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Il Papa ai cappellani militari: proteggere la dignità dei detenuti è un dovere morale

Papa Francesco riceve i partecipanti al 5° Corso internazionale per la formazione dei militari cappellani cattolici al diritto internazionale umanitario, organizzato dalla Congregazione dei Vescovi, e chiede che vengano rafforzate le norme delle Convenzioni di Ginevra siglate 70 anni fa, specie quelle sulla protezione dei prigionieri di guerra, che - dice - sono persone indipendentemente dalla gravità dei loro crimini

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Le norme del diritto internazionale umanitario sulla protezione della dignità dei detenuti vanno applicate anche nei conflitti armati, “indipendentemente dalla natura e dalla gravità dei crimini” che le persone detenute “possono aver commesso”. Perché “il rispetto della dignità e dell’integrità fisica della persona umana” non può essere legato alle “azioni compiute ma è un dovere morale a cui ogni persona e ogni autorità è chiamata”. E’ uno dei passaggi chiave del discorso di Papa Francesco ai 130 partecipanti, da 70 diversi Paesi, e ai docenti del quinto Corso internazionale per la formazione dei militari cappellani cattolici al diritto internazionale umanitario, che si sta tenendo in questi giorni all’Institutum Patristicum Augustinianum di Roma, organizzato dall’ufficio internazionale Ordinariati Militari della Congregazione dei Vescovi.

Settant'anni fa, la firma sulle Convenzioni di Ginevra 

Il corso quadriennale, che prevede tra i docenti esperti militari e rappresentanti delle Nazioni Unite, ha per tema “La privazione della libertà in situazioni di conflitti armati. La missione dei cappellani militari’, e si tiene proprio nel 70° anniversario della firma delle Convenzioni di Ginevra per la protezione delle vittime di guerra, sottoscritte il 12 agosto 1949. Nel ricordare l’anniversario, il Papa riafferma, nel discorso, “l’importanza che la Santa Sede accorda al diritto internazionale umanitario” e formula “l’auspicio che le regole che esso contempla siano rispettate in ogni circostanza. Là dove opportuno, esse siano ulteriormente chiarificate e rafforzate, specialmente per quanto concerne i conflitti armati non internazionali, e in particolare la protezione della dignità delle persone private della libertà personale per motivi connessi con questi conflitti”.

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Ogni essere umano è sacro, non un nemico da distruggere

Francesco rinnova anche l’esortazione rivolta quattro anni fa ai partecipanti alla precedente edizione del corso: “ricordare sempre, persino in mezzo alle lacerazioni della guerra, che ogni essere umano è immensamente sacro”. Come pure “respingere la tentazione di considerare l’altro come un nemico da distruggere e non come una persona, dotata di intrinseca dignità, creata da Dio a propria immagine”. Esortazioni, commenta il Pontefice, che assumono “significato ancora più pressante nei confronti delle persone private della libertà personale” nel corso di conflitti armati, perché “la vulnerabilità dovuta alla condizione di detenzione è aggravata dal fatto di trovarsi nelle mani delle forze combattenti avverse”.

Non di rado, le persone detenute nel contesto dei conflitti armati sono vittime di violazioni dei loro diritti fondamentali, tra cui abusi, violenze e diverse forme di tortura e trattamenti crudeli, disumani e degradanti.

Ricordo dei religiosi rapiti o uccisi in zona di guerra

Papa Francesco ricorda poi i tanti civili, “oggetto di rapimenti, sparizioni forzate e omicidi. Fra di loro, si contano anche numerosi religiosi e religiose, dei quali non si hanno più notizie o che hanno pagato con la vita la loro consacrazione a Dio e al servizio della gente, senza preferenze o pregiudizi di bandiere e di nazionalità”.

Assicuro la mia preghiera per tutte queste persone e per le loro famiglie, affinché possano avere sempre il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza.

Aiutare i militari a trovare elementi di incontro con tutti

Il Papa invita poi gli ordinari e cappellani militari, nell’adempimento della loro “missione di formazione della coscienza dei membri delle forze armate”, a non risparmiare sforzi “affinché le norme del diritto internazionale umanitario siano accolte nei cuori di coloro che sono affidati alla vostra cura pastorale”. La guida sono le parole di Gesù: “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Significa, chiarisce Francesco, aiutare i militari “a individuare nel patrimonio comune che lega tutti gli uomini, e che trae la sua origine già dal diritto naturale, quegli elementi che possono diventare ponte e piattaforma di incontro con tutti”.

I ministri di Cristo nel mondo militare sono anche i primi ministri dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali. Penso a quanti tra voi sono accanto ai militari in situazioni di conflitto internazionale, chiamati ad aprire le loro coscienze a quella carità universale che avvicina l’uomo all’uomo, qualunque sia la razza, la nazionalità, la cultura, la religione dell’altro.

Con i militari che non vogliono farsi derubare dei valori umani e cristiani

Il Pontefice sottolinea però l’importanza di un lavoro educativo preventivo, “complementare a quello delle famiglie e delle comunità cristiane”. Si tratta, spiega, “di formare personalità aperte all’amicizia, alla comprensione, alla tolleranza, alla bontà, al rispetto verso tutti; giovani attenti alla conoscenza del patrimonio culturale dei popoli, impegnati per una cittadinanza universale, per favorire la crescita di una grande famiglia umana”.

Il Concilio Vaticano II chiama i militari «ministri della sicurezza e della libertà dei popoli»: voi siete in mezzo a loro perché queste parole, che la guerra offende e annulla, possano essere realtà, possano dare senso alla vita di tanti giovani e meno giovani che, come militari, non vogliono farsi derubare dei valori umani e cristiani.

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Le immagini dell'udienza del Papa ai cappellani militari
31 ottobre 2019, 11:35