· Città del Vaticano ·

Lo spazio sacro ai tempi del coronavirus

Quella soglia in cui incontrare Dio

Cattura.JPG
04 aprile 2020

Nel tardo pomeriggio di venerdì 27 marzo, quinto venerdì di quaresima, Papa Francesco ha presieduto una nuova liturgia: il “Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia”. È arrivato solo e a piedi sul palco allestito sul sagrato di piazza San Pietro, vuota come mai.

La solitudine del Pontefice è stata icona della solitudine dei fedeli chiamati all’isolamento, unica arma contro il virus. L’essere solo è stato anche il mezzo più efficace per raccontare la relazione personale che il Creatore cerca con ogni credente, in uno spazio che è contemporaneamente icona della Chiesa e spazio urbano. Anche in questa circostanza piazza San Pietro è stata efficace simbolo del mondo nelle braccia del Padre così come ricordato nello stesso discorso di commento al brano della tempesta del vangelo di Marco: «Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio».

Dopo la proclamazione della Parola e il suo commento, Papa Francesco si è diretto verso la basilica per fermarsi a pregare, prima davanti all’icona della Salus populi Romani, e poi al crocifisso della chiesa di San Marcello al Corso — già icona della preghiera contro la peste a Roma —, posizionati entrambi in prossimità della facciata. Quindi si è fermato nello spazio del nartece, il porticato nato per accogliere i catecumeni, il diaframma che mette in relazione lo spazio sacro della Chiesa con ciò che ne rimane fuori, con la città e il mondo intero. Il Pontefice si è arrestato sulla soglia della basilica per il resto della celebrazione dove era stato appositamente costruito un altare per l’adorazione del Santissimo Sacramento.

La basilica di San Pietro sorge sul luogo di sepoltura del primo degli apostoli. «L’antichità cristiana considerò il sepolcro come soglia (limen) tra la vita terrena e la oltremondana» (dall’Enciclopedia Treccani alla voce “Ad limina apostolorum”). Papa Francesco si è quindi fermato sulla “soglia della soglia”, lì ha celebrato l’adorazione eucaristica e da lì ha impartito la benedizione Urbi et Orbi, a Roma e al mondo.

La scelta degli spazi liturgici ha rispettato il messaggio che la preghiera stessa ha rivolto a Dio e alle donne e gli uomini di buona volontà. Sulla soglia della tomba di Pietro, ad limina Petri, Papa Francesco è stato metafora di ogni pellegrino (1 Pietro, 2, 11), che da solo — e tali siamo ora e verso la soglia — procede in questo tempo e in questo spazio sotto lo sguardo misericordioso del Creatore nell’unità della Chiesa.

La tomba di Pietro «meta di pellegrinaggio all’indomani della promulgazione dell’editto costantiniano sulla libertà dei culti» (Attilio Brilli, 2016, La Roma dei Giubilei. Memorie, cronache e guide dei pellegrini, Utet, Torino, pagina 9) è ancora oggi uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti della cristianità. Dalla fine dello stato pontificio la basilica di San Pietro sembra essere riservata a chi giunge a Roma per ascoltare il Papa (B. Falco B., 1998, Trasformazioni territoriali lungo il percorso delle “Sette Chiese privilegiate” nel libro a cura di Claudio Cerreti, La geografia della città di Roma e lo spazio del sacro. L’esempio delle trasformazioni territoriali lungo il percorso della visita alle Sette Chiese privilegiate, Società Geografica Italiana, Roma, pagine 215-263) e di contro quasi invisibile ai romani, che non raramente vi si tengono lontani per non rimanere coinvolti nel traffico dei pellegrini. L’ostensione del Santissimo Sacramento verso la città, nella direzione delle luci delle macchine della polizia, verso le sirene delle autoambulanze, hanno ricucito questa frattura, evidenziando la relazione diretta tra Dio e le sue creature — qui e ora — e svelando «Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze» così come lo stesso Papa Francesco ha chiesto di fare nel capitolo 71 della Evangelii gaudium.

La basilica di San Pietro nella sua essenza di tempio, spazio sacro, ha raccontato la storia di Dio con il suo popolo e la singola storia di Dio con ogni pellegrino, diventando lo sfondo in cui contemplare la salvezza dell’intero popolo e di ciascuno (J. P. Hernandez, L’esperienza umana della soglia, giornata di studi sulle “tre Romee maiores”, Le tre Romee, pellegrinaggi verso la Città di san Pietro e san Paolo tra passato e futuro del 14 novembre 2019 a Roma, atti in stampa).

La soglia della basilica è divenuta lo spazio dal quale comprendere e osservare la santità di Dio che ha amato talmente le sue creature da mandare il suo unico figlio a redimere l’intera creazione. Dalla venuta di Cristo «per i cristiani il pellegrinaggio non si fa più verso un luogo ma incorporandosi alla persona di Cristo in cammino» (Jean-Pierre Sonnet, Il canto del viaggio, 2009, Edizioni Qiqajon, Magnano, pagina 57). Soffermarsi sulla soglia ha raccontato la preminenza della persona di Cristo sullo spazio, un gesto che ricorda l’invito del Pontefice a prediligere il tempo sullo spazio, l’attivazione dei processi e delle relazioni più che il possesso dello spazio (Evangelii gaudium, 222-225).

di Francesca Giani