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Papa Francesco: Cristo ci vuole vivi, la vocazione è un cammino che dura tutta la vita

Nella sala del Concistoro, il Pontefice riceve in udienza i partecipanti al Congresso dei Centri nazionali per le vocazioni delle Chiese di Europa, mettendo a fuoco alcune linee operative. La sintesi del discorso consegnato

Barbara Castelli – Città del Vaticano

“Oggi la vita di tutti è frammentata e a volte ferita”: “radicarsi in Cristo è la via maestra per lasciare che la sua opera ci ricomponga”. E’ l’esortazione che Papa Francesco rivolge nel discorso consegnato ai partecipanti al Congresso dei Centri nazionali per le vocazioni delle Chiese di Europa, precisando che “accompagnare e formare la vocazione” vuol dire “acconsentire all’opera artigianale di Cristo, che è venuto a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi”. Rivolgendosi ai responsabili della pastorale vocazione in Europa, riuniti nella sala del Concistoro, Papa Bergoglio traccia tre linee fondamentali: “la santità, come chiamata che dà senso al cammino di tutta la vita; la comunione, come “humus” delle vocazioni nella Chiesa; e la vocazione stessa”.

La vocazione dura tutta la vita

“La giovinezza è la stagione privilegiata delle scelte”, tuttavia, è naturale, quindi, pensare ai giovani quando si parla di vocazione, senza dimenticare che quest’ultima riguarda “il tempo della giovinezza quanto all’orientamento e alla direzione da assumere in risposta all’invito di Dio, e riguarda la vita adulta nell’orizzonte della fecondità e del discernimento del bene da compiere”.

Molto spesso abbiamo considerato la vocazione come un’avventura individuale, credendo che riguardi soltanto “me” e non prima di tutto “noi”. In realtà, “nessuno si salva da solo, ma si diventa santi insieme”. “La vita dell’uno è legata alla vita dell’altro”, ed è necessario che ci prendiamo cura di questa comune santità di popolo.

Camminare insieme

“La pastorale non può che essere sinodale”, prosegue il Pontefice nel discorso consegnato, “e la sinodalità è figlia della comunione”. Lungi da “logiche mondane”, dalla “comunione della Chiesa nasceranno nuove vocazioni”.

Ciò appartiene anche ad alcuni tratti della cultura odierna e la sofferta storia politica dell’Europa è di monito e fa da sprone. Solo riconoscendoci veramente comunità – aperte, vive, inclusive – diventeremo capaci di futuro. Di questo i giovani hanno sete.

Felicità, libertà, comunità

La parola “vocazione”, ricorda Papa Francesco, ha scandito tutti i lavori del recente Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani.

Conosco alcune comunità che hanno scelto di non pronunciare più la parola “vocazione” nelle loro proposte giovanili, perché ritengono che i giovani ne abbiano paura e non partecipino alle loro attività. Questa è una strategia fallimentare: togliere dal vocabolario della fede la parola “vocazione” significa mutilarne il lessico correndo il rischio, presto o tardi, di non capirsi più.

Essere “uomini e donne, laici e consacrati appassionati, ardenti per l’incontro con Dio” è, invece, un passo fondamentale per cedere alle lusinghe della “dea lamentela”, che oggi moltiplica i suoi seguaci con “gioie passeggere”.

Invece la felicità è più profonda, permane anche quando la gioia o l’entusiasmo del momento scompaiono, anche quando sopraggiungono le difficoltà, il dolore, lo scoraggiamento, la disillusione. La felicità rimane perché è Gesù stesso, la cui amicizia è indissolubile.

Infine, nel contesto della vocazione, che “è sempre per e con gli altri” perché “nella Chiesa nulla si compie da soli”, un pensiero alla libertà.

È vero che la parola “vocazione” ai giovani può fare paura, perché spesso è stata confusa con un progetto che toglie la libertà. Dio, invece, sostiene sempre fino in fondo la libertà di ciascuno (cfr ibid., 113). È bene ricordarlo, soprattutto quando l’accompagnamento personale o comunitario innesca dinamiche di dipendenza o, peggio, di plagio. Questo è molto grave, perché impedisce la crescita e il consolidarsi della libertà, soffoca la vita rendendola infantile.

Una foresta che cresce senza fare rumore

Papa Bergoglio incoraggia tutti a “gettare di nuovo le reti nel nome del Signore”, perché “lo Spirito continua a suscitare vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”. “Penso alle tante comunità di vita consacrata che operano capillarmente nella carità e nella missione”, insiste, “penso alla vita monastica, nella quale affondano le radici dell’Europa e che ancora è capace di attrarre molte vocazioni”; “penso all’impegno sincero di innumerevoli sacerdoti, diaconi, consacrati, consacrate e vescovi”, la cui opera a servizio dei giovani “è una foresta che cresce senza fare rumore”.

Non abbiate paura di accettare la sfida di annunciare ancora la vocazione alla vita consacrata e al ministero ordinato. La Chiesa ne ha bisogno! E quando i giovani incontrano uomini e donne consacrati credibili, non perché perfetti, ma perché segnati dall’incontro col Signore, sanno gustare una vita differente e interrogarsi sulla loro vocazione.

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06 giugno 2019, 13:03