· Città del Vaticano ·

Nella messa a Santa Marta il Papa invita alla responsabilità per superare la crisi causata dalla pandemia

Tutti i governanti siano uniti per il bene del popolo

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02 maggio 2020

Avendo sempre nel cuore «il bene del popolo» il vescovo di Roma sta rilanciando quotidianamente la sua preghiera perché in questo tempo di «crisi sociale» causata dalla pandemia non prevalgano paure e divisioni. E così sabato mattina, 2 maggio, all’inizio della messa celebrata nella cappella di Santa Marta, ha esortato a pregare «per i governanti che hanno la responsabilità di prendersi cura dei loro popoli in questi momenti di crisi: capi di Stato, presidenti di governo, legislatori, sindaci, presidenti di regioni». Un invito alla preghiera, ha detto, «perché il Signore li aiuti e dia loro forza, perché il loro lavoro non è facile. E che quando ci siano differenze tra loro, capiscano che, nei momenti di crisi, devono essere molto uniti per il bene del popolo, perché l’unità è superiore al conflitto».

Per questa invocazione, ha confidato il Papa, «oggi, sabato 2 maggio, si uniscono a noi in preghiera 300 gruppi di preghiera che si chiamano i “madrugadores”, in spagnolo, cioè i mattinieri: quelli che si alzano presto per pregare, fanno una levataccia proprio, per la preghiera. Loro si uniscono oggi, in questo momento, a noi».

Facendo riferimento alla liturgia del giorno, il Pontefice nell’omelia ha subito notato che «la prima lettura inizia» con queste parole: «In quei giorni la Chiesa era in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria. Si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva in numero» (Atti degli apostoli 9, 31-42).

Un «tempo di pace», dunque, «e la Chiesa cresce. La Chiesa è tranquilla, ha il conforto dello Spirito Santo, è in consolazione». Insomma sono «tempi belli. Poi segue la guarigione di Enea, poi Pietro risuscita Gazzella, Tabità» e, ha fatto presente il Papa, sono tutte «cose che si fanno in pace». Ma, ha ricordato, «ci sono dei tempi non di pace nella Chiesa primitiva: tempi di persecuzioni, tempi difficili, tempi che mettono in crisi i credenti». E «un tempo di crisi è quello che ci racconta oggi il Vangelo di Giovanni» ha notato il Pontefice facendo riferimento al brano (6, 60-69) proposto dalla liturgia. «Questo passo del Vangelo — ha spiegato — è la fine di tutta una sequela che incominciò con la moltiplicazione dei pani, quando volevano fare re Gesù: Gesù va a pregare, loro il giorno dopo non lo trovano, vanno a cercarlo e Gesù li rimprovera che lo cercano perché dia da mangiare e non per le parole di vita eterna». E, ha proseguito, «tutta quella storia finisce qui. Loro dicono: “Dacci di questo pane”, e Gesù spiega che il pane che darà è il proprio corpo e il proprio sangue».

Scrive Giovanni: «In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”» (cfr. versetto 60). Gesù, infatti, ha ricordato il Papa, «aveva detto che chi non avesse mangiato il suo corpo e il suo sangue non avrebbe avuto la vita eterna». E «Gesù diceva anche: “Se voi mangiate il mio corpo e il mio sangue, risusciterete nell’ultimo giorno”» (cfr. versetto 54).

La reazione dei discepoli di fronte all’insegnamento di Gesù, ha detto Francesco, era: «“Questa parola è dura” (cfr. versetto 60), troppo dura. Qualcosa qui non funziona, quest’uomo è andato oltre i limiti». E «questo è un momento di crisi». Perché «c’erano momenti di pace e momenti di crisi». E «Gesù — ha spiegato il Pontefice — sapeva “che i suoi discepoli mormoravano”: qui c’è una distinzione tra i discepoli e gli apostoli: i discepoli erano quei 72 o più, gli apostoli erano i Dodici». Si legge nella pagina evangelica: «Gesù infatti sapeva fin dal principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito» (cfr. versetto 64).

Il Signore, ha fatto presente Francesco, «davanti a questa crisi, ricorda loro: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre”» (cfr. versetto 65). E così «riprende a parlare di quell’essere attirati dal Padre: il Padre ci attira a Gesù». E «questo è come si risolve la crisi».

«Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui» fa notare Giovanni nel Vangelo (cfr. versetto 66). In pratica, ha spiegato il vescovo di Roma, «presero le distanze: “Quest’uomo è un po’ pericoloso, un po’... Ma queste dottrine... Sì, è un uomo buono, predica e guarisce, ma quando arriva a queste cose strane... Per favore, andiamocene”» (cfr. versetto 66). Del resto, ha fatto notare Francesco, «lo stesso hanno fatto i discepoli di Emmaus, la mattina della risurrezione: “Mah, sì, una cosa strana: le donne che dicono che il sepolcro... Ma questo puzza — dicevano — andiamocene presto perché verranno i soldati e ci crocifiggeranno”» (cfr. Luca 24, 22-24). E, ancora, ha aggiunto il Pontefice, «lo stesso hanno fatto i soldati che custodivano il sepolcro: avevano visto la verità, ma poi hanno preferito vendere il loro segreto: “Stiamo sicuri: non ci mettiamo in queste storie, che sono pericolose”» (cfr. Matteo 28, 11-15).

