La prima giornata in Bangladesh: il Papa inizia la seconda tappa in Asia

Francesco ha raggiunto il Bangladesh dopo aver celebrato la messa con i giovani in Myanmar. A Dhaka, la sosta in preghiera al National Martyr’s Memorial e poi l’incontro con le autorità del Paese

di Cecilia Seppia

Prima di volare alla volta del Bangladesh, seconda tappa di questo viaggio apostolico in terra asiatica, Francesco ha celebrato la messa con i giovani nella Cattedrale di St. Mary in Myanmar. Per lui l’accoglienza festosa e colorata dei costumi tradizionali birmani, dei canti e delle danze. Siate messaggeri di gioia e speranza nel vostro Paese ma anche della misericordia di Cristo, ha detto il Papa, esortando i giovani a mettere al servizio del popolo la loro passione per i diritti umani, per la giustizia e la pace. E ancora: non abbiate paura di fare scompiglio gridando non con la voce ma con la vita e il cuore, come testimoni coraggiosi verso chi è malato, povero, straniero, seguendo ciascuno la propria vocazione.

Una volta in Bangladesh, dopo la cerimonia di benvenuto a cui hanno preso parte anche 40 bimbi, Francesco ha visitato commosso a Dhaka il National Martyr’s Memorial davanti al quale ha deposto una corona di fiori. Poi come di consueto la visita di cortesia nel Palazzo presidenziale al presidente Hamid insieme al quale ha incontrato le autorità, il corpo diplomatico e la società civile.
Ai rifugiati anche provenienti dallo stato di Rakhine è andato subito il pensiero del Papa che non ha potuto nascondere la gravità della situazione in cui versano migliaia di profughi nel Paese, invocando per loro misure internazionali tempestive ed efficaci. “Solo attraverso il rispetto della legittima diversità un popolo può riconciliare le divisioni –superare prospettive unilaterali e riconoscere la validità di punti di vista differenti-  ha proseguito Francesco sostenendo che il vero dialogo guarda al futuro e costruisce unità nel servizio del bene comune.

Ricordando l’attacco terroristico di Dhaka dello scorso anno il Papa ha ribadito che la religione non può essere strumentalizzata né il nome di Dio usato per giustificare odio e violenza. Infine ha elogiato il ruolo costruttivo che i pochi cristiani presenti in Bangladesh tentano di svolgere nel Paese, specialmente attraverso scuole, cliniche e dispensari.

 

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30 novembre 2017, 07:31