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Il Papa visita a sorpresa una cooperativa per disabili gravi

Il Papa ha incontrato gli ospiti della cooperativa sociale Osa, nel casale 4.5, a Roma, una realtà per dare un futuro a quei disabili gravi quando i genitori, per lo più anziani, non ci saranno più. Presentato a Francesco il progetto ‘Durante e dopo di noi" il quale ha invitato tutti a “credere nei sogni e nella bellezza della vita in comunione con il Signore"

Rievocando nuovamente – come aveva fatto all’Angelus – la nascita ‘miracolosa’, da genitori anziani, di Giovanni Battista, Papa Francesco ieri pomeriggio ha incontrato a sorpresa gli ospiti della cooperativa sociale Osa, nel casale 4.5, a Roma. Una realtà che conta 3.700 soci lavoratori, tra infermieri, medici e assistenti che hanno in cura in Italia circa 50.000 persone in stato di bisogno. Dal 2006 per diverse migliaia, con problematiche di disabilità, le famiglie hanno chiesto di poter dare un futuro anche quando i genitori, per lo più anziani, non ci saranno più. E’ nato il progetto “Durante e dopo di noi” illustrato ieri al Papa che ha incoraggiato, anche nel corso di questa visita, ad avere la capacità di essere aperti alle sorprese di Dio. “Abbiamo deciso di destinare a loro un agriturismo sulla via Ardeatina – spiega Giuseppe Milanese, Presidente di Osa – dove ci sono appartamenti che ristruttureremo (26 ettari di terreno); si potrà anche realizzare una fattoria sociale e dar modo agli utenti di essere coinvolti nella gestione di un ristorante, proprio per reintegrarli il più possibile al lavoro”. Il racconto della visita nell’intervista di Antonella Palermo

Ascolta l'intervista a Giuseppe Milanese

R. - Con lo stupore che è rimasto nei nostri ricordi, in una giornata che sia noi che i nostri assistiti e tutti i nostri amici non scorderanno mai. Lui è arrivato col suo solito fare che mette tutti a proprio agio, nonostante si tratti del Papa! Gli abbiamo esposto il progetto, ha ascoltato un paio di poesie scritte da un ragazzo che gli ha poi regalato un libro e poi ha salutato tutti uno per uno, parlando con familiari, gli assistiti, gli assistenti. E’ stato un momento di sprone. Il Papa ha rivolto a noi delle parole bellissime che contengono la voglia di continuare a sognare per poter ideare progetti e azioni che possano aiutare queste persone. Sono state due ore passate in un clima di una semplicità pazzesca.

Sulla necessità di ‘rischiare’ il Papa ha avuto parole ben precise…

R. - Sì, ci ha incoraggiato addirittura ad una forma di pazzia, ha detto: “Solo i pazzi e i sognatori riescono a cambiare il mondo”. Il Papa da sempre ci ha spronato a realizzare forme di cooperazione. Perché la cooperazione, cioè il lavorare insieme e creare quell’unità fra assistenti e fra loro e gli assistiti, è uno strumento spettacolare per realizzare sogni. Spesso le logiche dominanti sono solo quelle del profitto e non rendono neanche possibile immaginare cose come queste che, come il Papa ha detto “rischiano anche di andare in perdita. Poi però si rischia e si va oltre”.

Il Papa ha anche aggiunto: “Rischiare è una parola che oggi non piace”…

R. - Infatti! Oggi il nostro mestiere ci porta a rischiare ogni giorno perché convivere con le persone i momenti del loro bisogno nelle loro case significa sostanzialmente mettere ogni giorno la propria vita in discussione. Io ho studiato medicina per tanti anni, ho seguito anche la specializzazione in malattie infettive: noi medici spesso più comodamente abbiamo immaginato la sanità come limitata alle mura dell’ospedale. In questa esperienza noi siamo partiti con un ardire giovanile trent’anni fa! Iniziammo l’assistenza domiciliare alle persone con Aids nelle periferie di Roma proprio con quella pazzia, pragmatica però, perché osservavamo che quelle persone morivano in ospedale, morivano prima, stavano peggio, e soprattutto lo Stato spendeva di più. Insomma, a volte rischiare pragmaticamente significa vedere la realtà, osservarla e capire dove si può aiutare. La cooperazione nasce per questo, per rispondere a un bisogno al di fuori dei concetti di redditività, bensì con alla base un concetto di sostenibilità. E quando le cose poi si possono realizzare, allora si butta il cuore oltre l’ostacolo e si fanno.

Ci può raccontare un aneddoto che vi accompagnerà dopo questo incontro speciale?

R. - E’ un aneddoto simpatico: Ivan, un ragazzo assistito da noi che lavora nei nostri uffici, quando il Papa con il suo discorso stava finendo di dare un senso alle parole che disordinatamente io avevo provato a mettere in fila, ha urlato: “Alla grande!”. Ivan si è alzato e ha abbracciato il Papa. Il Papa allora ha detto: “Alla grande, hai proprio ragione” e ha abbracciato Ivan e subito dopo un altro ragazzo, Antonio. E tutto è diventato immediatamente più familiare, più vero, e anche il Papa ci ha ringraziato per la familiarità con cui questo incontro ‘normale’ è avvenuto.

 

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25 giugno 2018, 13:52