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Papa: diffondete la coscienza di una rinnovata solidarietà internazionale

Udienza con Papa Francesco, stamattina nella Sala Clementina in Vaticano, per la Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, una cinquantina di esperti di tutto il mondo, riunita dal 1 al 3 maggio per riflettere su un tema di grande attualità: “Nazione, Stato; Stato Nazione”. Per il Papa "sembra aprirsi una nuova stagione di confronto nucleare inquietante"
Adriana Masotti - Città del Vaticano

“La Chiesa osserva con preoccupazione il riemergere, un po’ dovunque nel mondo, di correnti aggressive verso gli stranieri, specie gli immigrati, come pure quel crescente nazionalismo che tralascia il bene comune”. Le parole pronunciate stamattina da Papa Francesco di fronte ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali convocati in riunione plenaria, dicono il cuore del suo discorso e della Plenaria stessa che si è data quest’anno un tema cruciale: "Nazione, Stato; Stato Nazione". In apertura all'udienza, il saluto rivolto al Papa dal presidente dell'Accademia, l'economista Stefano Zamagni. 

L'idea di popolo: territorio, leggi e modo di vivere comune

La costatazione di partenza del discorso di Francesco è che oggi “alcuni Stati nazionali attuano le loro relazioni in uno spirito più di contrapposizione che di cooperazione”. Il Papa sottolinea “che le frontiere degli Stati non sempre coincidono con demarcazioni di popolazioni omogenee e che molte tensioni provengono da un’eccessiva rivendicazione di sovranità da parte degli Stati” e ricorda l’idea di popolo in San Tommaso per il quale, come un fiume ha sempre lo stesso nome, anche se l’acqua che vi scorre muta continuamente, così “‘un popolo è lo stesso non per l’identità di un’anima o degli uomini, ma per l’identità del territorio, o ancora di più, delle leggi e del modo di vivere’”.

La Chiesa ha sempre esortato all’amore del proprio popolo, della patria, al rispetto del tesoro delle varie espressioni culturali, degli usi e costumi e dei giusti modi di vivere radicati nei popoli. Nello stesso tempo, la Chiesa ha ammonito le persone, i popoli e i governi riguardo alle deviazioni di questo attaccamento quando verte in esclusione e odio altrui, quando diventa nazionalismo conflittuale che alza muri, anzi addirittura razzismo o antisemitismo.

“Uno Stato che suscitasse i sentimenti nazionalistici del proprio popolo contro altre nazioni o gruppi di persone verrebbe meno alla propria missione. Sappiamo dalla storia dove conducono simili deviazioni; penso all’Europa del secolo scorso.”

Il migrante non è una minaccia ed è tenuto ad integrarsi 

E' comunemente riconosciuto che “lo Stato è al servizio della persona e dei raggruppamenti naturali delle persone - prosegue Francesco - troppo spesso, tuttavia, gli Stati vengono asserviti agli interessi di un gruppo dominante, per lo più per motivi di profitto economico”. E fa notare come il modo in cui uno Stato gestisce il fenomeno immigrazione “rivela la sua visione della dignità umana e del suo rapporto con l’umanità”. Il Papa ribadisce che: “Ogni persona umana è membro dell’umanità e ha la stessa dignità”. Ricordando i quattro principi già espressi, attorno ai quali si articolano i nostri obblighi verso i migranti: accogliere, proteggere, promuovere e integrare, afferma:

Il migrante non è una minaccia alla cultura, ai costumi e ai valori della nazione che accoglie. Anche lui ha un dovere, quello di integrarsi nella nazione che lo riceve. Integrare non vuol dire assimilare, ma condividere il genere di vita della sua nuova patria, pur rimanendo sé stesso come persona, portatore di una propria vicenda biografica. In questo modo, il migrante potrà presentarsi ed essere riconosciuto come un’opportunità per arricchire il popolo che lo integra.

