Il Papa: la fede deve partire dalla liberazione, non dai doveri

Nella terza catechesi dell’udienza generale dedicata ai Comandamenti, Papa Francesco sottolinea che Dio prima salva, nel Mar Rosso, e poi chiede, sul Monte Sinai. Per avvicinare i giovani al cristianesimo non iniziamo da "obblighi e impegni" ma dall'amore del Padre, che è fondamento dei doveri

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La vita cristiana è anzitutto la risposta grata a un Padre generoso. Un Padre che ci libera dall’Egitto attraverso il Mar Rosso, e poi ci consegna il Decalogo sul Monte Sinai. Così il Decalogo comincia con la generosità di Dio, con la liberazione, con la relazione Padre-Figli e da questa deve partire il cammino di fede, non dalla legge, non da obblighi, impegni, coerenze. Lo sottolinea Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale di questa mattina, la terza dedicata ai Comandamenti e intitolata appunto: “L’ amore di Dio precede la legge e le dà senso”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Il Dio d'Israele prima salva, poi chiede fiducia

Il Papa analizza l’introduzione del testo del Decalogo, “parole amorevoli di un Padre al suo popolo perché cammini bene”. “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile”. Francesco si chiede: “Perché questa proclamazione che Dio fa di sé e della liberazione?”. Perché, risponde, “si arriva al Monte Sinai dopo aver attraversato il Mar Rosso: il Dio di Israele prima salva, poi chiede fiducia”. E quindi, il Decalogo comincia dalla generosità di Dio, perché Dio non chiede mai senza prima dare. “Prima salva, poi chiede”.

La nostre opere falliscono perché partiamo da noi stessi

Quando dichiara  “Io sono il Signore, tuo Dio”, ricorda il Pontefice “c’è un possessivo, c’è una relazione, ci si appartiene. Dio non è un estraneo: è il tuo Dio”. Questo, chiarisce, illumina tutto il Decalogo e svela anche il segreto dell’agire cristiano.

Cristo è l’amato dal Padre e ci ama di quell’amore. Lui non parte da sé ma dal Padre. Spesso le nostre opere falliscono perché partiamo da noi stessi e non dalla gratitudine. E chi parte da sé stesso dove arriva? Arriva a sé stesso! E’ incapace di fare strada, torna su di sé. È proprio quell’atteggiamento egoistico che, scherzando la  gente dice: “Eh, quella persona è un “io, me con me, e per me”.

Risposta grata ad un Padre generoso 

La vita cristiana, chiarisce quindi Papa Bergoglio, è anzitutto la risposta grata a un Padre generoso.

I cristiani che seguono solo dei “doveri” denunciano di non avere una esperienza personale di quel Dio che è “nostro”. Io devo fare questo, questo, questo … Solo doveri. Ma ti manca qualcosa! Qual è il fondamento di questo dovere?: “Ah, si deve fare così”. No: il fondamento di questo dovere è l’amore di Dio Padre, che prima dà, poi comanda. Porre la legge prima della relazione non aiuta il cammino di fede. Come può un giovane desiderare di essere cristiano, se partiamo da obblighi, impegni, coerenze e non dalla liberazione? Ma, essere cristiano è un cammino di liberazione!

I Comandamenti liberano dall'egoismo

I Comandamenti, aggiunge il Papa, “ti liberano dal tuo egoismo e ti liberano perché c’è l’amore di Dio che ti porta avanti”. La formazione cristiana non è basata sulla forza di volontà, ma sull’accoglienza della salvezza, sul lasciarsi amare: prima il Mar Rosso, poi il Monte Sinai.

“Prima la salvezza: Dio salva il suo popolo nel Mar Rosso, poi nel Sinai gli dice cosa deve fare”

Quante cose belle ha fatto Dio per me?

Per obbedire a Dio, alle sue leggi, prosegue, Francesco, “bisogna anzitutto ricordare i suoi benefici”. Per questo è importante “fare esercizio di memoria”. Ricordare “quante cose belle ha fatto Dio per ognuno di noi!”. E la propone ai fedeli come domanda personale, per una risposta nel cuore: “Quante cose belle ha fatto Dio per me? “E questa è la liberazione di Dio. Dio fa tante cose belle e ci libera”.

Non ci salviamo da soli, chiediamo aiuto

Può esserci qualcuno che “può sentire di non aver ancora fatto una vera esperienza della liberazione di Dio”. “Noi non ci salviamo da soli – spiega infine il Pontefice - ma da noi può partire un grido di aiuto”.

“Signore salvami, Signore insegnami la strada, Signore accarezzami, Signore dammi un po’ di gioia”. Questo è un grido che chiede aiuto. Questo spetta a noi: chiedere di essere liberati dall’egoismo, dal peccato, dalle catene della schiavitù. Questo grido è importante, è preghiera, è coscienza di quello che c’è ancora di oppresso e non liberato in noi. Ci sono tante cose non liberate nella nostra anima. “Salvami, aiutami, liberami”. Questa è una bella preghiera al Signore. Dio attende quel grido, perché può e vuole spezzare le nostre catene.

Dio ci ha chiamati per essere liberi

Dio, conclude Papa Francesco, “non ci ha chiamati alla vita per rimanere oppressi, ma per essere liberi e vivere nella gratitudine”, obbedendo con gioia a Colui che ci ha dato tanto, infinitamente più di quanto mai potremo dare a Lui. “È bello questo. Che Dio sia sempre benedetto per tutto quello che ha fatto, fa e farà in noi!”

Tra due giorni la festa dei Santi Pietro e Paolo

Salutando i fedeli italiani, Francesco ricorda che dopodomani è la Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di Roma. “Impariamo da questi Apostoli del Signore – è il suo invito - la capacità di testimoniare con coraggio il Vangelo di Gesù, al di là delle proprie differenze, conservando la concordia e l’amicizia che fondano la credibilità di qualsiasi annuncio di fede”. In Inglese saluta la delegazione di NATO Defense College, “con fervidi auguri per il proprio servizio a favore della pace”.

Il posto speciale per chi ha disabilità

Prima di entrare in papamobile in piazza San Pietro, il Papa aveva salutato i malati in Aula Paolo VI, rivolgendosi soprattutto al gruppo “Deaf Catholic Youth Initiative of the Americas”. “Prego  - ha detto - affinché il vostro pellegrinaggio, che avete chiamato ‘Un tempo per camminare con Gesù’ possa aiutarvi a crescere nell’amore per Cristo e gli uni per gli altri. Il Signore riserva un posto speciale nel suo cuore per chiunque presenti qualche disabilità e così è anche per il successore di San Pietro”.

Lo sport fa crescere in comprensione e amicizia

Nell' auletta Paolo VI aveva poi incontrato una delegazione dell’organizzazione “Special Olympics” in occasione del 50° anniversario di fondazione. "Il mondo dello sport  - aveva detto - offre una particolare opportunità alle persone di crescere nella reciproca comprensione ed amicizia, e io prego affinché questa Fiamma Olimpica possa essere un segno di gioia e di speranza nel Signore, che concede i doni dell’unità e della pace ai suoi figli". 

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

27 giugno 2018, 10:54