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Romania. Vescovo greco-cattolico Frățilă: rimanere fedeli nella testimonianza

L’esperienza della Chiesa greco-cattolica in Romania al centro dell’intervista a mons. Mihai Cătălin Frățilă, vescovo dell’eparchia greco-cattolica “San Basilio Magno” a Bucarest

Debora Donnini – Città del Vaticano

C’è grande attesa per l’arrivo del Papa nella comunità cattolica della Romania, dove ci sono circa 1 milione e 400mila cattolici fra romano cattolici di rito latino - di lingua romena, ungherese, tedesca e altre - greco-cattolici di rito bizantino, e una piccola comunità armena. Sei le diocesi di rito latino, 6 di rito bizantino e c’è anche un Ordinariato per i fedeli di rito armeno. In tutto i cattolici sono circa 7,3% della popolazione che in maggioranza è ortodossa.

La Chiesa greco-cattolica di rito bizantino si è unita con Roma nel 1700 con il Sinodo di Alba Iulia con cui è stato riconosciuto il primato di Roma e altri punti chiave, senza rinunciare alla liturgia e alle tradizioni orientali. Durante il regime comunista il clero greco cattolico fu molto perseguitato. La Chiesa greco cattolica fu soppressa nel 1948. Segno di questa persecuzione, a livello storico, e anche della fedeltà al Papa, la beatificazione che verrà fatta domenica a Blaj da Papa Francesco dei sette vescovi martiri greco-cattolici: vescovi che hanno vissuto enormi sofferenze, hanno conosciuto il carcere. Seicento i sacerdoti che vennero imprigionati, chiese, canoniche, scuole e persino i cimiteri furono espropriati. “Questa beatificazione non è un arco di tempo che si chiude ma è un giorno di nuova creazione”, afferma mons. Mihai Cătălin Frățilă, vescovo dell’eparchia greco-cattolica “San Basilio Magno” a Bucarest, che si sofferma anche sulla grande attesa del Papa in Romania da parte dei cattolici:

Ascolta l'intervista a mons. Mihai Cătălin Frățilă

R. - C’è un clima di consenso. Molti dei nostri confratelli romeni sono già all’estero da parecchi anni, quindi conoscono bene tutto l’ambiente occidentale, dove la sensibilità cattolica è conosciuta. Per quanto riguarda le nostre comunità cattoliche, è una grande conferma nella fede.

Queste beatificazioni hanno anche frutti nell’oggi, frutti di amore, di testimonianza…

R. – Certamente. È impressionante. Quest’anno sono 30 anni dalla caduta del regime. Tanti devono riscoprire questa storia. È importante non solo per noi cattolici in Romania ma anche per qualsiasi persona alla ricerca della verità. Guardando al tempo della persecuzione, per qualsiasi persona che ha cercato di reagire, qual è la vera sfida? Che l’uomo non si limita soltanto al piacere personale, al cibo, alla distrazione e neanche alla cultura intellettuale. Ci sono cose “superiori” per cui vale la pena di dare la vita e di mostrare che tutti abbiamo un futuro che non termina in questa esistenza passeggera.

Nella visita del ’99 Giovanni Paolo II andò sulle tombe del cardinale Hossu e del vescovo Aftenie e poi nominò questi sette vescovi che poi in Romania verranno beatificati, quindi anche in questo senso c’è continuità …

R. – Quei momenti sono indimenticabili per noi. Venti anni fa quando il Papa andò su queste due tombe, ci disse: loro sono i vostri pastori spirituali. Sottolineando questo aspetto di rimanere fedeli ma non soltanto come un deposito esteriore, culturale, ma di tradurlo nella nostra testimonianza quotidiana perché quelli che vivono oggi e che verranno dopo di noi possano mantenere questo amore e questo rispetto per la grazia di Dio che ha potuto lavorare nel sacrificio di questa gente.

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29 maggio 2019, 09:00