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Mauritius, la preghiera di Francesco sulla tomba del beato pére Laval

Prima degli incontri al palazzo presidenziale di Port Louis, Papa Francesco ha pregato in silenzio nel santuario dedicato al missionario francese, “Apostolo dei neri”, beatificato da san Giovanni Paolo II nel 1979, che è molto venerato nell’Isola, nel giorno della sua memoria liturgica

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

L’ immagine di Papa Francesco in preghiera davanti alla tomba del beato Jacques-Désiré Laval, nel giorno nel quale la Chiesa fa memoria dell’”Apostolo dei neri”, resterà una delle icone di questo viaggio apostolico in Africa. Perché il medico francese arrivato nell’isola di Mauritius nel 1841, a 38 anni, dopo aver lasciato la professione per farsi missionario, è davvero tanto venerato in quest’Isola. Il Papa, nell’omelia della Messa per i fedeli mauriziani, ha sottolineato che “L’amore per Cristo e per i poveri segnò la sua vita in modo tale da proteggerlo dall’illusione di compiere un’evangelizzazione ‘distante e asettica’. Sapeva che evangelizzare comporta farsi tutto a tutti, imparò la lingua degli schiavi appena liberati e annunciò loro in maniera semplice la Buona Notizia della salvezza”.

L’omaggio floreale alla tomba dell’ “Apostolo dei neri”

La visita privata di Francesco al santuario dedicato a père Laval avviene dopo il pranzo con i cinque vescovi della Conferenza episcopale dell’Oceano Indiano, al termine del quale il Pontefice ha benedetto un’icona del Beato. Papa Francesco è accolto, all’ingresso della chiesa della Santa Croce all’interno delle cui mura si trova il santuario, da tre vescovi della Cedoi, dal parroco e dal responsabile del tempio. Una famiglia accoglie il Papa all’ingresso del nuovo santuario, realizzato nel 2014, e gli dona dei fiori che Francesco depone sulla tomba del Beato, prima di raccogliersi per una preghiera silenziosa.

Nell’omelia: ha saputo dare fiducia agli scartati

La tomba, sovrastata da una teca in vetro che custodisce una raffigurazione in cera del Beato, è sovrastata da un grande crocifisso, riproduzione di quello accanto al quale il religioso, della Congregazione dello Spirito Santo, accettò, per la prima ed unica volta, di farsi fotografare. Il Pontefice avrà ripetuto nella mente le parole usate nell’omelia del mattino, per ricordare che il missionario francese “ha saputo radunare i fedeli e li ha formati ad intraprendere la missione e creare piccole comunità cristiane in quartieri, città e villaggi vicini, piccole comunità molte delle quali sono all’origine delle attuali parrocchie. Era sollecito nel dare fiducia ai più poveri e agli scartati, in modo che fossero i primi a organizzarsi e trovare risposte alle loro sofferenze”.

Un santuario finanziato nel 2014 da una sottoscrizione

Alla visita privata nel santuario realizzato grazie ad una sottoscrizione pubblica, il contributo dello Stato e anche di mauriziani di altre religioni, in occasione del 150esimo anniversario della morte di père Laval, assistono circa 65 fedeli, quando il tempio ne può accogliere 250 (il vecchio santuario, che risale al 1870, solo 120). All’uscita, il Papa saluta 12  malati e 20 familiari dei tossicodipendenti accolti presso la “Casa A”, un centro di accoglienza gestito da un diacono permanente e dalla moglie.

Il dono dell’icona della “Madonna della Tenerezza”

Francesco lascia in dono al santuario un’icona della “Madonna della Tenerezza”, ispirata alla celebre icona conosciuta nell’ambito della cultura cristiana bizantina come “Madonna di Vladimir”, e che sottolinea quella particolare quanto naturale dolcezza che c’è tra la Madre ed il Bambino, con quell’abbraccio culminante nel delicato contatto delle guance.

Il beato père Laval, l’evangelizzatore degli ex schiavi

Il beato Jacques-Désiré Laval nasce a Croth, nella diocesi di Evreux, in Francia, l’8 settembre 1803 da una famiglia borghese che lo spinge a laurearsi in medicina. Scampato ad un incidente, decide di abbandonare la professione per farsi missionario. Mandato nel 1841 nell’isola di Mauritius, si dedicò con entusiasmo all’evangelizzazione dei neri che erano stati per legge liberati dalla schiavitù, ma abbandonati a sè stessi. Durante le epidemie di colera che colpiscono il Paese nel 1854, 1857 e 1862, fonda numerosi ospedali. Apre scuole elementari, costruisce cappelle per la formazione spirituale e promuove l’integrazione sociale della popolazione.

La sua “incarnazione” nel mondo della negritudine

La sua “scelta di campo” suscita però gravi conflitti con gli altri missionari e perfino con il vescovo, che vogliono dedicarsi soltanto ai figli dei coloni bianchi. La sua “incarnazione” nel mondo della “negritudine” lo porta a valorizzare tutti gli elementi positivi della cultura locale, ma anche della religiosità indigena. Debilitato nel fisico dalla vita di privazioni e digiuni che si è imposto, a 59 anni viene colpito da apoplessia e muore il 9 settembre 1864. Al funerale partecipano 40 mila persone. Viene beatificato da san Giovanni Paolo II il 29 aprile 1979, primo Beato da lui voluto, sottolineando il fatto che si era messo “da una parte”, dalla parte degli ultimi, i neri in tempo di razzismo.

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09 settembre 2019, 17:26