L'incontro di Papa Francesco con i gesuiti della Romania lo scorso 31 maggio L'incontro di Papa Francesco con i gesuiti della Romania lo scorso 31 maggio 

Francesco ai gesuiti in Romania: reagite alla "calma piatta"

No alla tentazione dell'indifferenza: lo ha detto il Papa ai gesuiti della Romania durante il suo recente viaggio apostolico nel Paese. Francesco ha affermato che è nella preghiera e in mezzo al popolo di Dio che trova consolazione. E di fronte alle critiche ha raccomandato la mitezza. L'incontro con i religiosi sul numero de "La Civiltà Cattolica" in uscita oggi

Adriana Masotti - Città del Vaticano

A Papa Francesco non piacciono i monologhi, gli piace invece entrare in contatto con le persone attraverso uno scambio di domande e risposte. Lo ha dimostrato anche nel recente incontro con i gesuiti che lavorano in Romania, durante il suo viaggio apostolico nel Paese dal 31 maggio al 2 giugno scorsi. Per loro ha trovato il tempo di una conversazione, in un clima disteso e familiare, alla fine del primo giorno, erano le 20, una volta rientrato in Nunziatura a Bucarest. 22 i gesuiti presenti all'incontro a cui hanno partecipato anche padre Gianfranco Matarazzo, provinciale della Provincia euro-mediterranea della Compagnia, l’assistente del preposito generale per l’Europa meridionale, padre Joaquín Barrero, il delegato per la Romania, padre Michael Bugeja, e il superiore, padre Henryk Urban. "Fate domande… Palla al centro!", ha esordito Francesco. Così su "La Civiltà Cattolica" di oggi, riferisce padre Antonio Spadaro che nel suo articolo descrive quel momento di dialogo e di comunione. 

Di fronte a critiche e tensioni ci vuole mitezza e pazienza

La prima domanda riguarda i gesuiti stessi, apprezzati da tanti, ma a volte anche criticati. Come comportarsi nei momenti difficili? “Ci vuole pazienza”, risponde il Papa, bisogna “farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita” con le sue tensioni. Ci sono tempi “nei quali non si può andare troppo avanti, e allora bisogna avere pazienza e dolcezza”. E cita san Pietro Favre, “l’uomo del dialogo, dell’ascolto, della vicinanza” dicendo che, in tempo di critiche, bisogna fare come lui. E poi, dice: “Bisogna essere innanzitutto vicini al Signore con la preghiera”, e vicini “al popolo di Dio nella vita quotidiana”, per guarire le piaghe. “La Chiesa è tanto ferita", continua, ci sono tensioni anche al suo interno e allora ci vuole mitezza! "Questo non è il momento di convincere, di fare discussioni”, dice, e non bisogna “rispondere agli attacchi”. Indica poi l’esempio di padre Lorenzo Ricci, preposito generale della Compagnia nel 1758, che nelle sue lettere spiega che cosa i gesuiti devono fare nel momento della tribolazione: imitare Gesù che davanti alle accuse “è rimasto in silenzio”. E conclude: “Quando è in atto la persecuzione, restano da vivere la testimonianza e la vicinanza amante nella preghiera, nella carità e nella bontà. Si abbraccia la croce”.

Quali le consolazioni che accompagnano il Papa?

La seconda domanda è del provinciale che chiede al Papa di parlare delle consolazioni che lo accompagnano. Una domanda che piace a Francesco: “Quali sono le vere consolazioni? Quelle nelle quali il passo del Signore si fa presente – risponde - . Dove io trovo le più grandi consolazioni? Nella preghiera il Signore si fa sentire. E poi le trovo con il popolo di Dio”. In particolare con gli ammalati e gli anziani e con i giovani “che sono inquieti e cercano testimonianze vere”. E parla del 'sensus fidei' che il popolo di Dio possiede. “Ma dovete sentire le cose che mi dice la gente quando la incontro nelle udienze!”, e racconta di un dialogo con una vecchietta di 87 anni a cui alla fine ha chiesto: “Signora, preghi per me!". Tutti i giorni, risponde lei. E il Papa per scherzare insiste: “Mi dica la verità: prega per me o contro di me?”. E la pronta risposta dell’anziana: “Io prego per lei! Ben altri dentro la Chiesa pregano contro di lei!”. “La vera resistenza – conclude Francesco - non è nel popolo di Dio". E poi un altro aneddoto per dire che la gente accetta sì la teologia, ma vuole la concretezza dei gesti, come potrebbe essere una benedizione personale. “Nel popolo di Dio noi troviamo la concretezza della vita, delle vere questioni, dell’apostolato, delle cose che dobbiamo fare”.