Lo Stato nazionale non può affrontare da solo le sfide globali

Compito dei governi è quello di “proteggere i migranti e regolare con la virtù della prudenza i flussi migratori”, osserva il Papa, preparando anche le popolazioni locali all’accoglienza. "Tutte le nazioni - prosegue - sono frutto dell’integrazione di ondate successive di persone (…) e tendono ad essere immagini della diversità dell’umanità” pur essendo legate da valori culturali comuni. Del resto nella situazione di globalizzazione che viviamo, “lo Stato nazionale non è più in grado di procurare da solo il bene comune alle sue popolazioni. Il bene comune è diventato mondiale e le nazioni devono associarsi per il proprio beneficio” e costituire “un’apposita autorità legalmente e concordemente costituita” che possa favorirlo. Il Papa cita alcune di queste sfide globali: il cambiamento climatico, le nuove schiavitù, la pace e, come esempi positivi da non disperdere, cita la cooperazione e la pace vissuta tra i diversi Paesi in Europa e la visione di Simón Bolivar di un America Latina come di una Patria Grande capace di valorizzare ogni singolo popolo.

“È da auspicare che, ad esempio, non si perda in Europa la consapevolezza dei benefici apportati da questo cammino di avvicinamento e concordia tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra”

Rilanciare il multilateralismo che rispetti le singole identità 

Papa Francesco parla della necessità di rilanciare il multilateralismo “opposto sia alle nuove spinte nazionalistiche, sia a una politica egemonica”, che allontani il rischio di nuovi conflitti, ma anche quello "della colonizzazione economica e ideologica delle superpotenze” sulle nazioni più deboli.

Di fronte al disegno di una globalizzazione immaginata come “sferica”, che livella le differenze e soffoca la localizzazione, è facile che riemergano sia i nazionalismi, sia gli imperialismi egemonici. Affinché la globalizzazione possa essere di beneficio per tutti, si deve pensare ad attuarne una forma “poliedrica”, sostenendo una sana lotta per il mutuo riconoscimento fra l’identità collettiva di ciascun popolo e nazione e la globalizzazione stessa, secondo il principio che il tutto viene prima delle parti, così da arrivare a uno stato generale di pace e di concordia.

Ascolta il servizio con la voce del Papa

No ad una nuova stagione di conflitto nucleare

Il Papa fa riferimento a “istituzioni intergovernative” in cui tutti gli Stati siano “effettivamente rappresentati”, in grado di sostituire “la logica della vendetta, la logica del dominio, della sopraffazione e del conflitto con quella del dialogo, della mediazione”, perché appartenenti alla stessa umanità. E  incoraggia la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali “nella ricerca di processi atti a superare ciò che divide le nazioni e a proporre nuovi cammini di cooperazione”. Riguardo alla pace”, costata amaramente che oggi “la stagione del disarmo nucleare multilaterale appare sorpassata”.

Anzi, sembra aprirsi una nuova stagione di confronto nucleare inquietante, perché cancella i progressi del recente passato e moltiplica il rischio delle guerre, anche per il possibile malfunzionamento di tecnologie molto progredite ma soggette sempre all’imponderabile naturale e umano. Se, adesso, non solo sulla terra ma anche nello spazio verranno collocate armi nucleari offensive e difensive, la cosiddetta nuova frontiera tecnologica avrà innalzato e non abbassato il pericolo di un olocausto nucleare.

Occorre diffondere la coscienza di una nuova solidarietà 

Da qui la chiamata di ogni singolo Stato ad una maggiore responsabilità perché, pur perseguendo il bene del proprio popolo, non trascuri l’edificazione del bene dell’intera umanità. Quindi l’invito conclusivo:

Cari amici (…) vi chiedo di collaborare con me nel diffondere questa coscienza di una rinnovata solidarietà internazionale nel rispetto della dignità umana, del bene comune, del rispetto del pianeta e del supremo bene della pace.

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02 maggio 2019, 12:15