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Il vescovo di Nuoro racconta l’esperienza di una casa di riposo colpita dal covid-19

Una gara di solidarietà

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07 aprile 2020

Case di riposo e ospedali rappresentano la parte più fragile dell’emergenza da coronavirus in Italia. Un caso esemplare è quello della residenza per anziani Nostra Signora del Miracolo a Bitti, collocata a fianco dell’omonimo santuario nella diocesi sarda di Nuoro e attiva dai primi anni ‘90. Qui, una donna di 84 anni è deceduta all’ospedale San Francesco di Nuoro e il contagio si è esteso a 18 dei 21 ospiti. Tre di loro sono stati trasferiti in un albergo del paese. Tra i dipendenti e gli operatori sanitari 5 su 14 sono risultati positivi al tampone e sono in quarantena, mentre alcuni sono stati sostituiti. La situazione della struttura, gestita dalla parrocchia, è coordinata da un’unità di crisi composta anche dal sindaco e da associazioni civili. Tutta la comunità sarda si è stretta intorno alla casa di riposo e ne è nata una gara di solidarietà inaugurata da una donazione di diecimila euro da parte del vescovo di Nuoro, Antonello Mura, che in questa intervista ha parlato anche del lutto che ha vissuto la diocesi, la più colpita in Sardegna con due sacerdoti deceduti: don Pietro Muggianu e don Giovanni Melis.

Monsignor Mura, quali sono le condizioni attuali all’interno della casa di riposo di Bitti?

La situazione ha comportato scelte abbastanza drastiche. Gli ospiti positivi al coronavirus rimangono nella struttura in quarantena con l’ausilio del personale che è stato ricambiato in parte e che rimarrà nella struttura per un mese. Gli operatori sanitari contagiati stanno in quarantena e sono stati allontanati, così come chi lavorava prima e si sentiva sotto pressione. I tre anziani non positivi sono stati trasferiti in un albergo del paese. Questo è stato possibile anche grazie all’azione del comune, alla collaborazione instaurata con l’unità di crisi, alla disponibilità degli operatori che hanno risposto alla chiamata, al parroco, alla parrocchia e alla comunità che è molto sensibile a questa struttura che fa parte della storia del paese e che la gente sente come propria.

Che atmosfera si respira?

C’è stato un momento molto drammatico perché chiaramente la paura è entrata dalla porta principale insieme al virus. Soprattutto gli operatori sono stati messi in crisi perché hanno affrontato in brevissimo tempo un’emergenza. Adesso, c’è un buon clima, anche grazie al ricambio del personale e alla dotazione di protezioni che consentono a chi è positivo di affrontare la quarantena nella propria camera. Il tutto gestito nelle condizioni migliori.

La comunità si è stretta per affrontare unita la crisi: quanto è importante?

È molto importante. Nonostante la drammaticità del momento, la comunità civile e cristiana si è mantenuta abbastanza equilibrata nella gestione di questa fase che poteva comportare un tipo di approccio irrazionale. Invece, grazie al sindaco e al parroco, ha prevalso l’attenzione, l’equilibrio e la compartecipazione.

Parliamo di solidarietà economica: la Chiesa si conferma in prima linea.

È nata una sottoscrizione che ha visto insieme comune e parrocchia. La diocesi è intervenuta subito offrendo diecimila euro dal Fondo carità proveniente dall’8xmille perché, mi sembra giusto evidenziarlo, di fronte a una situazione emergenziale a livello locale la diocesi non rimane a guardare, ma sente questa struttura e questo servizio come propri.

Case di cura e ospedali sono l’anello debole dell’emergenza sanitaria.

Il vivere insieme, stando a contatto, chiaramente mette operatori e ospiti nella condizione di essere contagiati. Ciò ha creato situazioni molto problematiche in varie strutture della Sardegna. Ospedali e case di riposo sono luoghi che meritano grande attenzione da parte delle istituzioni. Stiamo cercando di monitorare anche altre realtà nell’isola, in modo da dare tutte le indicazioni alla Protezione civile necessarie per un intervento: si tratta soprattutto di offrire i dispositivi di protezione personale, che si fa fatica a trovare e a distribuire, che consentano agli ospiti e agli operatori di affrontare il virus e non essere vinti. Occorre essere all’altezza delle necessità che questo contagio richiede.

Non dimentichiamo l’alto prezzo pagato da due sacerdoti deceduti nella diocesi di Nuoro.

Stiamo soffrendo molto per questo. Nel giro di pochi giorni due sacerdoti, dopo essere stati trovati positivi al virus e avere passato parecchi giorni in terapia intensiva, ci hanno lasciato. Tra l’altro sono gli unici preti sardi deceduti e provenivano entrambi dalla stessa diocesi di Nuoro e questo ha gettato nello sconforto tante persone, compresi presbiteri, diaconi e il vescovo. Stiamo pregando perché il Signore ci dia la grazia necessaria per affrontare questo momento così negativo.

Lei ha definito la spiritualità in tempo di Quaresima come una lotta. Questo può davvero insegnarci ad affrontare al meglio l’emergenza.

Paragonavo il tempo quaresimale a una gara per cui ognuno deve prepararsi ad affrontarla al meglio con le proprie forze, per uscirne vincitore. Come un atleta occorre essere allenati, in questo caso di fronte al male. Sì, è proprio una lotta, una lotta spirituale. Anche perché la spiritualità offre delle risorse che non sono facili da trovare se uno non ha anche una robustezza da credente.

di Giordano Contu