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Mons. Diamantino Antunes, vescovo di Tete, Mozambico Mons. Diamantino Antunes, vescovo di Tete, Mozambico 

Il Mozambico attende il Papa tra gioia e speranza

Il prossimo 4 settembre al via il viaggio di Papa Francesco in Africa. Il vescovo di Tete, diocesi del Mozambico, prima tappa della visita apostolica: “C’è una grande aspettativa da parte di tutti. Il Santo Padre verrà per confermare il popolo nel cammino di comprensione reciproca e di pace”

Federico Piana - Città del Vaticano

Il 31° viaggio apostolico del Pontefice in Africa inizierà mercoledì prossimo. In sette giorni, il Santo Padre visiterà Mozambico, Madagascar e Maurizio. Profetico il motto del suo pellegrinaggio dedicato interamente alla speranza, alla pace ed alla riconciliazione. Nella prima tappa, il Mozambico, Papa Francesco, dopo l’incontro con le autorità locali, la società civile ed il corpo diplomatico, abbraccerà i giovani di tutte le religioni e si stringerà ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi ed ai fedeli per confermarli nella fede. In Mozambico la presenza dei cristiani, soprattutto cattolici, si attesta intorno al 38% mentre gli appartenenti alla religione animista toccano quota 60% ; i musulmani sfiorano il 2%.

Tete: prototipo delle periferie che stanno a cuore Papa Francesco

Tete è tra le diocesi del Paese con il numero più alto di cattolici: conta una quarantina di sacerdoti e un centinaio di religiosi, uomini e donne. Le parrocchie sono ventinove per un territorio sconfinato di oltre centomila chilometri quadrati. E non è poi da considerare stravagante che ogni sacerdote di Tete abbia all’attivo più di seimila battesimi all’anno. Tete è il prototipo di periferia ricca di vitalità ed in costante fermento che sta a cuore a Papa Francesco: un’economia difficile ma in lenta ripresa, sacche di povertà estrema con ampi villaggi dove anche l’energia elettrica razionalizzata diventa un bene di lusso.

Pace, speranza, riconciliazione

Quando al vescovo, monsignor Diamantino Guapo Antunes, gli si domanda qual è lo stato d’animo dei fedeli della sua diocesi che si preparano ad accogliere il Papa, lui risponde utilizzando un sostantivo che spazza via ogni dubbio: la gioia. “Tutto il popolo mozambicano ama Papa Francesco e lo considera un uomo di pace. C’è una grande aspettativa da parte di tutti” dice. E pensando alla speranza aggiunge che i suoi fedeli, così come tutto l’intero popolo mozambicano, sono convinti che sia proprio questa la virtù della quale il Paese ha ora bisogno: “Senza speranza non ci può essere né pace né riconciliazione. Lo stesso Santo Padre, in un messaggio recapitato a noi vescovi la scorsa settimana, ci ha detto di voler venire a raccogliere i frutti della visita di speranza, pace e riconciliazione fatta nel settembre del 1988 da San Giovanni Paolo II”.

Confermare il popolo nel cammino di comprensione reciproca

E il raccolto della semina di San Giovanni Paolo II si può definire copioso: un accordo di pace firmato nel 1992 tra le due fazioni armate in lotta da decenni grazie alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio. Intesa che ha portato ad una pacificazione e una ripresa economica e sociale. “Ma ovviamente non basta – precisa monsignor Diamantino Guapo Antunes -. Nonostante nel Paese ci sia una sostanziale tranquillità persistono dei focolai di violenza. Quindi la presenza del Papa potrà aiutare il popolo mozambicano ad essere confermato nella speranza e nella pace”.

Lotta alle sette, sfida per la Chiesa mozambicana

La Chiesa della diocesi di Tete, specchio di quella dell’intero Mozambico, è vitale e vivace. Monsignor Diamantino Guapo Antunes racconta che l’influsso positivo e capillare della Chiesa arriva in ogni angolo del Paese, nonostante le statistiche ed i numeri. “E’ una Chiesa che si fa notare per il suo servizio di evangelizzazione ma anche per quello della promozione umana: salute ed educazione, ad esempio”. Poi individua una delle sfide complesse, che coinvolge direttamente anche la sua diocesi. “E’ quella della presenza massiccia delle sette di origine africana. Stanno crescendo in modo esponenziale anche nella comunità cattolica e dobbiamo fare ogni sforzo per fermare il loro proselitismo. Magari ridando una forte identità ai nostri battezzati”.

Ascolta l’intervista a mons. Antunes

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02 settembre 2019, 14:15