La questione della nullità dei matrimoni 

La domanda che segue affronta la questione della nullità dei matrimoni e di come affrontare processi che non arrivano mai alla fine. I tribunali diocesani, viene detto, non funzionano. Francesco sottolinea la serietà del problema e osserva come le cause di nullità possano essere diverse, oppure che a far fallire un matrimonio che magari è valido, può essere l’immaturità psicologia, o ancora che sia preferibile per i figli la separazione tra gli sposi. “Il pericolo in cui rischiamo sempre di cadere è la casistica”, afferma e sottolinea che il grande passo avanti fatto dal recente Sinodo sulla famiglia è stato proprio quello di andare oltre la casistica. “Il Sinodo – spiega - ha fatto un cammino nella morale matrimoniale, passando dalla casistica della Scolastica decadente alla vera morale di san Tommaso”. Proprio quando si è parlato “di integrazione dei divorziati, aprendo eventualmente alla possibilità dei sacramenti”, continua il Papa, si è seguita “la morale più classica di san Tommaso, quella più ortodossa, non secondo la casistica decadente del “si può o non si può”. Ma, dice ancora, i tribunali diocesani servono, sono troppo pochi, e i processi devono essere brevi.

Il futuro della Chiesa greco-cattolica in Romania

La quarta domanda riguarda la Chiesa greco-cattolica che ha avuto un ruolo importante in Romania, ruolo che oggi, però, sembra esaurito. Eppure, si ricorda, Papa Francesco l’indomani avrebbe beatificato sette vescovi martiri di quella Chiesa…  Francesco ripete con san Giovanni Paolo II che la Chiesa respira con due polmoni e che “ il polmone orientale può essere ortodosso o cattolico”. E continua: "C’è tutta una cultura e una vita pastorale che va preservata e custodita. Ma l’uniatismo oggi non è più la via. Anzi, io direi che oggi non è lecito. Nell’oggi però - afferma ancora -  si deve rispettare la situazione e aiutare i vescovi greco-cattolici a lavorare con i fedeli”.

L'indifferenza è una forma di paganesimo

Altra domanda: un gesuita parroco in una località nel nord del Paese confessa: “Quel che mi fa più male è l’indifferenza”. Per Francesco l’indifferenza è una “delle grandi tentazioni di oggi (…) è la forma più moderna del paganesimo”. Perché nell’indifferenza “tutto è centrato sull’io”. E descrive una foto fatta da “L’Osservatore Romano”, intitolata proprio “Indifferenza”, in cui si accosta l’immagine di una signora ben vestita con quella di una donna per terra che chiede l’elemosina. Ma la signora elegante non la vede, “guarda da un’altra parte”. E dice che questa foto gli ha suggerito la cosiddetta “calma piatta”. E dice che secondo Sant’Ignazio se nell’anima “non ci sono né consolazioni né desolazioni non va bene. Se nulla si muove, si deve guardare che cosa succede”, perché viviamo quest’indifferenza interiore o perché in quella situazione c’è indifferenza. “Come posso io aiutare a smuovere le acque?” A me preoccupa, dice il Papa, “dove tutto è calma piatta, dove non si reagisce alla storia, quando non si ride e non si piange”. Una comunità così, conclude, “non ha orizzonti”.

I gesuiti, come la Chiesa, hanno tanti colori

Un altro gesuita chiede consiglio a Francesco su come gestire le diversità tra i gesuiti stessi che appaiono di tanti colori. Il Papa risponde che la diversità è una grazia, perché vuol dire “che la Compagnia non annulla le personalità”. Come gestirla? Attraverso il dialogo comunitario e il confronto fraterno. Ma fa anche un richiamo: “Quando è frutto di prese di posizione ideologiche chiuse, la diversità non serve” e va combattuta. L’ultima parola è di incoraggiamento: “Le difficoltà non devono mai bloccare. Bisogna sempre andare avanti. La pace poi la troveremo di là… “. 

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13 giugno 2019, 11:00