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Davos. Prof. Farese: per il Papa, intelligenza artificiale sia per il bene comune

L'intervista al professor Giovanni Farese, docente di Storia dell'economia all'Università europea di Roma, sul Messaggio di Papa Francesco a Davos, in particolare sulle sue parole su intelligenza artificiale e robot

Debora Donnini-Città del Vaticano

Macchine che guidano da sole, preparano hamburger e fanno operazioni chirurgiche. Un futuro che non è più fantascienza. Non a caso una delle domande centrali sul tavolo del gotha politico e finanziario in corso a Davos è se l’intelligenza artificiale e i robot porteranno più occupazione o più disoccupazione, sostituendo l’uomo in molti lavori, e come affrontare gli scenari.  Di segno opposto sono le previsioni approdate al Forum economico globale. Ad esempio, il Boston Consulting prevede che nei prossimi 10 anni l’innovazione tecnologica distruggerà 1 milione e mezzo di posti di lavoro solo negli Usa e che a pagare il conto più salato saranno soprattutto i lavoratori con basse qualifiche e le donne. Altri studi invece ritengono che ci sarà un incremento dei ricavi e dell’occupazione se si punta sulla formazione digitale dei lavoratori.

“L’intelligenza artificiale, la robotica e altre innovazioni tecnologiche devono essere impiegate in modo da contribuire al servizio dell’umanità”

Prudenza e apertura al cambiamento

Preoccupazioni e domande che non sono sfuggite a Papa Francesco. Per questo nel Messaggio indirizzato a Davos, ha voluto ribadire che il problema è impiegare intelligenza artificiale e robot al servizio dell’umanità e alla protezione della “nostra casa comune” piuttosto che “al contrario come alcune valutazioni purtroppo prevedono”. Apprezzamento per il Messaggio del Papa viene da Giovanni Farese, professore di Storia dell’economia all’Università europea di Roma, secondo il quale nel testo c'è un richiamo alla prudenza. “Da una parte – rileva - certamente dobbiamo essere consapevoli del fatto che il fenomeno della disoccupazione tecnologica è sempre esistito, almeno negli ultimi 200 anni con l’avvento della rivoluzione industriale ed è fatalmente destinato a prodursi. Detto questo, penso che dobbiamo mantenere un atteggiamento di apertura al cambiamento e alla tecnologia e del resto mi sembra anche che questo sia in qualche modo presente nello stesso Messaggio del Santo Padre”. In fondo, sottolinea il professore, il cambiamento, l’innovazione, la tecnologia non sono altro che l’espressione di aspetti fondativi della persona umana, cioè la sua creatività, la sua libertà …

Il mondo imprenditoriale deve creare posti di lavoro

Un altro aspetto centrale del Messaggio del Papa messo in risalto dal professor Farese è il richiamo “al mondo imprenditoriale e al ruolo positivo, che deve svolgere nell’aumento della produttività e, ovviamente, nella creazione di posti di lavoro”. “Torniamo su un tema che troviamo non soltanto nei discorsi di Papa Francesco, ma anche nella Caritas in veritate di Benedetto XVI, laddove si dice che la primaria responsabilità dell’imprenditore è quella di creare posti di lavoro in quanto imprenditore” spiega sottolineando come il punto centrale sia proprio cosa si possa fare per accompagnare, preparare e  orientare questo cambiamento.

Bisogna governare il fenomeno e puntare a informazione e formazione

Sono tre i fronti su cui agire che il professor Farese suggerisce. Il primo è quello dell’informazione, il secondo quello dell’educazione e della formazione, che parte dalla scuola e arriva all’università. “Non si tratta soltanto– spiega -  di aggiornare gli insegnamenti con materie e discipline che siano al passo con il cambiamento, perché quanto più aumenta la richiesta di nuova formazione e di nuove competenze, tanto più questo richiede un investimento equivalente su quelle discipline ‘classiche’ – la letteratura, la filosofia, la storia ecc. – che ci interrogano sul lato umano della questione”.

Importante anche la formazione umanistica

“In fondo è questo ciò che sta sollevando il Santo Padre nella sua questione. La tecnologia, che cos’è? E’ il mezzo o è il fine? E se è un mezzo, il fine è la persona umana!”, sottolinea. Bisogna, quindi, ricordarsi che ci sono dei contributi che vengono da altri saperi “che ci consentono di non cadere in facili entusiasmi e in errori”. Infine, il terzo fronte su cui intervenire è, secondo lui, “quello delle politiche pubbliche che devono accompagnare, orientare e preparare alla formazione delle nuove competenze”.

Investire fondi per lo sviluppo

Nel corso della Storia, l’umanità si è sempre trovata ad affrontare problemi nati dalle soluzioni precedenti, creando sistemi di soluzione sempre più complessi, come oggi l’intelligenza artificiale. Centrale, quindi, per Farese è che i governanti investano dei fondi, cioè impostino “una vera e propria politica dell’innovazione e dello sviluppo”.

Le preoccupazioni

Tra chi esprime preoccupazioni per alcune ripercussioni ci sono gli stessi protagonisti della rivoluzione digitale, come Bill Gates, fondatore di Microsoft, e Elon Musk, il creatore di Tesla e co-fondatore di Paypal. Fatti che spingono a riflettere perché, come mette in evidenza anche il professor Farese, “in molti campi – dal campo bancario e finanziario a quello economico in senso lato, a quello militare – vediamo appunto la scomparsa dell’orizzonte umano e la sostituzione di mezzi nei quali l’umano o è assolutamente marginale o scompare”.

Ascolta e scarica l'intervista al prof Giovanni Farese

 

 

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24 gennaio 2018, 14:27