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Papa: la Chiesa rilanci con forza l’umanesimo della vita

Presentata stamani in Sala Stampa vaticana la Lettera di Papa Francesco alla Pontificia Accademia per la Vita nel 25.mo di Fondazione. Oggi “la soglia del rispetto fondamentale della vita umana è violata” in modi spesso “brutali”, avverte il Papa: l'aborto e la soppressione del malato sono "mali gravissimi", che fanno sprofondare nell’anti-cultura della morte

Debora Donnini - Città del Vaticano

Bisogna puntare ad “una nuova prospettiva etica universale”, attenta ai temi del creato e della vita umana. Un umanesimo da non confondersi con una qualsiasi ideologia della volontà di potenza ma che sia "fraterno e solidale" per continuare nell'impegno di tutelare la vita umana. E’ la linea tracciata da Papa Francesco nella Lettera di Papa Francesco indirizzata al presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo Paglia, per il 25.mo di istituzione. Punto di partenza della riflessione è la comunità umana. Occorre infatti “crescere nella consapevolezza della nostra comune discendenza dalla creazione e dall’amore di Dio”, scrive il Papa. 

In questo nostro tempo, la Chiesa è chiamata a rilanciare con forza l’umanesimo della vita che erompe da questa passione di Dio per la creatura umana. L’impegno a comprendere, promuovere e difendere la vita di ogni essere umano prende slancio da questo incondizionato amore di Dio. È la bellezza e l’attrattiva del Vangelo, che non riduce l’amore del prossimo all’applicazione di criteri di convenienza economica e politica né ad «alcuni accenti dottrinali o morali che procedono da determinate opzioni ideologiche».

La storia

Una passione che ha animato l’attività della Pontifica Accademia per la Vita fin dalla sua istituzione 25 anni fa, l’11 febbraio del 1994, da parte di San Giovanni Paolo II dietro suggerimento del Servo di Dio e grande scienziato Jérôme Lejeune che, lucidamente convinto dei cambiamenti in atto in campo biomedico, ritenne opportuno sostenere un impegno più strutturato su questo fronte. L’Accademia ha quindi sviluppato iniziative di studio e informazione per rendere manifesto che “scienza e tecnica, poste al servizio della persona umana e dei suoi diritti fondamentali, contribuiscono al bene integrale dell’uomo e all’attuazione del progetto divino di salvezza”, ricorda citando il Motu proprio Vitae mysterium con cui la stessa Accademia veniva istituita.

L’elaborazione del nuovo Statuto, il 18 ottobre 2016, ha poi impresso rinnovato slancio alle attività con l’intento di “rendere la riflessione su questi temi sempre più attenta al contesto contemporaneo, in cui il ritmo crescente dell’innovazione tecnoscientifica e la globalizzazione moltiplicano le interazioni, da una parte, tra culture, religioni e saperi diversi, dall’altra, tra le molteplici dimensioni della famiglia umana e della casa comune che essa abita”. Lo stesso Papa Francesco ricordava nel Discorso all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, il 5 ottobre 2017 che “l’ispirazione di condotte coerenti con la dignità della persona umana riguarda la teoria e la pratica della scienza e della tecnica nella loro impostazione complessiva in rapporto alla vita, al suo senso e al suo valore”.

L’anti-cultura dell’indifferenza

Nella Lettera a mons. Paglia - nominato alla guida dell'Accademia nel 2016  - il Papa nota però che in questo momento sembra allargarsi la distanza fra “l’ossessione per il proprio benessere” e “la felicità dell’umanità condivisa”, “sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma”. Si ribadisce quindi - come posto in luce nella Laudato si’  - lo “stato di emergenza in cui si trova il nostro rapporto con la storia della terra e dei popoli”. L’erosione della sensibilità per la questione dell’unità della famiglia umana e del suo futuro, “ad opera delle potenze mondane della divisione e della guerra”, è in crescita globale. Più che di una cultura, si tratta quindi di “un’anti-cultura” dell’indifferenza per la comunità, “alleata con la prepotenza del denaro”.

