Santa Messa del Papa all'aerodromo di Maquehue a Temuco Santa Messa del Papa all'aerodromo di Maquehue a Temuco 

Papa: essere artigiani di unità, violenza rende falsa causa più giusta

Nella Messa a Temuco, Francesco ricorda che il mutuo riconoscimento non si può costruire su violenza e distruzione e non esistono culture inferiori o superiori

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Diventare artigiani di unità. Questo l’auspicio del Papa alla Messa celebrata all’aerodromo di Maquehue, a Temuco, raggiunta in aereo da Santiago del Cile. Nella terra oggi assolata, dove in origine abitavano gli indios Mapuche, l’Araucanía, Francesco saluta i membri di quel popolo e le altre comunità indigene locali, dedicando la celebrazione al progresso delle genti: 150 mila i presenti. I paesaggi, le musiche, i colori, ma anche il passato di queste zone contraddistinguono tutto l’evento.

La violenza chiama violenza

In un luogo dove, ricorda, “si sono verificate gravi violazioni dei diritti umani”, con la perdita delle terre, il confino in riserve, le lotte per reclamare riparazione e autonomia, Francesco invita a pregare in silenzio per le vittime e per coloro che “ogni giorno portano sulle spalle il peso di tante ingiustizie” e “tanto dolore”. Esorta quindi ad essere attenti in primis alle “forme di violenza” che più che far avanzare i processi di unità e riconciliazione finiscono per “minacciarli”. Si riferisce all’elaborazione di “accordi ‘belli’ che non giungono mai a concretizzarsi”, frustrando “la speranza”.

E’ imprescindibile sostenere che una cultura del mutuo riconoscimento non si può costruire sulla base della violenza e della distruzione che alla fine chiedono il prezzo di vite umane. Non si può chiedere il riconoscimento annientando l’altro, perché questo produce solo maggiore violenza e divisione. La violenza chiama violenza, la distruzione aumenta la frattura e la separazione. La violenza finisce per rendere falsa la causa più giusta. Per questo diciamo “no alla violenza che distrugge”.

Il dialogo per l’unità

Non stanchiamoci di “cercare” il dialogo per l’unità, ripete il Papa, ricordando di chiedere al Signore di non permettere “che ci vinca lo scontro o la divisione”.

Questa unità, implorata da Gesù, è un dono che va chiesto con insistenza per il bene della nostra terra e dei suoi figli. Ed bisogna stare attenti a possibili tentazioni che possono apparire e “inquinare dalla radice” questo dono che Dio ci vuole fare e con cui ci invita ad essere autentici protagonisti della storia.

Non mettere a tacere le differenze

Non confondere però l’unità con l’uniformità, avverte il Pontefice:

L’unità non nasce né nascerà dal neutralizzare o mettere a tacere le differenze. L’unità non è un simulacro né di integrazione forzata né di emarginazione armonizzatrice. La ricchezza di una terra nasce proprio dal fatto che ogni componente sappia condividere la propria sapienza con le altre.

 

Non esistono culture superiori o inferiori

Con Cristo, ogni popolo, ogni cultura - dice il Pontefice - è invitata ad apportare un contributo a questa terra benedetta.

L’unità è una diversità riconciliata perché non tollera che in suo nome si legittimino le ingiustizie personali o comunitarie. Abbiamo bisogno della ricchezza che ogni popolo può offrire, e dobbiamo lasciare da parte la logica di credere che ci siano culture superiori o inferiori.

Un'altra visuale della Messa a Temuco

I laboratori della strada

Ecco perché Francesco invoca autentici artigiani “che sappiano armonizzare le differenze in quelli che il Papa definisce i “laboratori” dei villaggi, delle strade, delle piazze e dei paesaggi. Non si tratta dunque di “un’arte da scrivania o fatta solo di documenti”, bensì di “un’arte dell’ascolto e del riconoscimento”.

Abbiamo bisogno gli uni degli altri nelle nostre differenze affinché questa terra continui a essere bella. È l’unica arma che abbiamo contro la “deforestazione” della speranza. Ecco perché chiediamo: Signore, rendici artigiani di unità.

Ascolta e scarica il servizio con le parole del Papa

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17 gennaio 2018, 14:58