Papa Francesco ai vescovi: siate padri, non padroni né principi

Il Papa stamani ha rivolto un discorso a 75 vescovi dei Territori di missione, che partecipano da lunedì scorso al Seminario promosso dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Ricevendoli in udienza in Sala Clementina, Francesco ha ricordato che il vescovo deve essere uomo di preghiera, di annuncio e di comunione, rinunciando a clericalismo e mondanità

Debora Donnini-Città del Vaticano

Padri premurosi, non padroni che comandano sugli altri mantenendo le distanze. Così sono chiamati ad essere i vescovi che, come il Buon Pastore, devono portare Gesù fra la gente ed annunciare il Vangelo, pronti anche al sacrificio totale di sé. Con parole chiare, forti e intrise di amore per la Chiesa, Papa Francesco si è rivolto stamani ai vescovi di recente di nomina, dei Territori di missione, che partecipano in questi giorni al Seminario di formazione promosso dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Quello del Papa è un discorso a tutto tondo sul ministero dei vescovi, che parte proprio dalla domanda su chi sia il vescovo. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Premura specialmente per chi è scartato

Prima di tutto, Francesco ricorda che deve avere i lineamenti del Buon Pastore, cioè che “non vive per sé” ma ha compassione specialmente per quanti sono scartati, cioè i più bisognosi di sentire “la predilezione del Signore”.

Uomo di preghiera che insiste col Signore

Il vescovo deve infatti essere uomo di preghiera che non può essere un impegno fra tanti ma una “necessità” . “A me piace fare la domanda a ogni vescovo: ‘Quante ore al giorno tu preghi?’”, ricorda il Papa. Ogni giorno infatti il vescovo deve portare davanti al Signore le persone e le situazioni e “insistere col Signore”, avendo il coraggio di “discutere con Dio per il suo gregge”. “Una preghiera senza parresia non è preghiera”, sottolinea Papa Francesco.

Non amministratore d’azienda ma uomo di annuncio

Il vescovo è poi chiamato ad essere “uomo dell’annuncio”. E non si annuncia da seduti – ammonisce il Papa – ma “in cammino”. Il vescovo dunque “non si compiace di comfort”, “non si sente principe” ma “si prodiga per gli altri”:

Il vescovo non vive in ufficio, come un amministratore di azienda, ma tra la gente, sulle strade del mondo, come Gesù. Porta il suo Signore dove non è conosciuto, dove è sfigurato e perseguitato. E uscendo da sé ritrova sé stesso.

Attenzione a potere  e mondanità

Il Papa sa bene che “l’annuncio del Vangelo subisce le tentazioni del potere” e della “mondanità”, che c’è  il rischio di trasformarsi in “attori più che in testimoni” e proporre “un Vangelo senza Gesù crocifisso e risorto”  mentre - ricorda - “annunciare significa dare la vita, senza mezze misure, pronti anche ad accettare il sacrificio totale di sé”.

Ama la comunione e non si allontana spesso dalla Diocesi

Il vescovo poi deve essere “un uomo di comunione”, deve avere “il carisma dell’insieme”. La Chiesa infatti ha bisogno di comunione, non di "solisti fuori dal coro o di condottieri di battaglie personali". E il Pastore è vescovo per i suoi fedeli, cristiano con i suoi fedeli:

Non fa notizia sui giornali, non cerca il consenso del mondo, non è interessato a tutelare il suo buon nome, ma ama tessere la comunione coinvolgendosi in prima persona e agendo con fare dimesso. Non soffre di mancanza di protagonismo, ma vive radicato nel territorio, respingendo la tentazione di allontanarsi di frequente dalla Diocesi – la tentazione dei “vescovi di aeroporto”, no?  - e fuggendo la ricerca di glorie proprie.

Non deve non essere arrampicatore né ambizioso ma pascere il gregge.

No a clericalismo e leaderismo

“Fuggite il clericalismo”: è l’ammonimento del Papa che torna su un punto già molte volte sottolineato. Si tratta infatti di un “modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa, molto comune in numerose comunità nelle quali si sono verificati comportamenti di abuso, di potere, di coscienza e sessuale”. “Dire no all’abuso  sia di potere, di coscienza, qualsiasi abuso -  significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo”, ribadisce citando la sua Lettera al Popolo di Dio del 20 agosto scorso:

Il popolo di Dio, per il quale e al quale siete ordinati, vi senta padri, non padroni; padri premurosi: nessuno deve mostrare verso di voi atteggiamenti di sudditanza. In questo frangente storico sembrano accentuarsi in varie parti certe tendenze di “leaderismo”. Mostrarsi uomini forti, che mantengono le distanze e comandano sugli altri, potrebbe apparire comodo e accattivante, ma non è evangelico.

Un atteggiamento che poi “reca danni spesso irreparabili al gregge, per il quale Cristo ha dato la vita con amore”. I vescovi invece devono essere “poveri di beni e ricchi di relazione”, “mai duri e scontrosi, ma affabili”.

Famiglie, Seminari, giovani e poveri

Le famiglie, i giovani, i Seminari e i poveri: sono le situazioni che i vescovi devono avere a cuore in modo particolare. Le famiglie infatti sono penalizzate da una cultura che trasmette la logica del provvisorio.  Bisogna quindi promuovere percorsi di preparazione al matrimonio e di accompagnamento per loro, bisogna anche difendere “la vita del concepito come quella dell’anziano”.

Per quanto riguarda i Seminari, il Papa chiede che “siano guidati da uomini di Dio”, capaci e maturi, che garantiscano la formazione di profili umani sani, e che venga data priorità al discernimento per aiutare a riconoscere la voce di Dio tra le tante che rimbombano nelle orecchie e nel cuore.

Francesco chiede poi di accogliere desideri e dubbi dei giovani ai quali è dedicato il prossimo Sinodo di ottobre: anche quando sembrano “infettati” dal consumismo e dall’edonismo, non bisogna metterli “in quarantena” ma cercarli. “Sono il futuro della Chiesa e della società: un mondo migliore dipende da loro”, ricorda.

Infine, i poveri: “amarli – ribadisce – significa lottare contro tutte le povertà, spirituali e materiali”. In una parola, bisogna raggiungere le periferie esistenziali, senza paura di sporcarsi le mani.

Sana inquietudine per il Vangelo

In conclusione, il Papa sintetizza, con queste parole, il suo appello ai vescovi:

Cari Fratelli, diffidate, vi prego, della tiepidezza che porta alla mediocrità e all’accidia, quel “démon de midi”. Diffidate di quello. Diffidate della tranquillità che schiva il sacrificio; della fretta pastorale che porta all’insofferenza; dell’abbondanza di beni che sfigura il Vangelo. Non dimenticatevi che il diavolo entra dalle tasche, eh! Vi auguro invece la santa inquietudine per il Vangelo, la sola inquietudine che dà pace.

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Le più belle foto dell'udienza ai vescovi dei Territori di missione
08 settembre 2018, 13:05