2019.05.31 Viaggio Apostolico in Romania 2019.05.31 Viaggio Apostolico in Romania 

La gioia della gente per la visita del Papa in Romania

L'eco del viaggio apostolico di Papa Francesco in Romania è stato forte fra la gente, non solo per i cattolici. Anche persone non praticanti sono rimaste colpite. Questo e altri aspetti della visita in Romania nell'intervista a mons. Claudiu Pop, vescovo di curia dell’archieparchia maggiore della Chiesa greco-cattolica di Romania a Blaj e responsabile dei media della Conferenza episcopale romena

Debora Donnini - Bucarest

Tre giorni intensi sono stati quelli vissuti dai cattolici della Romania con la presenza di Papa Francesco in varie zone dal Paese. Da Bucarest a Sumuleu Ciuc, da Iasi a Blaj, il Papa ha visitato le differenti comunità cattoliche, ha pregato con loro, ha anche incontrato il Patriarca ortodosso Daniel, il Sinodo permanente e nella nuova cattedrale ortodossa c’è stata la Preghiera del Padre Nostro. Momenti indimenticabili per un Paese che per la seconda volta riceve la visita di un Pontefice. Ripercorriamo alcune tappe del percorso fisico e spirituale del Papa in Romania con mons. Claudiu Pop, vescovo di curia dell’archieparchia maggiore della Chiesa greco-cattolica di Romania a Blaj e responsabile dei media della Conferenza episcopale della Romania:

Ascolta l'intervista a mons. Pop

R. - In una Romania che sta lottando ancora per superare varie contraddizioni sociali, per guarire ferite, il Papa veramente sta portando una boccata di aria fresca, non solo a noi ma anche alla gente semplice. Stamattina all’ultimo momento qualcuno mi ha chiamato e mi ha detto che c’era un bambino ortodosso che si muove con difficoltà, è stato operato alle gambe e ha le stampelle. Ha fatto 400 chilometri per vedere il Papa e alla fine l’ha incontrato. Penso che sia stata una gioia inaspettata per questo bambino, per la sua famiglia! Il Papa che incontra questo bambino, il Papa che va a incontrare i rom qui, per noi è stata una gioia immensa. Ma una gioia - direi ancora di più - vedere gente che non conosceva tanto la Chiesa, che non era vicino - almeno vista dall’esterno - a Dio, avvicinarsi al Signore vedendo l’esempio del Santo Padre.

Quale significato assume la beatificazione di questi 7 vescovi martiri nel contesto attuale della Romania?

R. – Da un certo punto di vista, è una verità che emerge attraverso la visita del Santo Padre. Il Papa venendo a Blaj a beatificare questi martiri, mette in luce questa verità ma d’altra parte attraverso il modo tutto particolare di Papa Francesco di parlare della verità, di spiegare le cose, riscopriamo anche noi un senso vero del martirio: nei libri che raccontano le vite dei martiri o nelle loro autobiografie, non c’è traccia di risentimento.

Tutto il viaggio ha avuto una forte impronta mariana. Questo richiamo alla Vergine, molto cara agli ortodossi e anche ai cattolici, richiamata in modo esplicito negli incontri di sabato a Sumuleu Ciuc e a Iasi,  è importante per spingere a camminare insieme e così tessere il bene del Paese?

R. – La Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica si sentono molto legate all’immagine di Maria. E’ come avere un punto fermo e noi, come punti lontani, più ci avviciniamo a questo punto fermo, più ci avviciniamo anche tra di noi. Per me questi tempi sono tempi di Maria. Penso che il punto vero è lasciare da parte il passato, perdonare certamente: un perdono nella verità, non si può negare il passato. E Papa Francesco ci insegna così tante maniere, come Giovanni Paolo II, di chiedere perdono. Per esempio davanti a i rom ha chiesto perdono. Ha detto che spesso anche i cattolici, i cristiani, hanno preso parte a queste discriminazioni: "Chiedo perdono".

Il dialogo con gli ortodossi. Cosa l’ha colpita di più degli incontri con il Patriarca Daniel, con i fedeli ortodossi?

Da noi c’è una certa sensibilità verso Roma, c’è qualcosa che muove il cuore - ortodossi, cattolici - anche il Papa che viene da Roma è ricevuto con un’attenzione e una simpatia innata. Si è visto anche dal modo in cui rispondevano i fedeli quando il Santo Padre insieme al Patriarca hanno fatto il saluto: “Cristo è risorto (Christos a inviat)”. Tutti rispondevano in modo forte in questo incontro.

Come continuare i legami pastorali con i rom, dopo questo incontro di Francesco?

Per quanto riguarda la Chiesa greco-cattolica direi che non sono mancati questi incontri, i nostri vescovi erano presenti nelle loro comunità. Ioan Suciu, uno dei vescovi martiri, andava non in veste di vescovo a stare con loro. Tutti erano commossi. C’era gente che piangeva mentre il Papa parlava. I bambini si sono messi ai piedi di Francesco. Per loro è stato un grande onore. E forse anche un richiamo per loro stessi a riscoprire le loro tradizioni ed essere parte della società in modo attivo.

Uno dei richiami di Francesco è stato da una parte a riscoprire le radici e, dall’altra, ha sottolineato che pellegrinare significa sentirsi spinti a procedere chiedendo al Signore la grazia di trasformare i vecchi rancori in nuove opportunità per la comunione. Questa è forse una chiave anche per il ricco mosaico che costituisce la Romania?

Penso di sì. Con il suo atteggiamento, con il suo linguaggio ci traduce il messaggio del Signore e ci esorta a riscoprire l’importanza di ognuno di noi, ogni pezzettino del mosaico.

Come vescovo della Chiesa greco-cattolica, con quale emozione ha vissuto la beatificazione di questi 7 vescovi?

Sono pieno di gioia nel Signore. Tanta gente non pensava fosse possibile una cosa così. Come vescovo sono rimasto senza parole perché le parole non riescono più esprimere  la gioia del cuore. Per me, sapere che ho partecipato alla beatificazione dei vescovi miei predecessori, è una gioia certamente ma anche un forte richiamo alla responsabilità

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03 giugno 2019, 06:30