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“Pregate che l’Europa torni a essere il sogno dei Padri fondatori”

L’augurio di Francesco nel dialogo con i giornalisti sul volo verso Roma alla fine del viaggio in Romania: il politico non deve seminare odio e paura, soltanto speranza

Dal volo Sibiu - Roma

«L’Europa torni a essere il sogno dei Padri fondatori» è l’augurio che Papa Francesco ha formulato al termine della conferenza stampa sul volo verso Roma a conclusione del suo viaggio in Romania. All’inizio del dialogo con i cronisti al seguito, il Pontefice ha ricordato la Giornata delle Comunicazioni sociali che si celebra oggi.
«Oggi questa giornata chiama voi, il nostro pensiero va a voi: lavorate nelle comunicazioni, siete operatori e siete o dovrete essere testimoni della comunicazione. Oggi la comunicazione va indietro, in genere. Va più avanti il “contatto”, fare dei “contatti” e non arrivare a comunicare. Voi per vocazione siete testimoni del comunicare, dovete fare dei “contatti”, ma dovete comunicare. Un po’ meno contatti e più di comunicazione…».

Diana Coada Dumitrascu, di Tvr:

Milioni dei nostri connazionali sono emigrati negli ultimi anni. Qual è il suo messaggio per una famiglia che lascia i figli per andare a lavorare all’estero?

R. - «Questo mi fa pensare alla famiglia che si stacca, c’è sempre nostalgia del ritrovarsi. Staccarsi perché non manchi niente ai figli è un atto d’amore. Ieri abbiamo sentito quella signora che lavorava all’estero per aiutare la famiglia: è una situazione sempre dolorosa, se ne vanno per necessità. E tante volte questi sono i risultati di una politica mondiale che incide su questo. Io so la storia del tuo Paese dopo la caduta del comunismo e poi tante imprese straniere hanno chiuso per aprire altrove e guadagnare di più. Chiudere un’impresa e lasciare gente sulla strada. Questa è anche un’ingiustizia mondiale, generale: è mancanza di solidarietà. C’è sofferenza, non è facile nella situazione mondiale attuale offrire possibilità di lavoro, e pensare che voi avete un livello di nascite impressionante, non si vede qui l’inverno demografico! Ed è un’ingiustizia non avere lavoro per tanti giovani. Per questo auguro che si risolva questa situazione che non dipende solo dalla Romania ma dall’ordine finanziario mondiale. Tante gente rimane lì sola. Ci vuole solidarietà mondiale e in questo momento la Romania è alla presidenza dell’Unione Europea».

Cristian Micaci di Radioi Maria Romania:

Si è tanto parlato del camminare insieme, adesso le vorrei chiedere che cosa consiglia a noi: quali dovrebbero essere i rapporti tra le confessioni, tra cattolici e ortodossi? Quali i rapporti tra le varie etnie e nel mondo politico?

R. - «Direi il rapporto della mano tesa, quando ci sono dei conflitti. Oggi nel Paese c’è un alto livello di nascite, si deve fare un processo di avvicinamento tra diverse etnie, confessioni religiose, impegno, mano tesa, ascolto dell’altro. Con gli ortodossi: voi avete un grande patriarca, un uomo di grande cuore, un grande studioso, conosce la mistica dei padri del deserto, la mistica spirituale, ha studiato in Germania ed è anche uomo di preghiera. È facile avvicinarsi a Daniel, abbiamo parlato come fratelli. Andiamo insieme! Avendo sempre questa idea: ecumenismo non è arrivare alla fine della partita, delle discussioni. Si fa camminando, andando insieme, pregando insieme. Abbiamo nella storia l’ecumenismo del sangue: quando li uccidevano, ai cristiani non domandavano: tu sei cattolico? Sei ortodosso? Sei luterano? Chiedevano: tu sei cristiano? C’è l’ecumenismo della testimonianza, del sangue e poi l’ecumenismo del povero, lavorare insieme per aiutare i poveri, gli ammalati, gli infermi, come leggiamo nel capitolo 25 di Matteo. Camminare insieme, ma non aspettare che i teologi si mettano d’accordo per arrivare all’eucaristia comune. L’ecumenismo si fa insieme con le opere di carità e volendosi bene. In una città d’Europa c’era un buon rapporto tra l’arcivescovo cattolico e quello luterano. Il cattolico doveva venire in Vaticano domenica sera. Mi ha chiamato e mi ha detto: arrivo lunedì, perché il luterano mi ha detto che doveva andare via e mi ha chiesto “Vieni nella mia cattedrale a fare il culto. E lui lo ha fatto. Quando ero a Buenos Aires sono stato invitato dalla Chiesa scozzese a fare la predica alle loro funzioni. Si può camminare insieme: unità, fratellanza, mano tesa, non sparlare degli altri. Difetti ne abbiamo tutti».

