Tante famiglie italiane trasformate in piccole chiese domestiche

Pregare insieme aiuta a crescere

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04 aprile 2020

Padre, madre, figli e molto spesso anche i nonni. Tutti stringono in mano la corona del rosario e passeggiando a ritmo lento nell’appartamento scandiscono a voce alta le decine delle Ave Maria, il Gloria e il Padre Nostro. Non è l’idilliaco quadretto sfocato di una famiglia, magari benestante e bigotta, di fine Ottocento ma la nitida e attuale fotografia dell’esistenza della “piccola chiesa domestica” che in questo tempo di tragica pandemia si è moltiplicata nei numeri e rafforzata nell’efficacia. Complici la quarantena e l’immenso dolore che richiama inevitabilmente alla trascendenza e a interrogarsi sul senso profondo della vita, sono in molti quelli che hanno riscoperto il dono della preghiera condivisa nel focolare domestico con i propri cari.

Ignazio Puci è il papà di quattro bellissimi bambini, abita nel comune siciliano di Gela ed è sposato con Aglavia, psicologa quarantenne. Prima dell’arrivo della pandemia, lui e sua moglie si erano riservati solo lo spazio serale per pregare insieme: «Ora in questa nuova condizione riusciamo a recitare completamente pure il breviario e il rosario. Così ci fortifichiamo nella fede e nella speranza». Alla santa messa, trasmessa in streaming ogni sera alle 19.30, partecipano anche i suoi figli, Mariarita, Emma, Giuseppe e Miriam, un’età compresa tra gli undici e i cinque anni: «Ormai sono loro che ci vengono a chiamare per avvisarci che sta per iniziare. Ci dicono: papà, mamma, fermiamoci che inizia la messa e dopo ritorniamo a giocare. La cosa meravigliosa è che riusciamo sempre a pregare tutti insieme». Quando si fa notte ed è ora di andare a letto, i bambini pretendono ancora una preghiera: «Desiderano che la mamma e il papà gli si siedano accanto e con loro facciano una preghierina per i medici, per gli infermieri, per gli ammalati, perché, ci dicono, Gesù deve andare da loro per aiutarli».

L’arrivo della pandemia ha fatto intensificare anche la preghiera della famiglia di un suo corregionale, Rocco Casciana. Impiegato di 40 anni, marito di Simona, casalinga, ha tre figli: Davide di tredici anni, Chiara di dieci e Gloria di cinque. Insieme partecipano alla messa in diretta social e condividono l’adorazione eucaristica trasmessa online. «La preghiera è diventata un momento cruciale che scandisce le nostre giornate. Prima del virus, la frenesia degli impegni quotidiani non ci permetteva di pregare così assiduamente come sta accadendo ora», racconta papà Rocco. Alle 15 di ogni giorno la famigliola si ferma per recitare la Coroncina della Divina Misericordia: «È questo il momento che prediligiamo in maniera particolare. E poi i miei figli sono contenti di pregare tutti insieme: hanno acquisito la consapevolezza che le nostre preghiere non sono solo richieste di intercessione ma anche di ringraziamento per il fatto che Dio è con noi, sempre».

Il prolungato divieto di uscire di casa ha cancellato ogni attività parrocchiale e la preghiera, per alcuni, ha perso la dimensione comunitaria per acquisire quella dal sapore familiare. È ciò che sta accadendo a Daniela Vacca, napoletana verace, moglie e mamma di un ragazzo di quindici anni. «Prima — racconta — ci trovavamo a pregare insieme agli altri, molto spesso senza mio figlio, che frequenta ambienti diversi dai nostri. Ora, invece, stiamo vivendo momenti di famiglia più intimi nei quali sperimentiamo un’unione spirituale molto intensa e profonda». Ad esempio, la preghiera prima dei pasti, che la famiglia di Daniela dedica sempre a tutte le persone che stanno soffrendo a causa dell’infezione. Poi c’è la recita del rosario, alle 18 davanti alla televisione, tutti e tre insieme: «È una riscoperta: ci mancavano spazi di condivisione. È un’esperienza forte che ci fa capire il valore dell’essere veramente uniti, al di là dello stare insieme fisicamente». La cosa che commuove Daniela è anche quella di sapere che suo figlio vuole sostenere i genitori, preoccupati e afflitti, utilizzando la preghiera comune: «Vuole pregare insieme a noi, cerca lui stesso questi momenti di unione con il papà e con la mamma. Ci sentiamo davvero una piccola chiesa domestica».

