecondità della Chiesa, chiamata ad essere in ogni tempo «madre gioiosa» di molti figli

Il ricordo del cardinale Kozłowiecki

Salutando i fedeli polacchi, Francesco rivolge un pensiero particolare agli organizzatori della mostra dedicata al cardinale Adam Kozłowiecki, inaugurata ieri alla Pontificia Università Gregoriana. 

Negli anni della seconda guerra mondiale Egli fu prigioniero dei campi di concentramento di Auschwitz e di Dachau. In seguito, per oltre 60 anni, svolse il ministero missionario in Zambia. Con coraggio annunziava il Vangelo, intrepido lottò per la dignità e i diritti degli abitanti dell’Africa, promosse la costruzione di chiese, di scuole, di ospedali e di case di cura. L’opera di questo instancabile evangelizzatore polacco, possa aprire i nostri cuori alle necessità dei fratelli che vivono nei paesi di missione. Vi benedico di cuore.

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23 ottobre 2019, 10:22