Xavier Le Normand, di I-Media:

Al primo giorno lei si è recato nella cattedrale ortodossa, un momento bello, ma al momento della preghiera del Padre Nostro è stato un po’ duro perché eravate insieme ma non avete pregato insieme. A che cosa ha pensato quando è rimasto in silenzio durante il Padre Nostro in rumeno?

R. - «Farò una confidenza, non sono rimasto in silenzio, io ho pregato il Padre Nostro in italiano e ho visto la maggioranza della gente pregare sia un rumeno sia in latino. La gente va oltre noi capi. Noi capi dobbiamo fare equilibri diplomatici per assicurare che andiamo insieme, ci sono abitudini, è bene custodire perché le cose non si rovinino, ma il popolo prega insieme anche noi quando siamo da soli preghiamo insieme. Un’esperienza che ho fatto con tanti pastori e ortodossi. Sì noi abbiamo gente chiusa che dice che gli ortodossi sono scismatici: sono cose vecchie. Ci sono gruppi cattolici che sono un po’ integristi, dobbiamo pregare il Signore per loro. Ma io ho pregato per tutti e due. Non ho guardato Daniele, ma credo che anche lui ha fatto lo stesso.»

Manuela Tulli, dell’Ansa:

In queste elezioni leader come Salvini hanno fatto campagna mostrando simboli religiosi, rosari, croci, consacrazioni al Cuore Immacolato. Che cosa ha pensato? È vero che non lo vuole incontrare?

R. - «Io non ho ricevuto nessuno del governo, eccetto il premier Conte che ha fatto richiesta come da protocollo. È stata una bella udienza, di un’ora. È un uomo intelligente, professore, sa ciò di cui parla. Dai vicepremier e da altri ministri non ho ricevuto richieste di udienza. Sulle immagini in campagna elettorale: io ho confessato tante volte che di giornali ne leggo due: il giornale del partito, cioè “L’Osservatore Romano”, questo lo leggo e sarebbe bello che voi lo leggeste, perché lì ci sono chiavi di interpretazione molto interessanti e anche cose che io dico ci sono lì. E poi “Il Messaggero”, che mi piace, perché ha dei titoli grossi: io lo sfoglio così, alcune volte mi fermo lì. E non sono entrato in queste notizie delle propagande, come ha fatto un partito la propaganda elettorale o un altro. Ma c’è un terzo elemento, ma in questo mi confesso ignorante: io non capisco la politica italiana. E’ vero, devo studiarla: non la capisco. Dire un’opinione su atteggiamenti di una campagna elettorale di uno dei partiti senza informazione, così, sarebbe molto imprudente da parte mia. Io prego per tutti, perché l’Italia vada avanti, perché gli italiani si uniscano e siano leali. Anche io sono italiano perché sono figlio di emigranti italiani: nel sangue sono italiano. I miei fratelli, tutti hanno la cittadinanza. Io non ho voluto averla perché nel tempo che l’hanno acquisita io ero vescovo, e io ho detto: “No, il vescovo dev’essere della patria”, e non ho voluto prenderla. E per questo non la ho. C’è nella politica di tanti Paesi – tanti – la malattia della corruzione: dappertutto. Dappertutto: non dite domani “il Papa ha detto che la politica italiana è corrotta”: no. Io ho detto che una delle malattie della politica, dappertutto, è scivolare sulla corruzione… è universale. Per favore, eh? Non fatemi dire quello che non ho detto. E una volta mi hanno detto come sono i patti politici: figurati una riunione di nove imprenditori al tavolo; discutono per mettersi d’accordo sullo sviluppo delle loro imprese e alla fine, dopo ore e ore e ore e caffè e caffè e caffè, si mettono d’accordo. Hanno preso il verbale, fanno il riassunto, lo leggono … d’accordo? D’accordo. Mentre lo fanno stampare prendono un whiskey per festeggiare e poi incominciano a girare le carte per firmare l’accordo. Nel momento che girano le carte, sotto il tavolo, io e quello … ne faccio un altro sotto il tavolo. Questo è corruzione politica, che si fa un po’ dappertutto. Dobbiamo aiutare i politici a essere onesti, a non fare campagna con bandiere disoneste – la calunnia, la diffamazione, gli scandali … E tante volte, seminare odio e paura: questo è terribile. Una politica, un politico mai, mai deve seminare odio e paura. Soltanto speranza. Giusta, esigente: ma speranza. Perché deve condurre il Paese, e non dargli paura»

Eva Maria Huescar Fernandez, di Radio Cope:

Con i giovani ha insistito sul rapporto con i nonni affinché i giovani abbiano radici e i nonni possano sognare. Lei non ha una famiglia vicina ma ha detto che per lei Benedetto XVI è come un nonno. Continua a vederlo così?