La messa, ogni mattina, di Papa Francesco trasmessa da Casa Santa Marta, l’Angelus online con il sacerdote della parrocchia e il rosario in diretta televisiva sono i momenti forti della preghiera comunitaria della famiglia di Maurizio Infante, campano, due gemelle di quasi diciassette anni. «Ci siamo uniti di più nella preghiera», svela. La quarantena «ci dà la possibilità di moltiplicare le occasioni per lodare il Signore, per affidarci a Maria, affinché il virus venga sconfitto, e per sostenere spiritualmente tutti gli operatori sanitari che si stanno battendo per salvare ogni vita umana». I frutti però non sono solo spirituali. La preghiera nella famiglia di Maurizio ha generato anche maggiore solidarietà, più coesione sociale: «Non era la stessa cosa, prima della pandemia. Abbiamo più tempo per riflettere, ragionare e meditare. Una buona esperienza soprattutto per le mie ragazze. Dopo lo tsunami del coronavirus nulla sarà più come prima: dobbiamo esercitarci a scoprire i nostri veri valori per cambiare noi stessi e la società».

Quella della romana Barbara Di Silvestre è davvero una famiglia numerosa: quattro figli (dei quali una sposata) di un’età compresa tra i 22 e i 9 anni. Nonostante siano assidui frequentatori della parrocchia, la dimensione della loro preghiera è andata aumentando man mano che cresceva l’emergenza. «Dal momento che hanno sospeso la partecipazione dei fedeli alla messa — osserva — la nostra preghiera si è irrobustita. Tutte le sere facciamo i vespri mentre per seguire la celebrazione eucaristica ci siamo iscritti al canale Youtube creato dal nostro parroco. Per me, per mio marito e i miei figli è una boccata d’ossigeno». Barbara e i suoi familiari non solo hanno rinsaldato i rapporti di reciproca umanità, riavvicinandosi l’uno con l’altro, ma hanno incrementato anche i rapporti col Signore: «Non vogliamo abbandonarlo mai. Lui è l’unico che in questo momento ci dà la speranza e la forza per andare avanti».

A Robbiate, in provincia di Lecco, vivono Eros Rossi e Nuccia Ravasi. Due figli ormai grandi fuori di casa, abitano contigui all’appartamento dei genitori della moglie. Anch’essi, scoppiata la pandemia, hanno assaporato con maggiore intensità il gusto di essere chiesa domestica. «Io e mia moglie — dice Eros — ogni mattina, dopo aver assistito alla messa del Papa, recitiamo le lodi e il rosario che alle 18 ripetiamo anche con i nostri suoceri. La sera poi ci aspettano i vespri. Pregare insieme aiuta la famiglia a crescere». Anche Nuccia sa bene che il mondo, purtroppo, è convinto che le persone si possano salvare solo con l’attivismo del fare piuttosto che con la preghiera d’intercessione: «Ora che però siamo ingabbiati, come ci ha ricordato Papa Francesco, stiamo riscoprendo in maniera profonda il valore della nostra supplica d’intercessione. Mio figlio, in un appunto che mi scriveva poco tempo fa, sottolineava che la nostra preghiera non è per chiedere a Dio qualcosa che Lui già conosce, ma per offrirgli ciò che muove il nostro cuore». E il nostro cuore, anche se siamo incatenati, è in grado di volare: chi sperimenta la preghiera in famiglia certamente lo sa.

di Federico Piana