· Città del Vaticano ·

La Via Crucis di Gaetano Previati (1852-1920) nelle Collezioni Vaticane

Profondi rossi

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09 aprile 2020

Il più mistico dei nostri pittori viventi
(Ugo Ojetti)

In questi giorni di pandemia, di tempo quaresimale, di profonde meditazioni spirituali sul senso della vita e della morte, dover scrivere l’introduzione al catalogo della mostra che ha come nucleo portante la Via Crucis di Gaetano Previati è stato quasi un momento di catarsi. E di questo ringrazio Micol Forti, la curatrice di questa iniziativa espositiva e soprattutto l’animatrice di quelle ricerche e degli approfonditi studi sulla figura di Gaetano Previati, un grande maestro del Divisionismo italiano, in occasione del centenario dalla sua morte che hanno portato alla realizzazione di questo solido catalogo.

Il 21 giugno del 1920, infatti, l’artista moriva a Lavagna; la sua salute, già compromessa, lo aveva allontanato dalla pittura intorno al 1917, quando aveva lasciato lo studio di Milano, immortalato negli interni borghesi con vista sul Duomo dalle belle fotografie di Emilio Sommariva, per trasferirsi nella sua casa dell’amata Liguria, dove aveva trascorso in famiglia dal 1900 le estati più felici di riposo e produzione creativa.

Nel 1952, in occasione del centenario della nascita, la sua città natale Ferrara gli dedicava un’importante esposizione, prima tappa verso la più importante iniziativa del 1969, sempre nella città estense, vera pietra miliare degli studi e della mappatura delle opere dell’artista, che ancora attendono, però, l’impresa di un catalogo ragionato. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, allora diretta da Palma Bucarelli, seguiva di un anno le celebrazioni, dedicandogli nel 1953 una mostra di medie dimensioni ma di ottima caratura. Protagoniste di quell’evento erano le opere giunte alla Galleria romana grazie al legato testamentario di Alberto Grubicy de Dragon, gallerista, sostenitore e vero e proprio “manager” di Previati, che si era dedicato negli ultimi anni della sua vita a preordinarne con ogni mezzo la fortuna critica e museale.

In questo funesto 2020, assieme a Ferrara, patria del pittore che ha inaugurato in febbraio la bella retrospettiva Tra simbolismo e futurismo. Gaetano Previati, i Musei Vaticani avevano progettato di unirsi alle celebrazioni di Previati nel centenario dalla morte con un’iniziativa espositiva che doveva aprire i battenti in pieno periodo quaresimale, proprio il 3 di aprile 2020, nella prestigiosa e simbolica cornice del Braccio di Carlo Magno in piazza San Pietro.

La distanza critica e storica per poter leggere questo grande maestro visionario, precorritore delle avanguardie, ci pone in vantaggio rispetto alle generazioni precedenti, mettendoci in contatto, invece, con la parte più acuta e sensibile della critica a lui contemporanea: primo tra tutti Boccioni, che assorbì in poco tempo le conquiste e le potenzialità della sua arte per elaborare nuovi esiti rivoluzionari.

E soprattutto ci pone di fronte alla sua corposa produzione a tema religioso — all’epoca avversata dai più, ma strenuamente sostenuta da alcuni critici come Nino Barbantini e Giorgio Nicodemi, e anche da alcuni rappresentanti dell’alto clero tra Milano e Roma, come il cardinale Andrea Ferrari e il futuro cardinale Celso Costantini — facendoci osservare da un’angolazione più ampia gli esiti straordinari del suo percorso all’interno della pittura sacra. Un percorso indice della sua salda formazione cattolica, profonda ed autentica, ed intriso di sincero trasporto e di afflato mistico, che si rivela oggi, con straordinaria chiarezza, come una tappa fondamentale del dibattito novecentesco sulla rappresentazione del sacro. «Il più mistico dei nostri pittori viventi», come venne definito da Ugo Ojetti.