«Un momento di crisi — ha affermato il Papa — è un momento di scelta, è un momento che ci mette davanti alle decisioni che dobbiamo prendere. Tutti, nella vita, abbiamo avuto e avremo momenti di crisi: crisi familiari, crisi matrimoniali, crisi sociali, crisi nel lavoro, tante crisi...». E «anche questa pandemia è un momento di crisi sociale».

«Come reagire nel momento di crisi?» ha rilanciato Francesco, ripetendo le parole del Vangelo di Giovanni: «Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui» (cfr. versetto 66). Ed ecco che «Gesù prende la decisione di interrogare gli apostoli: “Disse allora Gesù ai Dodici: ’Volete andarvene anche voi?’” (cfr. versetto 67». Come a dire «prendete una decisione». E, riferisce Giovanni, «Pietro fa la seconda confessione: “Gli rispose Simon Pietro: ‘Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio’” (cfr. versetti 68-69). Pietro confessa, a nome dei Dodici, che Gesù è il Santo di Dio, il Figlio di Dio».

«La prima confessione» di Pietro a Gesù è: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo». E, ha proseguito il Papa, «subito dopo, quando Gesù incominciò a spiegare la passione che sarebbe venuta, lui lo ferma: “No, no, Signore, questo no!”. Gesù lo rimprovera (cfr. Matteo 16, 16-23). Ma Pietro è maturato un po’ e qui non rimprovera. Non capisce quello che Gesù dice, questo “mangiare la carne, bere il sangue” (cfr. Giovanni 6, 54-56), non capisce, ma si fida del Maestro. Si fida. E fa questa seconda confessione: “Ma da chi andremo, per favore, Tu hai parole di vita eterna”» (cfr. versetto 68). E «questo aiuta, tutti noi, a vivere i momenti di crisi» ha insistito il Pontefice. «Nella mia terra — ha confidato — c’è un detto che dice: “Quando tu vai a cavallo e devi attraversare un fiume, per favore, non cambiare cavallo in mezzo al fiume”». In sostanza, significa che «nei momenti di crisi» è opportuno «essere molto fermi nella convinzione della fede». In fin dei conti, ha spiegato, quei discepoli «che se ne sono andati “hanno cambiato cavallo”, hanno cercato un altro maestro che non fosse così “duro”, come dicevano a lui». Invece «nel momento di crisi — ha proseguito Francesco — c’è la perseveranza, il silenzio; rimanere dove siamo, fermi. Non è il momento di fare dei cambiamenti. È il momento della fedeltà, della fedeltà a Dio, della fedeltà alle decisioni che noi abbiamo preso da prima. È anche il momento della conversione perché questa fedeltà sì, ci ispirerà qualche cambiamento per il bene, non per allontanarci dal bene». Ci sono, perciò, sempre «momenti di pace e momenti di crisi» ha ripetuto il Pontefice. «Noi cristiani — ha suggerito — dobbiamo imparare a gestire ambedue. Ambedue. Qualche padre spirituale dice che il momento di crisi è come passare per il fuoco per diventare forti». Ecco allora l’invocazione affinché «il Signore ci inVII lo Spirito Santo per saper resistere alle tentazioni nei momenti di crisi, per sapere essere fedeli alle prime parole, con la speranza di vivere dopo i momenti di pace». Da ultimo il Papa ha rivolto il pensiero «alle nostre crisi: le crisi di famiglia, le crisi del quartiere, le crisi nel lavoro, le crisi sociali del mondo, del Paese... Tante crisi, tante crisi». E ha concluso auspicando «che il Signore ci dia la forza — nei momenti di crisi — di non vendere la fede». E recitando la preghiera di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, il vescovo di Roma ha infine invitato «le persone che non possono comunicarsi» a fare «adesso» la comunione spirituale.

La spiritualità delle “tre M”


Si alzano all’alba per pregare in un santuario mariano, in parrocchia o in una cappella. L’appuntamento è ogni due settimane, alle 7 del sabato. E questo 2 maggio, un sabato per l’appunto, lo hanno fatto in comunione con Papa Francesco, che in una lettera inviata loro il 29 aprile aveva accolto la proposta di un “ponte spirituale” tra Casa Santa Marta e le oltre 300 comunità presenti in 16 Paesi: Portogallo, Spagna, Germania, Stati Uniti, Messico, Cuba, Costarica, Argentina, Portorico, Bolivia, Perú, Colombia, Ecuador, Nicaragua, El Salvador e Cile. «Sono molto contento della vostra perseveranza nell’incontro e nella preghiera» ha scritto di suo pugno Francesco, invitandoli ad andare avanti con la spiritualità delle «tre M — Messa, Mensa, Mondo/Missione» scelta come stile di azione e di apostolato.

Si chiamano madrugadores, dalla parola spagnola madrugada che significa alba. Sono uomini di buona volontà, legati al movimento di Schoenstatt. Le modalità di preghiera del mattino variano da gruppo a gruppo: alcuni partecipano alla messa, altri adorano il Santissimo Sacramento, altri recitano il rosario, altri ancora leggono testi di preghiera e formazione. La preghiera termina con la colazione fraterna, sull’esempio di Cristo che sedeva a tavola con i discepoli.

I madrugadores sono nati in Cile, durante la benedizione del santuario di Schoenstatt a Rancagua nel 1989, quando il movimento celebrava i 40 anni di fondazione. Quindi si sono diffusi nei Paesi vicini e poi hanno oltrepassato l’Oceano. La loro missione è alimentata dalla ricerca della santità nella vita quotidiana e si realizza nell’apostolato per trasformare cristianamente il mondo, come strumenti di Maria.