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Papa Francesco: le ragioni cristiane per la cura del creato

Oggi in coincidenza con gli ultimi giorni del Sinodo sull’Amazzonia e a distanza di poco più di quattro anni dalla Laudato sì’, esce un nuovo libro che raccoglie testi e discorsi di Papa Francesco sull’ambiente, oltre ad uno scritto inedito, con l’obiettivo di spiegare la visione cristiana dell’ecologia

Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano

In distribuzione da oggi “Nostra Madre Terra.  Una lettura cristiana della sfida dell'ambiente”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, con testi di Papa Francesco sull’ambiente, tra i quali uno inedito, e la prefazione del Patriarca Ecumenico Bartolomeo che ripercorre le tappe della loro collaborazione, specie nei messaggi in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, istituita nel 2015, che unisce la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa nelle comuni “preoccupazioni per il futuro del creato”.

Unità della famiglia umana

Nel primo capitolo, “Visione integra”, sono stati selezionati alcuni testi, soprattutto stralci della Laudato si’, che rilevano la necessità di proteggere la nostra casa comune attraverso l’unione di “tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”.  Tale premessa viene sviluppata nel capitolo “Da una sfida epocale a un’opportunità globale” attraverso l’analisi di alcuni brani dell’Enciclica di Papa Francesco sull’attuale stato di crisi ambientale, dove inquinamento, riscaldamento globale, cambiamenti climatici, perdita di biodiversità sono l’effetto di uno sfruttamento incontrollato destinato a crescere in modo esponenziale se in tempi brevi non si cambierà direzione. È necessaria una conversione ambientale - osserva il Papa - possibile attraverso la promozione di una vera educazione ecologica che crei, specialmente nei giovani, una consapevolezza e quindi una coscienza rinnovata.

Custodia del creato e diritto alla vita

Nella parte che raccoglie discorsi, udienze e omelie, emerge come Papa Francesco non si sottragga, fin dai primi giorni di Pontificato, dall’affrontare con massima urgenza un problema non più rinviabile. Si tratta di custodire il dono immenso che Dio ha fatto a ogni essere vivente ma soprattutto all’uomo, l’unico ad aver ricevuto il soffio di Dio “insufflato sul suo volto”. Papa Francesco sottolinea, attraverso le parole della Genesi, come custodia del creato e custodia della vita umana siano intimamente connesse e inscindibili. Le parole del Pontefice sono continui appelli al diritto alla vita, un diritto che passa attraverso parole chiave come responsabilità, giustizia, equità, solidarietà. Inoltre, per queste motivazioni fondanti, egli richiede libero accesso ai beni della terra necessari alla sopravvivenza, primi fra tutti l’acqua, senza alcuna discriminazione tra le genti.

Una lettura spirituale dell’ecologia

Nello scritto inedito che chiude il libro “Nostra Madre Terra”, Papa Francesco solleva lo sguardo e lo volge verso l’alto per offrire a tutti noi una visione sempre più ampia di un discorso che non è semplice preoccupazione per la salvaguardia dell’ambiente. Pur condividendone molti aspetti, non è paragonabile a una visione laica dell’ecologia. Sviluppa, infatti, la cosiddetta teologia dell’ecologia in un discorso profondamente spirituale.

L’amore di Dio al centro di tutto

Il creato è frutto dell’amore di Dio. L’amore di Dio verso ciascuna delle sue creature e soprattutto verso l’uomo al quale ha fatto il dono della creazione, luogo in cui “siamo invitati a scoprire una presenza. Ma ciò significa che è la capacità di comunione dell’uomo a condizionare lo stato della creazione (…) È dunque il destino dell’uomo a determinare il destino dell’universo”, scrive Papa Francesco. La connessione tra uomo e creato vive nell’amore e si corrompe se viene meno e non riconosce il dono che gli è stato dato. Lo sfruttamento delle risorse condotto in modo irresponsabile per accaparrarsi potere e ricchezza, concentrato nelle mani di pochi, crea un disequilibrio destinato a distruggere il mondo e l’uomo stesso.

Le strutture di peccato

Papa Francesco si chiede se questo stato di emergenza ambientale non possa diventare invece occasione per tornare indietro, scegliere la vita, e così rivedere i modelli economici e culturali realizzando giustizia e condivisione, dove ogni essere umano possa godere in pari dignità e diritti. I nostri tempi - rileva - hanno dimenticato la dimensione attiva e aperta dell’essere per privilegiare quella dell’avere, il possesso che porta alla chiusura, dove l’uomo si definisce e si riconosce solo in misura dei suoi beni materiali, così che chi non ha nulla “rischia di perdere anche il proprio volto, perché scompare, diventa uno di quegli invisibili che popolano le nostre città”. Le strutture di peccato, continua citando Giovanni Paolo II, “producono il male, inquinano l’ambiente, feriscono e umiliano i poveri, favoriscono la logica del possesso e del potere”. 

Ripartire dal perdono e dallo Spirito Santo

Non bastano una rivoluzione tecnologica e l’impegno individuale. La presa di coscienza passa soprattutto attraverso un “autentico spirito di comunione”. Si deve ripartire dal perdono. Chiedere perdono ai poveri, agli esclusi, prima di tutto, per essere capaci di chiedere perdono anche “alla terra, al mare, all’aria, agli animali…”. Chiedere perdono significa per Papa Francesco rivedere totalmente il proprio modo di essere e di pensare, significa rinnovarsi profondamente. E il perdono è possibile solo nello Spirito Santo. È una grazia da implorare con umiltà al Signore. Il perdono è diventare attivi, intraprendere un cammino insieme e mai in solitudine.

La visione del credente: a partire dall’Eucaristia

Così Papa Francesco aggiunge che oltre che rivedere i propri stili di vita, cambiare mentalità, occorre avere una visione. Il credente apprende la visione dalla liturgia e specialmente nella celebrazione della santa Messa. Il pane e il vino sono i primi cibi che l’uomo ha ottenuto trasformando i frutti della natura, grano e uva, con il proprio ingegno. L’uomo offre pane e vino a Dio ed Egli, attraverso lo Spirito Santo, li trasforma in Corpo e Sangue di Cristo. Li restituisce nel dono più grande: suo Figlio. Pane e vino si inseriscono in una circolarità di simboli: dono di Dio, impegno dell’uomo, lavoro, fatica; cibo necessario e quotidiano il pane, gioia e festa il vino: “E come nell’Eucaristia il pane e il vino diventano Cristo perché bagnati dallo Spirito, l’amore personale del Padre, così la creazione diventa parola personale di Dio quando è usata con amore”.  In queste parole la speranza di Papa Francesco.

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24 ottobre 2019, 07:15