R. - «Ogni volta che vado a lui a visitarlo lo sento così. Gli prendo la mano e lo faccio parlare. Parla poco, parla adagio ma con la stessa profondità di sempre. Perché il problema di Benedetto sono le ginocchia, non la testa: ha una lucidità grande e io sentendo parlare lui, divento forte, sento il succo delle radici e mi aiuta ad andare avanti. Sento questa tradizione della Chiesa che non è una cosa da museo. La tradizione è come le radici, che ti dà il succo per crescere e tu non diventerai come le radici, no: tu fiorirai, l’albero crescerà, darai dei frutti e i semi saranno radici per gli altri. La tradizione della Chiesa è sempre in movimento. In un’intervista che ha fatto Andrea Monda sull’Osservatore alcuni giorni fa, c’era una citazione che mi è piaciuta tanto, del musicista Gustav Mahler. E parlando delle tradizioni, lui diceva: “La tradizione è la garanzia del futuro e non la custode delle ceneri”: non è un museo. La tradizione non custodisce le ceneri, la nostalgia degli integralisti, tornare alle ceneri: no. La tradizione sono radici che garantiscono che l’albero cresca, fiorisca e dia frutto. E ripeto quel pezzo del poeta argentino che mi piace tanto citare: “Tutto quello che l’albero ha di fiorito, gli viene da quello che ha sotterrato”. Sono contento, perché a Iasi ho fatto riferimento a quella nonna – è stato un gesto di complicità e con quegli occhi … in quel momento ero tanto emozionato che non ho reagito e poi la papamobile è andata avanti, insomma, avrei potuto dirle di venire, a questa nonna, fare questo gesto … e ho detto al Signore Gesù: “E’ una pena, ma tu sei capace di risolvere”; e il nostro bravo fotografo Francesco, quando ha visto la comunicazione che ho avuto con quella donna con gli occhi, ha scattato la fotografie e adesso è pubblica: l’ho vista questo pomeriggio su Vatican Insider. Queste sono le radici, e questo crescerà. Non sarà come me, ma io do il mio. E’ importante questo incontro. Poi ci sono i verbi, no? Quando i nonni sentono di avere nipoti che porteranno avanti la storia, incominciano a sognare e i nonni quando non sognano si deprimono … c’è futuro! E i giovani, incoraggiati da quello, incominciano a profetizzare e a fare la storia. E’ importante»

Lucas Franz Helmut Wiegelmann di Herder Korrespondenz:

In questi giorni lei ha parlato della fraternità delle genti e del camminare insieme, però vediamo che in Europa cresce il numero di quelli che non desiderano la fraternità e preferiscono di camminare da soli. Che cosa fare per cambiare?

R. - «Scusami se cito me stesso, ma lo faccio… ho parlato di questo problema a Strasburgo e quando ho ricevuto il premio Carlo Magno e poi il discorso con capi di stato e di governo in Vaticano per l'anniversario dei Patti europei. E c’è anche un quinto discorso, quello che ha fatto il Borgomastro di Aachen. L’Europa non deve dire: arrangiatevi voi e andate avanti: tutti siamo responsabili dell’Unione Europea e la circolazione della presidenza della UE non è un gesto di cortesia ma un simbolo della responsabilità che ognuno dei Paesi ha. Se l’Europa non è grande dentro le sfide future appassirà. Ho detto che l’Europa da madre sta diventando la nonna Europa, forse di nascosto qualcuno si può domandare: non sarà la fine dell’avventura iniziata 70 anni fa? Bisogna riprendere la mistica dei padri fondatori, deve ritrovare se stessa e superare le divisioni delle frontiere. Stiamo vedendo delle frontiere in Europa e questo non va bene, è vero che ogni Paese ha una propria identità e deve custodirla, ma per favore l’Europa non si lasci vincere da pessimismo e dalle ideologie perché è attaccata dalle ideologie e nascono dei gruppetti in Europa. Pensate voi all’Europa divisa, impariamo dalla storia, non torniamo indietro».

Al termine dell’intervista, il Papa ha voluto dire «grazie alla pioggia» per avergli permesso - costringendolo a fare lunghi viaggi in macchina - di vedere il «paesaggio bellissimo della Romania». E ha concluso: «Vi dico: pregate per l’Europa, che il Signore ci dia la grazia: auguro di cuore che l’Europa torni ad essere il sogno dei padri fondatori».

(Sintesi non ufficiale raccolta da Andrea Tornielli)

Ascolta l'incontro del Papa con i giornalisti al seguito

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02 giugno 2019, 20:30