Il paradosso del progresso

In questa situazione il Papa nota un paradosso: nel momento in cui le risorse economiche e tecnologiche disponibili consentirebbero di prendersi sufficientemente cura della casa comune e della famiglia umana, proprio da queste risorse vengono le nostre divisioni più aggressive e i nostri incubi peggiori. E i popoli avvertono l’avvilimento spirituale – potremmo dire il nichilismo – “che subordina la vita a un mondo e a una società succubi di questo paradosso”, con la tendenza ad anestetizzare questo profondo disagio attraverso “una cieca rincorsa al godimento materiale”. Bisogna infatti riconoscere che gli uomini e le donne del nostro tempo sono spesso demoralizzati e che “siamo un po’ tutti ripiegati su noi stessi”: “il sistema del denaro e l’ideologia del consumo selezionano i nostri bisogni e manipolano i nostri sogni, senza alcun riguardo per la bellezza della vita condivisa e per l’abitabilità della casa comune”.

Non confondere umanesimo con ideologia della volontà di potenza

Il popolo cristiano è chiamato quindi a raccogliere il grido delle sofferenze dei popoli:

Una nuova prospettiva etica universale, attenta ai temi del creato e della vita umana, è l’obiettivo al quale dobbiamo puntare sul piano culturale. Non possiamo continuare sulla strada dell’errore perseguito in tanti decenni di decostruzione dell’umanesimo, confuso con una qualsiasi ideologia della volontà di potenza. Dobbiamo contrastare una simile ideologia, che si avvale dell’appoggio convinto del mercato e della tecnica, in favore dell’umanesimo. La differenza della vita umana è un bene assoluto, degno di essere eticamente presidiato, prezioso per la cura di tutta la creazione. Lo scandalo è il fatto che l’umanesimo contraddica sé stesso, invece di prendere ispirazione dall’atto dell’amore di Dio.

E il Papa esorta la Chiesa stessa, per prima, a “ritrovare la bellezza di questa ispirazione e fare la sua parte, con rinnovato entusiasmo”. “Siamo consapevoli - scrive - di avere incontrato difficoltà, nella riapertura di questo orizzonte umanistico, anche in seno alla Chiesa”:

Dobbiamo seriamente domandarci se abbiamo fatto abbastanza per offrire il nostro specifico contributo come cristiani a una visione dell’umano capace di sostenere l’unità della famiglia dei popoli nelle odierne condizioni politiche e culturali. O se addirittura ne abbiamo perso di vista la centralità, anteponendo le ambizioni della nostra egemonia spirituale sul governo della città secolare, chiusa su sé stessa e sui suoi beni, alla cura della comunità locale, aperta all’ospitalità evangelica per i poveri e i disperati.

Umanesimo sia fraterno e solidale

Per il Papa è quindi “tempo di rilanciare una nuova visione per un umanesimo fraterno e solidale dei singoli e dei popoli”. La creatura umana infatti non è impermeabile alla fede e alle opere di fraternità: “una cosa è rassegnarsi a concepire la vita come lotta contro mai finiti antagonisti, altra cosa è riconoscere la famiglia umana come segno della vitalità di Dio Padre". Tutte le vie della Chiesa infatti conducono all’uomo, come avevano messo in risalto i Pontefici San Giovanni Paolo II e San Paolo VI.

L’impegno per tutela vita e contro soppressione malati

Di incoraggiamento sono poi “i segni dell’operare di Dio nel tempo attuale”. Tra questi San Giovanni Paolo II indicava “i gesti di accoglienza e di difesa della vita umana”, “il diffondersi di una mentalità contraria alla guerra e alla pena di morte”, una crescente attenzione alla qualità della vita e all'ecologia così come il diffondersi della bioetica. La comunità scientifica della Pontificia Accademia per la Vita si è inscritta in questa prospettiva, in questi 25 anni di storia.

Ne sono testimonianza l’impegno per la promozione e la tutela della vita umana in tutto l’arco del suo svolgersi, la denuncia dell’aborto e della soppressione del malato come mali gravissimi, che contraddicono lo Spirito della vita e ci fanno sprofondare nell’anti-cultura della morte. Su questa linea occorre certamente continuare, con attenzione ad altre provocazioni che la congiuntura contemporanea offre per la maturazione della fede, per una sua più profonda comprensione e per più adeguata comunicazione agli uomini di oggi.