La Via Crucis dei Musei Vaticani, dipinta fra il 1901-1902 svincolata da una committenza specifica, veniva concepita dopo la drammatica ma ancora “tradizionale” Via Crucis per il cimitero del comune lombardo di Castano Primo, affrescata nel 1888, dopo sei anni di gestazione creativa. La serie vaticana giunta in dono dall’industriale Fabio Ponti durante la formazione della Collezione d’Arte Religiosa Moderna voluta da Paolo VI e inaugurata nel 1973, rappresenta uno degli esiti più significativi di questo cammino, svelandosi appieno anche attraverso la recente messa in opera dell’allestimento originario, voluto da Previati e dal suo gallerista sin dalla prima apparizione al pubblico dell’opera, nel 1902, alla prima Quadriennale di Torino.

L’opera era stata concepita per essere vista tutta d’insieme, con le quattordici stazioni giustapposte, senza interruzioni, su un fondo rosso cupo, in un’infilata di grande impatto emotivo e sensoriale, che evoca le modalità compositive del polittico o dei cicli affrescati, ma spinge lo sguardo anche oltre, verso quella “simultaneità della visione” che di lì a poco interesserà le avanguardie, e fra queste anche l’arte cinematografica.

Il rosso, il rosso purpureo, «i profondi rossi di Gaetano Previati» dominano la Via Crucis vaticana concentrata sul Cristo: quattordici quadri concepiti con lo stesso colore forte e cupo, lo stesso disegno sommario e ravvicinato, privo di paesaggio, con uno stesso fuoco, ma anche con la stessa esaltazione della fede.

«Queste sue stazioni del martirio di Cristo vogliono un’attenzione diligente, lunga, appassionata (…) Non basta uno sguardo superficiale», così Belfiore le descriveva. «Vogliono un raccoglimento dell’animo (…) fissai lungamente le pupille in quelle scene pietose del dolore e della fede, mi sentii a mano a mano vincere da una suggestione sempre più maggiore e finii per convincermi che dentro quest’opera vi era veramente una vitalità spirituale fuori dai confini consueti».

Già nella bella mostra organizzata insieme al Museo Diocesano milanese Carlo Maria Martini nel 2018, curata da Nadia Righi e da Micol Forti, era stata sperimentata la potenza dell’allestimento originario, lì proposto nella versione su tre pareti, adottata anche a Tornio nel 1902 e di nuovo a Milano nel 1910, alla grande mostra a Palazzo della Permanente. Ma ancora più audace era stata la soluzione espositiva su un’unica parete, le quattordici tele affiancate come se fossero dentro una sola cornice, progettata per il Salon di Parigi nel 1907, che poneva l’opera a contatto con la scansione temporale e la percezione della prima cinematografia, la stessa che sarà riproposta al nostro pubblico vaticano, appena sarà possibile, nel suggestivo spazio espositivo del Braccio di Carlo Magno.

Si presentano quindi i risultati della ricerca che ha appassionato e coinvolto i diversi Reparti dei Musei Vaticani. In primis le già lodate ricerche di Micol Forti e di Rosalia Pagliarani, con controlli archivistici di prima mano e approfondimenti diversi. E quindi i tanti restauri che hanno visto il Reparto d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani lavorare in sinergia con i Laboratori di restauro e di diagnostica e che hanno progressivamente coinvolto tutte le opere di Previati dei Musei Vaticani.

La Via Crucis è stata oggetto di un intervento di restauro degli anni Ottanta del secolo scorso da parte di Giovanni Propersi e Giovanni Cecchini, e poi nel 2010 di una revisione eseguita da Tiziana Sorgoni, nel Laboratorio di restauro pitture dei Musei Vaticani, oggi sotto la responsabilità di Francesca Persegati. La Floreria vaticana, della Direzione delle infrastrutture e servizi del Governatorato scv, ha realizzato il restauro delle originali cornici della Via Crucis, rinvenute in tempi recenti. Un ringraziamento speciale va ai nostri Patrons of the Arts in the Vatican Museums, dei Capitoli del Minnesota e del North Dakota, che hanno generosamente sostenuto i lavori e permesso di riportare le intense stazioni alla pubblica fruizione.

di Barbara Jatta