Il futuro dell’Accademia punta quindi ad “abitare la lingua e le storie degli uomini e delle donne del nostro tempo, inserendo l’annuncio del Vangelo nell’esperienza concreta”. Pertanto bisogna riferirsi alla dinamica della generazione: “Si eviterà così - scrive il Papa - di ridurre la vita o a un concetto solamente biologico o a un universale astratto dalle relazioni e dalla storia. L’appartenenza originaria alla carne precede e rende possibile ogni ulteriore consapevolezza e riflessione, scongiurando la pretesa del soggetto di essere origine a sé stesso”.

Oggi, evidenzia ancora il Papa, “la soglia del rispetto fondamentale della vita umana è violata” in modi spesso “brutali”, non solo da comportamenti individuali ma anche da scelte strutturali. “L’organizzazione del profitto e il ritmo di sviluppo delle tecnologie offrono inedite possibilità di condizionare la ricerca biomedica, l’orientamento educativo, la selezione dei bisogni, la qualità umana dei legami”, prosegue Francesco mettendo in evidenza che “la possibilità di indirizzare lo sviluppo economico e il progresso scientifico all’alleanza dell’uomo e della donna, per la cura dell’umanità che ci è comune e per la dignità della persona umana, attinge certamente a un amore per la creazione che la fede ci aiuta ad approfondire e a illuminare”.

Dialogo e diritti umani

“La prospettiva della bioetica globale, con la sua visione ampia e l’attenzione all’impatto dell’ambiente sulla vita e sulla salute, costituisce una notevole opportunità per approfondire la nuova alleanza del Vangelo e della creazione”, sottolinea poi la Lettera, auspicando che si affrontino le domande che si pongono "nel dialogo tra le diverse culture e società”. “Possa l’Accademia per la Vita essere luogo coraggioso di questo confronto e dialogo a servizio del bene di tutti”, scrive il Papa.

Non abbiate paura di elaborare argomentazioni e linguaggi che siano spendibili in un dialogo interculturale e interreligioso, oltre che interdisciplinare. Partecipate alla riflessione sui diritti umani, che costituiscono uno snodo centrale nella ricerca di criteri universalmene condivisibili. È in gioco la comprensione e la pratica di una giustizia che mostri il ruolo irrinunciabile della responsabilità nel discorso sui diritti umani e la loro stretta correlazione con i doveri, a partire dalla solidarietà con chi è maggiormente ferito e sofferente. Papa Benedetto XVI ha molto insistito sull’importanza di «sollecitare una nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio».

Benedetto XVI sottolineava infatti una pesante contraddizione: “mentre, per un verso, si rivendicano presunti diritti, di carattere arbitrario e voluttuario, con la pretesa di vederli riconosciuti e promossi dalle strutture pubbliche, per l’altro verso, vi sono diritti elementari e fondamentali disconosciuti e violati nei confronti di tanta parte dell’umanità”.

Orientare le trasformazioni al servizio della persona

Bisogna poi sviluppare la riflessione sulle nuove tecnologie – dalle nanotecnologie alla robotica – perché oggi perfino il corpo umano “è suscettibile di interventi” che possono modificare anche le sue modalità di relazione, esponendolo sempre più alle logiche di mercato.

Occorre quindi anzitutto comprendere le trasformazioni epocali che si annunciano su queste nuove frontiere, per individuare come orientarle al servizio della persona umana, rispettando e promuovendo la sua intrinseca dignità. Un compito assai esigente, data la complessità e l’incertezza sugli sviluppi possibili, che richiede un discernimento ancora più attento di quanto è abitualmente auspicabile.

Le molte e straordinarie risorse messe a disposizione della creatura umana nella ricerca scientifica e tecnologica rischiano infatti di oscurare la gioia della condizione fraterna. “Dobbiamo riconoscere che la fraternità rimane la promessa mancata della modernità”, sottolinea ancora. “La forza della fraternità, che l’adorazione di Dio in spirito e verità genera fra gli umani, è la nuova frontiera del cristianesimo”, conclude il Papa esortando per questo a seguire l’esempio di San Francesco d’Assisi, capace di riconoscersi fratello di tutte le creature.

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15 gennaio 2019, 11:00